Convegno: IL LAVORO AGILE. Misure di emergenza o nuova flessibilità?
Di Seguito l’intervento dell’avvocato Fabio Petracci:
- Le ragioni dell’omissione della contrattazione collettiva come fonte regolatrice, dimenticanza o novità?
Nell’ambito della disciplina del lavoro agile (Legge 81/2017) un ruolo importante è attribuito alla contrattazione individuale.
Esamineremo la delimitazione e le conseguenze di questa preminenza, se tale si può definire, del contratto individuale.
Assume in ogni caso rilevanza nell’ordinamento del lavoro il principio dell’autonomia contrattuale individuale riconducibile all’articolo 1322 del codice civile.
Se ben guardiamo, la contrattazione collettiva ha addirittura anticipato la disciplina individuale sancita dalla legge 81/2017.In effetti, il lavoro agile ha trovato una certa diffusione anche per il tramite della contrattazione collettiva. Alcuni contratti disciplinavano il lavoro agile già prima che la disciplina legale entrasse in vigore. Si trattava però di discipline aventi per lo più carattere sperimentale ed alquanto limitative in tema di organizzazione del lavoro agile.
Ciononostante, il testo della legge 81/2017 che disciplina il lavoro agile prevede l’accordo individuale come forma regolatrice del rapporto. ( articolo 18, comma 1, legge 81/2017). Ne individueremo le ragioni.
Che non si tratti di una svista lo rivela lo stesso comma 1 dell’articolo 18 che prevede la possibilità di organizzare tale tipologia di lavoro con formedi organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro.
Difficilmente inoltre, una previsione collettiva e quindi generale può disciplinare un rapporto contrattuale senza vincoli di orario e luogo di lavoro, tesa al raggiungimento di un delicato e equilibrio tra esigenze personali ed aziendali, in quanto alla regola generale e collettiva valevole per tutti è destinata a sostituirsi una disciplina che segue mutevoli e non sempre standardizzate esigenze individuali ed aziendali.
Rafforza questa lettura e questa esigenza il fatto che scopo di questa particolare forma di lavoro è quella di incrementare la competitività e contemporaneamente di agevolare la conciliazione dei tempi di vita con quelli di lavoro.
In pratica si tratta di una forma di flessibilità diversa da quelle sin d’ora esaminate, in quanto non rivolta esclusivamente a sostenere le esigenze aziendali e quelle della piena occupazione, ma volta invece a conciliare esigenze del lavoratore variabili e quindi di volta in volta individuate con lo svolgimento della prestazione, adattando così quest’ultima alle esigenze del prestatore e ricavandone in forza della soddisfazione di quest’ultimo una prestazione migliore.
Più che di flessibilità forse enfatizzando un poco potremmo parlare della liberazione delle energie lavorative dei soggetti della produzione.
Dopo queste considerazioni non possiamo ritenere che con l’introduzione del lavoro agile sia stata effettuata una conversione totale a favore dell’autonomia collettiva, in quanto, come vedremo il lavoro agile nel suo svolgimento, si pone una duplice serie di limiti.
Il primo limite è dato dalle norme di legge vigenti ed in particolare di quelle attinenti il lavoro agile (legge 81/2017) in forza delle quali, si evita lo stravolgimento dell’istituto in sede di contrattazione collettiva. Il secondo limite, come vedremo, è dato dai riferimenti alla contrattazione collettiva valevoli per ogni rapporto di lavoro in tema di orario e retribuzione.
Il primo limite richiamato è dato dal secondo periodo del primo comma dell’articolo 18 della legge 81/2017 laddove è previsto che la prestazione lavorativa venga eseguita entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Ciò appare particolarmente significativo, dal momento che il DLGS 66/2003 all’articolo 17, comma 5, esclude dai limiti di durata massima le prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro e risultando difficile includervi anche il lavoro agile, stante i richiami alle norme di legge in tema di lavoro agile operate dall’articolo 18 della legge 81/2017.
Sul piano retributivo e normativo, poi, l’articolo 20 comma 1 della legge 18/2017 impone il diritto per il lavoratore ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono la propria prestazione esclusivamente all’interno dell’azienda, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del DLGS 81/2015. Si tratta dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Quindi il riferimento va a fonti contrattuali ben qualificate.
Di conseguenza l’autonomia individuale incontra da una parte dei limiti legali inderogabilmente fissati inerenti la forma ed il contenuto del patto di lavoro agile, le ragioni del recesso, gli obblighi in materia di salute e sicurezza, le modalità di controllo della prestazione, l’esercizio del potere disciplinare, la durata massima della prestazione, la parità di trattamento e normativa, nonché gli ulteriori limiti assunti in sede collettivi.
Nella realtà, si è verificato quanto forse presente al legislatore, la contrattazione collettiva appare più attenta alla determinazione del luogo della prestazione, che alle modalità organizzative della stessa. In tal modo la contrattazione collettiva appare poco agile e funzionale alle esigenze delle parti lavoratori ed aziende individuando per lo più un minimale di presenza del lavoratore all’interno dell’azienda, con un orario giornaliero corrispondente a quello comunemente applicato, entro determinate fasce orarie e con la garanzia del diritto alla disconnessione, rendendo effettivo il diritto alla formazione permanente. Scarso è invece l’intervento in tema di autonomia individuale ed organizzativa consistente in fasi cicli ed obiettivi e senza precisi vincoli di orario con l’utilizzo di strumenti tecnologici.
L’impatto propulsivo dell’autonomia individuale consiste invece, non tanto nel contrapporsi alla disciplina collettiva, quanto piuttosto di pervenire ad un equilibrio tra esigenze aziendali ed esigenze privato – individuale, in cambio di una maggiore produttività.
Se questo sarà l’effetto primario dell’accordo individuale, sotto un aspetto maggiormente evoluto e meno immediato, si confida che una maggior libertà di organizzazione e di vita favorisca non solo una maggiore produttività, ma anche, da parte delle categorie maggiormente professionalizzate, una maggiore creatività.
Ci si chiede se, una volta determinato ed ampliato lo spazio di autonomia individuale, ed una volta scalfito il solido paradigma dell’unità di luogo tempo ed azione nello svolgimento dell’attività lavorativa, possa ancora parlarsi di un concetto unitario di subordinazione grazie all’attenuazione o meglio contrattazione del potere direttivo, determinandosi così una tipologia speciale di lavoro subordinato in linea con quanto in precedenza attuato mediante l’articolo 2 del DLGS 81/2015 che estende la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali continuative e le cui modalità siano organizzate dal committente.
Da ultimo, affronteremo, seppure sommariamente, i problemi pratici ed immediati che si possono presentare all’operatore del diritto che sono di seguito individuati:
- Il potenziale conflitto tra accordo collettivo e accordo individuale laddove azienda e lavoratore trovino in tema di modalità organizzative del lavoro, fatti salvi i limiti di legge e di contratto collettivo, soluzioni conflittuali con la disciplina collettiva del lavoro agile.
- Il potenziale conflitto tra norme disciplinari comuni determinate dalla contrattazione collettiva e norme disciplinari individuali individuate in sede di contrattazione individuale del lavoro agile;
- Le difficoltà nella concreta applicazione di pattuizioni concernenti la retribuzione nelle prestazioni organizzate per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario.