Salario Minimo e Appalti. Dal contratto Multiservizi alla normativa in tema di appalti e di lavoro. Due trattamenti differenziati per appalti pubblici e non
Nonostante in sede istituzionale sia momentaneamente chiuso il discorso sul salario minimo, sempre peraltro sollecitato da molteplici indirizzi giurisprudenziali, proprio nell’ambito degli appalti dove la protezione del lavoro rischia di essere minore, sorgono per committente ed appaltatore importanti obblighi per il rispetto dei minimi retributivi.
Ciò dimostra la perenne vitalità ed il carattere fondamentale dell’articolo 36 della Carta Costituzionale.
Per quanto riguarda i più recenti indirizzi giurisprudenziali, i giudici del lavoro sono giunti a sindacare i minimi tabellari negoziati dalle sigle sindacali, verificandoli in ragione dei parametri costituzionali. (Cassazione 2 ottobre 2023 n.27722).
Tornando alla materia degli appalti, viene alla ribalta il contratto Multiservizi che il Tribunale di Milano con sentenza 11 settembre 2023, in forza dell’articolo 3 della legge n.12/2001 applicabile alle cooperative, ha ritenuto non affine all’oggetto dell’appalto considerato e quindi non applicabile ai dipendenti dall’appaltatore.
Il concetto di affinità all’oggetto dell’appalto (vedasi anche Tribunale di Genova 31/2022) riporta in qualche modo al contratto collettivo applicato nel settore dal committente.
È così introdotto un ulteriore elemento di complessità in qualche modo in controtendenza con gli ultimi interventi legislativi di sostanziale flessibilità (Legge Biagi – d.lgs. n.276/2003) che hanno abrogato il vincolo di parità di trattamento retributivo tra i dipendenti del committente e quelli dell’appaltatore.
Nel frattempo, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.52 del 2 marzo 2024, il decreto legge 2 marzo 2024 n.19.
Tra le disposizioni di maggiore interesse, troviamo le modifiche apportate al d.lgs. n. 276/2003 articolo 29, che nel nuovo testo al comma 1-bis stabilisce che al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nell’eventuale subappalto è corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.
Il testo precedente in vigore sino al 1° marzo 2024 nulla prevedeva in merito.
In realtà, la nuova normativa in tema di applicazione della contrattazione collettiva era già stata introdotta con il nuovo codice degli appalti, che all’art. 11, comma 1 stabilisce che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.
Notiamo infatti che il predetto articolo 11 del codice degli appalti trova applicazione esclusiva negli appalti pubblici e fa riferimento ai contratti stipulati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Quest’ultimo riferimento invece manca nell’ambito generale lavoristico rappresentato dal nuovo testo dell’articolo 29 del d.lgs. n.276/2003 laddove il riferimento va al trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.
Quindi il trattamento retributivo in questo caso va inteso in senso generale e complessivo alla contrattazione di zona e di settore.
Fabio Petracci