La verifica della retribuzione sufficiente ex art. 36 Costituzione
La vicenda oggetto della pronuncia n. 27711/2023 della Corte di Cassazione riguarda la conformità ai parametri dell’art. 36 Cost. del trattamento retributivo applicato, dalla sezione Servizi Fiduciari del CCNL per i dipendenti delle imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari, pacificamente applicato ai propri dipendenti dalla società datrice di lavoro e che atteneva al suo settore di operatività nonché era stato stipulato da organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
In particolare, il dipendente nel corso del giudizio ha dedotto di svolgere mansioni di operatore fiduciario e di aver lavorato nel periodo indicato nell’ambito del medesimo appalto con differenti e successive imprese appaltatrici per svolgere le medesime mansioni venendo pagato sempre meno per le stesse mansioni svolte, producendo le relative buste paga ed i contratti di assunzione e collettivi.
La Corte di Cassazione ricorda come l’art. 36 Cost., comma 1, garantisce due diritti distinti, che, tuttavia si integrano a vicenda: quello ad una retribuzione “proporzionata” che garantisce ai lavoratori “una ragionevole commisurazione della propria ricompensa alla quantità e alla qualità dell’attività prestata“; mentre quello ad una retribuzione “sufficiente” dà diritto ad “una retribuzione non inferiore agli standards minimi necessari per vivere una vita a misura d’uomo“, ovvero ad “una ricompensa complessiva che non ricada sotto il livello minimo, ritenuto, in un determinato momento storico e nelle concrete condizioni di vita esistenti, necessario ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa“.
In altre parole, l’uno stabilisce “un criterio positivo di carattere generale“, l’altro “un limite negativo, invalicabile in assoluto“.
La Corte quindi ricorda che si deve applicare comunque l’orientamento che pur individuando in prima battuta i parametri della giusta retribuzione nel CCNL non esclude di sottoporli a controllo e di doverli disapplicare allorché l’esito del giudizio di conformità all’art. 36 Cost. si riveli negativo, secondo il motivato giudizio discrezionale del giudice.
Ciò brevemente premesso, vengono affermati in particolare i seguenti principi di diritto:
- “Nell’attuazione dell’art. 36 della Costituzione, il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’art. 36 Cost., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata.
- Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe.
- Nella opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex art. 36 Cost., il giudice, nell’ambito dei propri poteri ex art. 2099 c.c., comma 2, può fare altresì riferimento, all’occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea”.