il ruolo del giuslavorista che assiste medie e alte professionalità, una riflessione per la tutela dei quadri
Un nuovo ruolo per il giuslavorista.
Cosa è mutato.
In quest’ultimo decennio, la figura dell’avvocato giuslavorista ed in particolare di quanti prestano assistenza giudiziale ai lavoratori ha dovuto affrontare a grandi cambiamenti che forse impongono delle scelte professionali coraggiose.
Sino alla fine degli anni 90, assistevamo ad una netta suddivisione del campo di intervento del legale rispetto a quello del sindacato.
Il ruolo tradizionale.
Il sindacalista affiancava il lavoratore in sede aziendale e rivendicativa, mentre l’avvocato entrava in scena allorquando il primo non era in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati. Toccava quindi all’avvocato la fase stragiudiziale e quella giudiziale che in qualche modo “ereditava” nel bene e nel male dal rappresentante sindacale. Molti studi operavano e tuttora operano in simbiosi con le organizzazioni sindacali.
Un ambito normativo e culturale diverso gli anni 70/80/90.
Si assisteva in quel periodo ad un massiccio ricorso alla tutela legale, a fronte di una normativa protettiva e di una magistratura orientata a tutelare il soggetto debole.
Il ruolo riservato all’avvocato consisteva nella redazione della diffida e nell’avvio del contenzioso giudiziale.
Oggi non solo l’avvio di un contenzioso, ma solo anche la lettera di un avvocato, possono creare seri disagi al lavoratore, dall’emarginazione in ambito aziendale al rischio licenziamento di fronte ad una normativa di scarsa protezione della stabilità del posto di lavoro.
Un possibile nuovo ruolo dell’avvocato giuslavorista.
Di fronte ad un panorama radicalmente mutato, ci si chiede se esista ancora uno spazio di azione per l’avvocato giuslavorista e quale esso sia.
La risposta è affermativa, a patto che il professionista accetti la nuova realtà e che il cliente guardando avanti ed accettando il nuovo, la condivida.
Avvocato e cliente debbono programmare costi, modalità ed obiettivi dell’intervento sin dall’inizio.
Serve da parte del legale capacità, modestia e conoscenza non solo della legge, ma anche dell’organizzazione e dei ruoli aziendali.
E’ necessaria una figura di avvocato capace di operare anche “dietro le quinte” grazie ad un rapporto fluido e costante con l’assistito che dovrà affrontare direttamente la realtà aziendale immedesimandosi nei consigli e nelle direttive del legale, non tanto per ottenere una vittoria, quanto per la gran parte per supportare e tutelare le proprie aspettative economiche, di carriera, di stabilità.
Un osmosi professionista e cliente che fa di quest’ultimo una vera e propria parte contrattuale consapevole della situazione in atto, dei propri diritti e dei pericoli immanenti, nonché un potenziale informatore e raccoglitore di prove per il professionista.
I vantaggi.
Un simile operare tutela la figura del lavoratore dai rischi e dai costi entrambi imprevedibili di un contenzioso giudiziale.
Nel caso in cui poi, non resti che rivolgersi al Tribunale, un simile approccio permette di crearne le basi, acquisire informazioni utili, ed al cliente di verificare la capacità del professionista ed a quest’ultimo di capire le reali esigenze dell’assistito.
Obiettivi e propositi.
Su questa strada dovrebbe muoversi l’ assistenza legale, evitando frettolosi avvii di ricorsi al Tribunale.