Il ruolo dei quadri dopo il Jobs Act ed i più recenti interventi legislativi
Le considerazioni che seguono si inseriscono in un progetto di contratto per i quadri che l’organizzazione CIU – UNIONQUADRI ha avviato di recente.
Esse sintetizzano l’intervento dell’autore svolto al Convegno: La categoria dei quadri tra subordinazione ed autonomia alla luce del Jobs Act, tenutosi in Milano, martedì 17 ottobre 2017 presso la sede della Regione Lombardia – Palazzo del Pirellone.
Negli anni 80 nell’ambito di un ordinamento del lavoro estremamente tutelato e livellato, era invocata la specificità dei quadri che portava all’approvazione della legge 190/85 che dava espresso riconoscimento alla categoria.
La stessa esigenza di specificità torna ora a manifestarsi in un diverso contesto che corrisponde a quello della flessibilità introdotta da ultimo con i recenti provvedimenti legislativi che vanno sotto il nome di Jobs Act.
Notori sono i temi che spesso toccano nell’ambito della contrattazione collettiva quadri e le alte professionalità.
Ci riferiamo a trattamenti accessori, benefits, clausole di stabilità e di fidelizzazione.
Nello specifico però, i recenti e frequenti interventi legislativi in tema di flessibilità del lavoro ed in particolare i decreti legislativi che hanno definito il c.d Jobs Act , introducendo la flessibilità in uscita e la mobilità intra aziendale hanno prodotto una serie di ricadute non sempre positive sulle categorie a maggiore professionalità.
A seguito dell’introduzione del Jobs Act – DLGS 23/2015 che introduce le cosiddette tutele crescenti, un’indagine effettuata da Michael Page azienda che si occupa di collocazione e selezione del personale ha accertato che dopo l’entrata in vigore del sistema delle tutele crescenti i quadri intervistati hanno manifestato una minore disponibilità alla mobilità. Questa minore inclinazione si spiega con il conseguente azzeramento dell’anzianità ai fini della tutela crescente.
Dunque una penalizzazione per il personale più qualificato che cambia occupazione per migliorare le proprie condizioni professionali ed un disincentivo alla mobilità di chi proprio confrontandosi con il mercato dovrebbe far valere le proprie capacità.
Il personale ad alta qualificazione si spende sul mercato del lavoro e pur godendo di maggiori opportunità, nell’attuale momento economico abbisogna di adeguate garanzie nel caso di cessazione del rapporto.
Le tutele crescenti favoriscono infatti chi raggiunge una notevole anzianità di servizio presso la medesima azienda.
Dunque una riforma che può andare bene per chi è alla ricerca di una prima occupazione o che mira ad un lungo periodo occupazionale, ma destinata a penalizzare i livelli più qualificati del personale. Soprattutto per i quadri il cambiamento presenta aspetti problematici. Le tutele nei primi anni nel nuovo posto di lavoro si riducono a poche mensilità di indennità in caso di licenziamento. E quindi, per una categoria con età media di 47 anni, aumenta l‘incertezza nel considerare l‘opportunità di lavorare per una nuova azienda di cui non sempre si può conoscere a fondo stato di salute e modalità di gestione dei dipendenti.
Sarebbe in proposito auspicabile l’introduzione di una clausola contrattuale di portabilità della pregressa anzianità che preveda in favore dei quadri che abbiano lasciato per dimissioni una precedente occupazione dove rivestivano la medesima qualifica, di poter computare nell’anzianità di servizio di cui all’articolo 3 del DLGS 23/2015 anche gli anni di servizio svolti presso il precedente datore di lavoro.
Altrettanto efficaci potrebbero essere dei termini di preavviso maggiorati rispetto a quelli di impiegati ed operai.
Al fine inoltre di evitare le conseguenze del licenziamento del quadro nel periodo antecedente i 10 anni dal raggiungimento del diritto alla pensione, andrebbe previsto nel caso del c.d. licenziamento economico o comunque per giustificato motivo oggettivo, la corresponsione di un’indennità con somma decrescente a seconda degli anni per raggiungere il diritto alla pensione.
Un ulteriore mezzo di garanzia dell’occupazione potrebbe essere previsto da una previsione contrattuale simile a quella prevista dall’articolo 40 del CCNL Dirigenti Terziario che prevede in caso di licenziamento, su richiesta del lavoratore, l’attivazione di una procedura di outplacement a carico parziale dell’azienda.
Di seguito, il Jobs Act con il DLGS 81/2015 ha innovato l’articolo 2103 del codice civile consentendo la dequalificazione del lavoratore in determinati casi determinati e con apposite procedure.
Sul punto e prima dell’approvazione della legge, le associazioni dei quadri ne chiedevano, come poi avvenuto, la limitazione ai passaggi all’interno della singola categoria professionale legale, evitando così per i quadri la dequalificazione alla categoria impiegatizia.
La stessa disposizione di legge ha quindi reso equipollenti tutte le mansioni appartenenti alla medesima area contrattuale.
Una simile previsione penalizza in maniera evidente la categoria dei quadri laddove la specializzazione e la connotazione della professionalità e più marcata.
Se la norma di legge prevede in tali casi la necessità di adeguata formazione che però per espressa previsione non costituisce presupposto necessario per il cambio di mansioni, si rende necessaria una norma contrattuale che subordini per i quadri con mansioni specialistiche l’avvio ad un adeguato periodo di formazione ed eviti comunque la mobilità orizzontale laddove le mansioni svolte presuppongano un preciso titolo di studio non compatibile con quelle di destinazione.
Un ulteriore aspetto della tipicità della prestazione dei quadri è dato dall’orario di lavoro che in base alla normativa sulla durata della prestazione non è assoggettato a vincolo orario.
Assistiamo così alla sottrazione della categoria dei quadri, esattamente come per i dirigenti, dai limiti in tema di orario di lavoro, con la conseguente privazione del pagamento dello straordinario svolto che non risulta però adeguatamente bilanciata da una rilevante libertà di poter gestire in autonomia e secondo le esigenze del lavoratore l’orario di lavoro. In effetti, le alte professionalità è decisamente raro che lavorino a “ore”, ma invece il loro apporto va valutato con riguardo alla realizzazione ed alla valutazione di “progetti”.
In merito, va ricordata la legge 81/2017 titolata. “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, che in particolare introduce lo smart working o “lavoro agile”, che permette lo svolgimento dell’attività lavorativa in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa di lavoro, con regolamentazione affidata all’accordo tra le parti, nel rispetto dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
La categoria delle alte professionalità, per quanto abbiamo appena visto, rappresenta il luogo più indicato per sperimentare il lavoro agile, consentendo, ai lavoratori che ne esprimono la volontà e già godono di ampia autonomia, di poter lavorare presso la sede dell’azienda per un periodo limitato della giornata e di gestire liberamente la prestazione nei luoghi e nei tempi preferiti, rimanendo, nel rispetto al diritto alla disconnessione ad esempio come previsto a far data dal 01.01.2017 dall’art. 55 della Loi Travail francese, rimanendo dunque rintracciabili all’interno di alcune fasce orarie concordate, magari proprio tramite cellulare aziendale fornito come fringe benefit.
Un altro punto dove la presenza dei quadri potrebbe ritenersi strategica e le cui modalità potrebbero proporsi nell’ambito di apposita contrattazione è dato dalla partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda come prospettata all’articolo 4, comma 62 della legge 92/2012 (legge Fornero) alla cui previsione non è poi seguita la normativa delegata nel termine previsto di 6 mesi.
In quest’ambito , quella dei quadri dovrebbe essere la categoria più idonea ad avviare un simile processo stante l’immedesimazione della dirigenza nella parte aziendale e l’identificazione almeno in fase di avvio delle altre categorie in un ruolo di contrapposizione, senza tener conto delle conoscenze e delle competenze che la categoria dei quadri potrebbe apportare.
Fabio Petracci