Corte Costituzionale n. 88/2022, pensione reversibilità per nipoti maggiorenni inabili
La decisione della Corte arriva in ragione della sollevazione della questione di legittimità costituzionale da parte della Suprema Corte di Cassazione con riferimento all’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti.
La Corte Costituzionale sottolinea che la ratio della reversibilità dei trattamenti pensionistici consiste nel farne proseguire, almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi, così, ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto.
Si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattività della solidarietà familiare proiettando il relativo vincolo la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte.
Ciò posto, il rapporto di parentela tra l’ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, con conseguente fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost.
Se, infatti il legame sotteso al rapporto tra nonno e nipote minorenne, come presupposto per l’accesso al trattamento pensionistico di reversibilità, deve essere ritenuto meritevole di tutela, analoga valutazione di meritevolezza, collegata al fondamento solidaristico, non può non riguardare anche il legame familiare tra l’ascendente e il nipote, maggiore di età, orfano e inabile al lavoro.
La relazione appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di età, per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacità del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo.
È illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del decuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione.
Non viene nemmeno accolta la tesi della difesa erariale relativa alla differenziazione dovuta alla limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore età) e della (in astratto) più lunga durata dell’aspettativa di vita del nipote maggiorenne inabile al lavoro.
Tale differenza non è dirimente ai fini della spettanza di un diritto che ha matrice solidaristica, a garanzia delle esigenze minime di protezione della persona.
Deve, in conclusione, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati.
Avv. Alberto Tarlao