Lavoro precario

Le principali novità introdotte dal DDL Lavoro

Il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di lavoro (A.S. 1264)” è stato approvato dal Senato in data 11 dicembre 2024 ed attende di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Vediamo di seguito alcune delle principali novità introdotte.

Assenze ingiustificate del lavoratore e risoluzione del rapporto

L’art. 19 del disegno di legge aggiunge il comma 7-bis all’art. 26 del d.lgs. n. 151/2015, stabilendo che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.

Il rapporto di lavoro si intende quindi risolto per volontà del lavoratore senza che sia necessario formalizzare con modalità telematiche le dimissioni e senza che il lavoratore ottenga l’accesso alla NASpI.

Nel caso in cui il lavoratore dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza, non trovano applicazione le dimissioni per fatti concludenti.

Periodo di prova

All’articolo 7, comma 2, del d.lgs. n. 104/2022 (c.d. Decreto Trasparenza), dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti:

Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.

In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.

Vengono dunque stabiliti criteri univoci per la durata del periodo di prova, con un criterio meramente matematico, da applicare indistintamente a tutte le professionalità e mansioni, senza che venga, quindi, prevista alcuna distinzione di inquadramento del lavoratore.

Contratto misto

L’art. 17 del disegno di legge prevede un regime fiscale di vantaggio a fronte della stipulazione di un “contratto di lavoro misto”.

Infatti è prevista una deroga al divieto di applicazione del regime forfetario per le partite IVA previsto per lavoratori che svolgono attività libero-professionali, che siano titolari sia di un rapporto di lavoro subordinato, sia di lavoro autonomo (incluse le collaborazioni esercitate nelle forme di cui all’articolo 409, n. 3 c.p.c.) a favore di datori di lavoro che impiegano più di 250 dipendenti, dai quali sono contestualmente assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato “con orario compreso tra il 40% ed il 50% del tempo pieno previsto dal CCNL.

Dunque, lavoratore e datore di lavoro divengono parte, contemporaneamente, di un contratto di lavoro subordinato e di un contratto di lavoro autonomo.

Il contratto deve tuttavia essere certificato dinanzi agli organismi preposti come condizione di legittimità dell’operazione contrattuale.

L’accertamento qualificato mediante certificazione viene posto come garanzia al fine di evitare che i due rapporti di lavoro finiscano per coincidere, venendo ricondotti di fatto a un unico rapporto di lavoro subordinato.

Conciliazioni a distanza

Con l’obbiettivo di agevolare l’accesso ai servizi di conciliazione e ridurre i costi mantenendo comunque l’affidabilità delle procedure, viene confermata la legittimità del collegamento tramite piattaforme digitali per i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro di cui agli articoli 410, 411 e 412-ter c.p.c.

La norma assume particolare rilevanza ai sensi della recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 10065/2024, che ha escluso che la sede aziendale possa rappresentare una c.d. “sede protetta” per espletare un tentativo di conciliazione in quanto non avrebbe “il carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente alla assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore”.

avv. Alberto Tarlao

Concorsi pubblici 2025: cosa cambia?

Il Decreto-Legge PA, che dovrebbe recare disposizioni urgenti in materia di reclutamento, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni, dovrebbe essere approvato nel corso del mese di febbraio 2025.

Attualmente, la bozza del decreto contiene al proprio interno l’intenzione di procedere ad una centralizzazione dei concorsi pubblici: a gestire tutti, o quasi, i concorsi dello Stato centrale dovrebbe essere il Dipartimento della Funzione pubblica attraverso la Commissione Ripam (Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni).

Pertanto, non dovrebbero essere più autonomamente le singole amministrazioni a gestire le selezioni e/o le graduatorie autonomamente, dovendosi invece riconoscere tale competenza alla Commissione Ripam.

Pertanto, al fine di garantire maggiore operatività alla Commissione Ripam, la bozza di decreto prevede altresì specifiche disposizioni per il rafforzamento di detta Commissione.

Nel dettaglio, sarebbe prevista l’istituzione di un ufficio dirigenziale di livello generale, articolato due servizi di livello dirigenziale non generale, con conseguente incremento della dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di un contingente costituito da non più di trenta unità di personale che possono essere scelte nell’ambito del personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri o di altre pubbliche amministrazioni.

Ancora, al fine di garantire il ricambio generazionale, la bozza di decreto prevede il reclutamento di soggetti in possesso del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, ovvero del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate rilasciato dagli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy), nonché appositi percorsi di formazione per il personale eventualmente reclutato.

Dovrebbero inoltre essere introdotte specifiche disposizioni per garantire la stabilizzazione dei lavoratori e quindi superare il fenomeno del precariato dei giovani nella pubblica amministrazione.

Alberto Tarlao

Giudici di pace e diritti dei Magistrati, cosa ne pensa l’Europa

Il Centro Studi di CIU UNIONQUADRI che sempre si occupa delle normative concernenti professionisti ed alte professionali prende in esame l’attuale situazione dei giudici onorari che salve le (poco) minori competenze di legge svolgono sostanzialmente lo stesso lavoro dei giudici ordinari con un trattamento notevolmente inferiore al limite dei valori costituzionali e comunitari.

Attualmente il rapporto dei giudici di pace ivi compresi tutti i magistrati onorari è disciplinato dal DLGS n.116/2017 che stabilisce come l’incarico di magistrato ordinario abbia la durata di quattro anni e come alla scadenza esso possa essere confermato a domanda per un secondo quadriennio con la durata massima di otto anni complessivi indipendentemente dalle funzioni svolte, con automatica cessazione al compimento del sessantacinquesimo anno di età.

Stabilisce inoltre l’articolo 23 della medesima disposizione di legge come l’indennità spettante ai magistrati onorari si compone di una parte fissa e di una parte variabile di risultato.

Inoltre ai magistrati onorari che esercitano funzioni giudiziarie è corrisposta, con cadenza trimestrale, un’indennità annuale lorda in misura fissa, pari ad euro 16.140,00, comprensiva degli oneri previdenziali ed assistenziali.

Per quanto riguarda i periodi di riposo, il successivo articolo 24 stabilisce che i magistrati onorari non prestano attività durante il periodo feriale di cui all’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, salvo che ricorrano specifiche esigenze d’ufficio; in tal caso, è riconosciuto il diritto di non prestare attività nel periodo ordinario per un corrispondente numero di giorni. L’indennità prevista dall’articolo 23 è corrisposta anche durante il periodo di cui al presente articolo.

In proposito, La Corte costituzionale, con sentenza 11 gennaio – 3 febbraio 2022, n. 31 (Gazz. Uff. 9 febbraio 2022, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l’altro, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 33 sollevate, con riferimento agli istituti in questione.

A suo tempo però la Commissione Europea segnalava all’Italia il mancato allineamento al diritto comunitario per quanto atteneva la prestazione dei magistrati ordinari.

In particolare la Commissione riteneva che il rapporto instaurato tra lo Stato Italiano ed i magistrati onorari (giudici di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di tribunale) non rispettasse i principi comunitari in tema di diritto alle ferie, lavoro a tempo determinato.

Poiché lo Stato italiano non provvedeva in merito, interveniva la Corte di Giustizia UE con la sentenza n.73 del 27 giugno 2024.

Ha ritenuto la Corte di Giustizia che la normativa nazionale in materia di giudici di pace che la mancata previsione per questa categoria di un diritto a beneficiare di 30 giorni di ferie annuali retribuite né di un regime assistenziale e previdenziale come quello previsto per i magistrati, nonché la mancata previsione di un termine massimo di tre rinnovi successivi per i contratti a termie, era da considerarsi in violazione delle normative comunitarie in materia.

Fabio Petracci

Assunzioni PA e riduzione turnover

Anche a seguito delle osservazioni formulate da CIU UNIONQUADRI nel corso dell’audizione dell’11 novembre 2024 da parte del Consiglio dei Ministri, nell’approvazione della legge Finanziaria per il 2025, il taglio del turn over nella pubblica amministrazione, ha subito rilevanti eccezioni e delimitazioni.

Grazie alle modifiche apportate alla legge di Bilancio per il 2025, per numerose pubbliche amministrazioni, sarà possibile sostituire il 100% dei dipendenti che lasciano il servizio.

È stato così modificato l’articolo 110 della Legge di Bilancio 2025, rivedendo in maniera rilevante il taglio del turn over nelle pubbliche amministrazioni.

Potranno così assumere nella misura del 100% dei posti liberi, gran parte degli Enti Locali, comprese le Regioni, le Camere di Commercio, i Corpi di Polizia, i Vigili del Fuoco, le Università per quanto attiene i ricercatori, Il Ministero di Giustizia per il personale togato della Magistratura.

Trascriviamo in parte il testo del documento redatto da CIU UNIONQUADRI sul punto in occasione della consultazione:

“Sui punti che riguardano il Pubblico Impiego, il nostro sindacato non può non guardare che con favore quelle misure che consentono al lavoratore la libertà nel determinare il momento di cessazione del rapporto di lavoro.

Ancor più favorevolmente è da noi vista la possibilità di trattenimento volontario in servizio per attività di tutoraggio ed accompagnamento dei nuovi assunti.

Resta irrisolto il problema di voler conciliare questa normativa con la riduzione del turn over al 75% delle risorse.

La riduzione del turn over acuisce il proprio effetto con il trattenimento in servizio di una parte del personale.

Temiamo in questo modo, possa essere compromessa l’immissione di giovani generazioni nella pubblica amministrazione e l’assunzione di personale da inserire nell’area delle elevate professionalità (EP).”

Fabio Petracci

Alte professionalità

Legge di bilancio 2024 e nuovo CCNL Funzioni Centrali. Le novità per il pubblico impiego. Cancellati gli incarichi per le Elevate Professionalità?

  1. In generale il tema delle elevate professionalità e dei quadri nella Pubblica Amministrazione.

Collegata al tema del rinnovamento della nostra Pubblica Amministrazione è l’individuazione di un’area di dipendenti caratterizzata da una spiccata professionale e di un altrettanto spiccata specializzazione.

La riforma cosiddetta “privatizzazione” avviata agli inizi degli anni 90 aveva riposto le proprie aspettative nell’area ben individuata della dirigenza cui faceva da contraltare una vasta e generica area non dirigenziale suddivisa in tre aree professionali e disciplinata da un unico contratto collettivo.

  1. Il DL 80/2021.

Con la pandemia e con la necessità di ottemperare agli importanti impegni connessi all’ attuazione del PNRR, era sentita la necessità di una Pubblica Amministrazione ampliamente professionalizzata non solo nei vertici e pronta a recepire le nuove tecnologie.

Era così emanato il DL 44/2021 poi convertito in legge che arrecava notevoli innovazioni anche in funzione emergenziale connessa alla pandemia e che introduceva, innovando la materia concorsuale,  dei principi di selezione in funzione di accrescimento e rinnovamento della professionalità di fronte ai rilevanti impegni connessi all’attuazione del PNRR.

Successivamente con l’emanazione del DL 9.6.2021 n.80, titolato   “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.” Era messa mano proprio all’obiettivo della professionalizzazione della Pubblica Amministrazione.

A differenza del precedente DL 44/2021, questa volta lo spunto all’efficienza non veniva dall’emergenza pandemica, ma dal piano nazionale PNRR che per essere attuato abbisogna di risorse oggetto di particolare selezione, destinate quindi ad inserirsi una volta compiuta la missione assegnata, nell’organico della pubblica amministrazione, in un ambito apicale destinato a prendere corpo per dar vita ad una classe di pubblici dipendenti non dirigenti, ma ad alta qualificazione.

Il provvedimento avviava numerosi interventi in materia di assunzioni innovando in tema di contratti di formazione e lavoro, apprendistato, rilievo nelle procedure assuntive del dottorato di ricerca, assunzioni specifiche di personale ad elevata specializzazione.

Ma, per quanto qui d’interesse, importanti interventi riguardano l’inquadramento del personale pubblico e le progressioni di carriera con significative modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001.

Erano infatti codificate nell’ambito dell’articolo 52 del DLGS 165/2001 (inquadramento e mansioni) le aree di inquadramento del personale che ammontano a tre, oltre ad una quarta area da definirsi per il tramite della contrattazione collettiva e che riguarderà il personale ad alta professionalità non dirigente, quello che potrebbe intendersi un’area quadri.

  1. Nella contrattazione collettiva.

La contrattazione collettiva della Amministrazioni Centrali faceva propri questi principi.

Quivi, l’articolo 13 articolava l’inquadramento del personale in quattro aree, riservando la quarta area alle elevate professionalità.

Il successivo allegato A conteneva la definizione professionale (declaratoria) dell’area delle Elevate Professionalità.

Al successivo articolo 15 (Posizioni organizzative e professionali) era previsto come nell’ambito dell’area dei funzionari potevano essere conferiti incarichi di natura organizzativa e professionale che, pur rientrando nell’ambito delle funzioni di appartenenza, richiedessero lo svolgimento di compiti di maggiore responsabilità e professionalità, anche implicanti iscrizione ad albi professionali, per i quali è attribuita una specifica indennità di posizione organizzativa.

Il successivo articolo 16 (Incarichi al personale dell’area EP) prevedeva invece l’attribuzione generale di specifici incarichi al personale dell’area EP ad elevato contenuto professionale ed autonomia decisionale con durata minima di un anno e massima di tre anni.

Con il nuovo CCNL 2022/2024 è introdotto l’articolo 17 che modifica ed espressamente abroga il predetto articolo 15 innovando taluni punti in tema di posizioni organizzative da conferire agli appartenenti all’area dei funzionari.

Sparisce invece nel testo redatto dall’ARAN e definito “Ipotesi di Contratto Collettivo di Lavoro del Comparto Funzioni Centrali Triennio 2022 – 2024 il testo del menzionato articolo 16 (Incarichi al personale dell’area EP) contratto collettivo 2019 – 2021.

Ci si chiede a questo punto, se si tratti di un semplice problema di redazione e coordinamento del nuovo contratto o se, invece, l’articolo 16 sia stato tacitamente abrogato, riconducendo così l’area delle Elevate Professionalità al regime delle Posizioni Organizzative di cui al nuovo articolo 17.

  1. Nella legge di bilancio 2025.

Sul punto si impone qualche riflessione volta a chiarire i dubbi in merito ad un eventuale “depotenziamento” all’introduzione dell’area delle Elevate Professionalità.

In tema, la legge di bilancio per il 2025 che impone un limite al turn over pari al 75% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente, oltre alla possibilità di trattenimento in servizio del personale che lo richieda sino al settantesimo anno di età, inducono a ritenere compromessa l’immissione di giovani generazioni nella pubblica amministrazione e l’assunzione di personale da inserire nell’area delle elevate professionalità (EP).

Per reperire in tale ambito le risorse al fine di implementare l’area delle Elevate Professionalità, sarebbe opportuna la riduzione di una parte delle posizioni dei posti vacanti dei dirigenti di seconda fascia, indirizzando così le risorse reperite verso l’area delle elevate professionalità. In tal modo, per ogni dirigente in meno, si potrebbero assumere due super esperti da inserire nella quarta area.

Inoltre tale misura contenuta nella legge di bilancio 2025 e relativa alla capacità assunzionale viene ad interferire sulla programmazione delle assunzioni in corso (PIAO) stante anche l’assenza di un diritto transitorio.

La norma non presenta collegamento alcuno con la programmazione del personale ed inoltre numerosi concorsi indetti nel 2024 sono destinati a concludersi nel 2025. In tal senso andrebbe comunque adottata una disciplina transitoria.

Fabio Petracci

Legge di bilancio 2025: luci ed ombre oltre che zone grigie.

Il DDL è entrato in Commissione Bilancio alla Camera.

Come CIU UNIONQUADRI, data anche la vastità del provvedimento, toccheremo quegli aspetti che involgono l’interesse dei lavoratori intesi in primo luogo come quadri, alte professionalità e ceto medio.

  1. Taglio del cuneo fiscale

Toccheremo in primo luogo la misura fiscale di carattere generale che riguarda il taglio del cuneo fiscale.

Notiamo con favore che essa è destinata a trasformarsi in misura strutturale.

Essa ora è stata estesa ai redditi sino ai 40.000 euro , ma con delle percentuali destinate a calare in funzione dei redditi superiori.

Compatibilmente con l’andamento dei conti pubblici ed altre forme di risparmio, vediamo con favore ogni estensione di questa misura.

Diventa strutturale anche l’accorpamento su tre scaglioni delle aliquote IRPEF.

Quivi è prevista una tassazione pari al 23% fino a 28.000 euro, 28.000-50.000 euro 35%, oltre 50.000 euro siamo al 43%.

La riduzione al 43% per i redditi medio alti è compensata dall’esclusioni di questi redditi da talune detrazioni.

Quindi, diviene strutturale l’accorpamento su tre scaglioni come elemento non trascurabile di semplificazione con pochi altri mutamenti di nostro interesse.

Altre misure riguardano ulteriori strette sulle detrazioni per chi supera i 75 mila euro destinate ad attenuarsi secondo il numero di figli.

In sostanza favorevoli al mantenimento strutturale della misura, auspichiamo ogni ulteriore misura atta ad attenuare la pressione fiscale sul ceto medio, senza naturalmente penalizzare le categorie più basse.

Riteniamo inoltre che provvedimenti di riduzione fiscale (detrazioni) dovrebbero riguardare non solo le famiglie in relazione al numero dei figli, ma anche i genitori anche singoli monoreddito con figli a carico (a prescindere dal numero degli stessi).

  1. Misure concernenti le retribuzioni.

E’ prorogata la riduzione al 5% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili di impresa.

La misura viene valutata positivamente.

Sulla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa ed alla gestione di quest’ultima, auspichiamo più coraggiosi interventi.

Facilitazioni in forma di benefits riguardano i neo assunti con un reddito non superiore a 35.000 euro  dal 1 gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 che debbano affrontare trasferimenti superiori ai 100 chilometri con detassazione delle somme pagate a titolo di locazione per un massimo di 5.000 euro annui.

La misura potrebbe garantire un minimo di sostegno alle professionalità interessate anche per loro natura. alla mobilità.

Altre riduzioni seppure in maniera ridotta riguardano la tassazione di benefits per consumi domestici di altri lavoratori.

Si auspica che la misura concernente i neo assunti nell’anno in corso sia destinata a stabilizzarsi sino a ricomprendere tutti i lavoratori interessati a fenomeni di mobilità professionale.

Sul punto, valutiamo positivamente ogni forma di riduzione fiscale sui compensi destinati a premiare la professionalità ed il raggiungimento di obiettivi.

In merito al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale, ricordiamo come l’articolo 45 della Costituzione stabilisca il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale.

Ricordiamo come l’articolo 4 della legge 92/2012 conteneva una delega per il governo a realizzare un tanto. La delega in realtà decadde per il mancato intervento del Governo.

Auspichiamo altresì che la misura concernente la defiscalizzazione dei benefits destinati ai trasferimenti dei giovani neo assunti possa assumere un carattere più generale idoneo a tutelare le professionalità medio alte che spesso debbono seguire anche in ambito nazionale le domanda della loro prestazione, nonché le categorie dei lavoratori delle aziende in crisi nel riposizionamento per la ricerca di un nuovo lavoro.

  1. Tutela della maternità.

Ulteriori misure vanno ad aggiungersi a quelle di sostegno alle famiglie con figli minori rafforzando la disciplina in materia di congedi parentali elevando all’80% l’indennità durante il congedo di maternità entro il sesto anno del bambino.

E’ prospettata anche la decontribuzione per le lavoratrici madri in termini che saranno definiti dal Ministero per il Lavoro.

E’ riconosciuto per incentivare la natalità un bonus pari a 1000 euro per ogni figlio nato.

Sul punto, riteniamo la generale bontà di queste misure, ma anche nell’interesse delle donne destinate a percorrere obiettivi di carriera, auspichiamo il miglioramento di asili e scuole con agevolazioni anche di orario.

Come sindacato delle professionalità medio alte, riteniamo come debba essere data anche alle donne madri la possibilità in luogo di assentarsi, di continuare il loro percorso lavorativo, incentivando anche con il sistema della leva fiscale soluzioni in grado di facilitare il ricorso a scuole ed asili anche con orario prolungato ed il ricorso a personale domestico di sostegno.

  1. Le misure che riguardano il pubblico impiego.

La manovra torna ad introdurre un limite al turn over nella pubblica amministrazione pari al 75% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Esprimiamo forti perplessità sul punto, stante l’età avanzata del personale della pubblica amministrazione, l’avviamento del PNRR e l’introduzione della quarta area EP che dovrebbe trovare alimentazione anche con nuove risorse.

Riorganizzazione dell’INPS.

Solleva interrogativi anche la misura di riorganizzazione dell’INPS con l’istituzione di nuove figure dirigenziali di livello generale, di fronte alla necessità di rafforzare il middle management anche mediante significativi poteri.

Incentivo al mantenimento in servizio.

E’ prevista la possibilità per i lavoratori in possesso dei requisiti per l’accesso a Quota 103 ( 62 anni di età e 41 di contributi) di optare per rimanere in servizio sino ai 70 anni di età, ricevendo in busta paga una quota dei contributi.

Contestualmente, è altresì previsto che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi del trattenimento volontario in servizio di personale dipendente per attività di tutoraggio ed affiancamento ai neo assunti.

Sul punto si nota positivamente come debba essere affermata il principio di una libera scelta, una volta verificatisi i presupposti del pensionamento, in merito alla prosecuzione del servizio.

A maggior ragione anche nell’interesse della formazione delle elevate professionalità può giovare l’attività di affiancamento e tutoraggio.

E’ inoltre abrogata la norma che consente alle pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente il contratto di lavoro con un preavviso di sei mesi, , a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento.

Perplessità sul punto possono essere indotte da un ridotto ricambio generazionale soprattutto nell’area delle elevate professionalità (in particolare area EP) dove la riduzione del turn over al 75% e l’esiguità delle risorse possono addirittura paralizzare l’accesso dei giovani laureati e dei dipendenti meritevoli all’area apicale.

Sui punti che riguardano il Pubblico Impiego, il nostro sindacato non può non guardare che con favore quelle misure che consentono al lavoratore la libertà nel determinare il momento di cessazione del rapporto di lavoro.

Ancor più favorevolmente è da noi vista la possibilità di trattenimento volontario in servizio per attività di tutoraggio ed accompagnamento dei nuovi assunti.

Resta irrisolto il problema di voler conciliare questa normativa con la riduzione del turn over al 75% delle risorse.

La riduzione del turn over acuisce il proprio effetto con il trattenimento in servizio di una parte del personale.

Temiamo in questo modo, possa essere compromessa l’immissione di giovani generazioni nella pubblica amministrazione e l’assunzione di personale da inserire nell’area delle elevate professionalità (EP).

Suggeriremo una qualche modifica specifica sul punto alla previsione che limita al 75% il turn over nella pubblica amministrazione, in riferimento al personale adibito a funzioni di tutoraggio e di accompagnamento.

L’audizione di CIU UNIONQUADRI da parte del Governo per valutare la legge di bilancio 2025.

Ieri a Palazzo Chigi il governo ha illustrato alle organizzazioni sindacali il testo della Legge di Bilancio 2025 che a breve sarà presentato al parlamento.

Era presente all’incontro pure una delegazione di CIU UNIONQUADRI che è intervenuta principalmente sui temi d’interesse della categoria dei quadri e conseguentemente del ceto medio.

In merito alle misure fiscali, CIU UNIONQUADRI si è dichiarata favorevole alla trasformazione in misura strutturale della normativa a termine attinente il taglio del cuneo fiscale, auspicando l’estensione della misura anche ai redditi superiori ai 40.000 euro ricomprendendovi la generalità dei redditi del ceto medio e di quelli generati dall’attività dei quadri.

Analoghe considerazioni sono state svolte per quanto attiene l’accorpamento delle aliquote IRPEF e le detrazioni fiscali.

Per quanto riguarda gli interventi fiscali sulle retribuzioni, CIU UNIONQUADRI ha valutato positivamente la riduzione al 5% dei prelievi fiscali sui compensi destinati a premiare la professionalità ed il raggiungimento di obiettivi, nonché la partecipazione agli utili di impresa, auspicando un trattamento sempre più favorevole per questi compensi.

In merito alla partecipazione dei lavoratori non solo agli utili delle imprese, ma anche alla loro gestione, CIU UNIOQUADRI ha aperto una parentesi nel dibattito, rilevando come la nostra Costituzione 46 preveda il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa e come di seguito l’articolo 4 della legge 92/2012 contenesse una delega a realizzare un tanto, delega decaduta per il mancato intervento dei governi dell’epoca.

Sul punto, il governo ha assicurato essere in corso la valutazione di un progetto di legge presentato in parlamento.

In merito alla defiscalizzazione per i neo assunti con reddito non superiore a 35.000 euro dal primo gennaio 2025 al 31 gennaio 2025 delle spese inerenti i trasferimenti superiori ai 100 chilometri, CIU UNIONQUADRI nel sottolineare la positività dell’intervento di legge ha auspicato che la misura concernente i neo assunti nell’anno in corso sia destinata a stabilizzarsi sino a ricomprendere tutti i lavoratori interessati a fenomeni di mobilità professionale.

Ha altresì auspicato CIU UNIONQUADRI che la misura concernente la defiscalizzazione dei benefits destinati ai trasferimenti dei giovani neo assunti possa assumere un carattere più generale idoneo a tutelare le professionalità medio alte che spesso debbono seguire anche in ambito nazionale le domanda della loro prestazione, nonché le categorie dei lavoratori delle aziende in crisi nel riposizionamento per la ricerca di un nuovo lavoro.

Sono state esaminate quindi le novità concernenti i trattamenti di maternità, dove è stata elevata all’80% l’indennità durante il congedo entro il sesto anno del bambino, assieme ad ulteriori misure di decontribuzione a favore delle lavoratrici madri.

CIU UNIONQUADRI ha rilevato la bontà della misura, anche tenendo conto delle donne che non intendono fruire del beneficio, intendendo continuare a lavorare, ha richiesto l’adozione di misure atte a favorire anche l’utilizzazione di scuole ed asili, agevolando le madri impegnate nel lavoro.

CIU UNIONQUADRI come misura di reale eguaglianza tra i sessi atta a permettere anche alle donne quadro di completare il percorso lavorativo intrapreso, ha invitato il governo a favorire con idonee misure le donne intenzionate ad affiancare e rendere compatibile la maternità con il lavoro.

In materia di pubblico impiego è stata oggetto di particolare attenzione da parte di CIU UNIONQUADRI il limite alle assunzioni contenute nel 75% del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Il sindacato CIU UNIONQUADRI ha notato come questa misura vada ad interferire con la prevista possibilità per i lavoratori aventi diritto alla pensione di trattenersi in servizio sino al settantesimo anno di età, anche svolgendo attività di tutoraggio per i nuovi assunti, di fatto impedendo l’afflusso di nuove e qualificate energie nell’ambito della pubblica amministrazione.

Premesso di guardare con favore a misure che consentano l’accrescimento della professionalità e la libertà di prolungare la permanenza sul posto di lavoro, ha rilevato CIU UNIONQUADRI come queste misure nel loro insieme possano limitare il rinnovamento nell’ambito della pubblica amministrazione, impedendo tra l’altro l’immissione di nuove professionalità e di esperti nell’ambito dell’area EP – Elevate professionalità di nuova creazione.

Sul punto è stata suggerita al governo una rimodulazione della norma volta ad attenuare le conseguenze paventate.

In conclusione, CIU UNIONQUADRI, rilevando dei segnali positivi nella legge di bilancio 2025 chiede in primo luogo lo sviluppo di ulteriori misure atte a sorreggere la professionalità e la premialità nella logica di un adeguato sostegno alla classe media. Nel contempo auspica un’attenta revisione della limitazione parziale del turn over nel pubblico impiego, l’attuazione di politiche atte a favorire la creazione di una fascia intermedia di lavoratori pubblici con una propria caratterizzazione, nonché il rinnovamento e l’avanzamento tecnologico della pubblica amministrazione medesima.

Alte professionalità

La mancanza nella PA di un corpo intermedio tra dirigenza e personale non dirigente. Un problema non solo sindacale, ma anche organizzativo.

Un interessante e recente articolo del dottor Naddeo titolato – Capitale umano, CCNL, corso-concorso, dirigenti, Elevate professionalità, giovani, giovani laureati, Ministeri, PA, Pubblica amministrazione – tratto dal Blog di Antonio Naddeo – mira a conferire effettiva e pratica attuazione alla normativa concernente l’inquadramento nelle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legge 9.6.2021 n.80 che in particolare creando lo spazio per l’area contrattuale EP (elevate professionalità) ha cercato di rivalutare le professionalità medio alte troppo spesso schiacciate tra il ruolo preminente della dirigenza e quello generale delle altre categorie non dirigenziali valorizzando inoltre in funzione della professionalità acquisita la dinamica di progressione tra le diverse aree.

L’autore suggerisce una serie di accorgimenti per valorizzare l’Area delle Alte Professionalità.

In chiave che potremmo definire “negativa” o meglio “restrittiva” egli mira ad evitare che questa posizione lavorativa diventi un’ulteriore area che si aggiunge a quelle già previste, dove prima o poi ci arrivano tutti. L’obiettivo è invece di fare dell’elevata professionalità non solo un traguardo di carriera, ma soprattutto un punto di partenza per aspiranti dirigenti.

E così affrontato il tema della selezione ipotizzando l’istituzione di un corso – concorso annuale della SNA, simile a quello adottato per i dirigenti, fermo restando il 50% dei posti riservato alle selezioni dei funzionari interni in possesso del titolo di studio.

Ai fini di finanziare adeguatamente tale posizione, il Presidente dell’ARAN suggerisce di operare una riduzione delle troppe posizioni dirigenziali presenti soprattutto nei ministeri frutto di una crescita continua nel tempo del numero delle posizioni dirigenziali senza una reale necessità organizzativa, accrescendo così il numero e la retribuzione dell’area intermedia.

Ritiene così l’autore che il trattamento economico dei una EP – Elevata Professionalità potrebbe arrivare a 70.000 euro e quindi, con la soppressione di un posto da dirigente si potrebbero finanziare due posizioni di Elevata Professionalità, ricostruendo così un ordinamento con una struttura piramidale.

Allargando il campo di indagine e di azione.

Le considerazioni cui perviene l’autore sono ampiamente condivisibili ed ispirate da una precisa analisi dell’attuale situazione della Pubblica Amministrazione in relazione all’inquadramento ed alla valorizzazione delle professionalità.

Ciò non toglie che CIU UNIONQUADRI – sindacato dei quadri intermedi che ha avviato numerosissime azioni sul piano sindacale, politico e giudiziario per l’introduzione o meglio forse il riconoscimento dei quadri nell’ambito del Pubblico Impiego, abbia qualcosa da puntualizzare e da aggiungere.

L’obiettivo del sindacato dei quadri è sempre stato quello della costituzione di un’area professionale intermedia nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato collocata tra la dirigenza e l’area definita non dirigenziale, non solo come risposta ad una legittima aspettativa di molti pubblici dipendenti, ma come adeguamento alle esigenze di buon funzionamento della pubblica amministrazione.

L’obiettivo principale e diretto era quello di veder applicato anche nell’ambito del pubblico impiego, dopo le riforme a cavallo tra gli anni 90 e 2000, l’articolo 2095 del codice civile che vede i prestatori di lavoro suddivisi in operai, impiegati, quadri, dirigenti.

La Corte di Cassazione invece, riteneva, stante la specialità della disciplina del pubblico impiego, non applicabile al pubblico impiego l’articolo 2095 del codice civile laddove prevede l’esistenza della categoria dei quadri accanto a quelle dei dirigenti, degli impiegati e degli operai, in nome della specialità del pubblico impiego anche dopo l’avvenuta contrattualizzazione.

Detta specificità trovava effettivamente qualche riscontro nell’allora articolo 40 del DLGS 165/2001 che prevedeva sino all’entrata in vigore del DLGS 150/2009 che per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi o compiti scientifici dovevano essere stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto.

Anche questo sottile barlume di specificità professionale era limitato con l’entrata in vigore del DLGS 150/2009,  la norma di cui all’articolo 40, era modificata dall’articolo 54 del decreto nei seguenti termini: Nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.

Era quindi eliminata la possibilità di costituire un’apposita area dei quadri e ciò anche in ragione della netta opposizione delle confederazioni sindacali generaliste.

Già nel 2002 con la legge 145 (Frattini) era stata introdotta la Vice Dirigenza.

La legge che dapprima non trovava pratica attuazione da parte della contrattazione collettiva, stante la forte opposizione in particolare di alcune sigle sindacali confederali, era definitivamente abrogata.

La mancata attuazione di un’area quadri nell’ambito dell’impiego pubblico non si limitava a vanificare le istanze delle alte professionalità, ma causava e rivelava criticità nell’ambito del funzionamento della pubblica amministrazione.

L’esigenza di un’area intermedia e vicaria si manifestava infatti, allorquando con sentenza del 25 febbraio 2015, la Corte Costituzionale censurava le Agenzie Fiscali che nella mancanza di quadri intermedi in grado di coprire determinate posizioni, aveva attribuito incarichi dirigenziali a propri funzionari per assicurare la funzionalità delle misure di contrasto all’evasione.

La mancanza di un adeguato riconoscimento della categoria dei quadri era a suo tempo notato (siamo nel 1994) dal noto sociologo Aris Accornero che scriveva:

Il riconoscimento giuridico dei quadri non ha risolto i problemi dei quadri e tre sono le ragioni:

mancanza di una organizzazione rappresentativa;

gli imprenditori non vedono di buon occhio l’emergere della categoria;

poca considerazione da parte dei sindacati tradizionali; “

Nel mese di aprile, in piena pandemia, il Comitato Colao, era presentato dall’allora Presidente del Consiglio come un gruppo di esperti con il compito di ripensare i radicati modelli organizzativi sociali e di vita economica per la ripartenza del paese.

Per questo il Piano invocava una rapida trasformazione della nostra Pubblica Amministrazione verso l’auspicata efficienza e modernizzazione.

Si voleva così attuare un’attenta gestione e valutazione delle politiche attuate con fondi europei e rafforzare la cyber difesa.

Per raggiungere questi obiettivi, Il piano reputava fondamentale la costituzione ed il rafforzamento di un middle – management pubblico.

Nello specifico auspicava come le diverse amministrazioni avrebbero dovuto identificare le figure del middle management più suscettibili di beneficiare di interventi formativi di tipo manageriale.

Il piano considerava come il «middle-management» soprattutto nel settore pubblico fosse lo snodo chiave perché iniziative di modernizzazione e digitalizzazione abbiano successo. Alle competenze tecniche dei dipendenti si devono affiancare competenze manageriali diffuse.

Il «middle management» era ribadito, poteva così divenire un acceleratore dell’innovazione invece che costituire, come da molti temuto, un freno insuperabile sui processi rispetto alle competenze esterne.

Rilevava il Comitato come già esistessero quadri intermedi validi e facilmente professionalizzabili con interventi formativi, ma spesso ignorati e non premiati.

Di seguito, anche la necessità di attuare il PNRR metteva in luce la mancanza di risorse professionali qualificate non dirigenziali nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Il Sole 24 Ore in un articolo del 26 novembre 2023, evidenziava il problema relativo alla mancanza di figure professionali adeguate alla gestione di progetti complessi come quelli previsti dal piano, sottolineando come questo – unito all’aumento del costo delle opere – sia un fattore di rischio per la buona riuscita degli interventi.

Le esigenze appena sottolineate erano fatte proprie dal legislatore il quale con il decreto legge 9.6.2021 n.80 introduceva importanti modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001 riguardante l’inquadramento del personale.

Era quivi stabilito come i dipendenti pubblici, ad esclusione dei dirigenti e del personale della scuola, debba essere inquadrato in almeno 3 distinte aree funzionali con l’aggiunta, come vedremo, di una quarta area per le elevate professionalità.

Vengono così introdotti dei principi di legge sul tema specifico dell’inquadramento del personale.

Fermi questi principi, la norma stessa delega la contrattazione collettiva ad un individuare un’ulteriore aerea per inquadrarvi il personale ad elevata qualificazione.

Quindi ad evitare, come spesso accade, un generale trascinamento verso l’alto, la norma stabilisce come la contrattazione collettiva a venire per il periodo 2020 – 2021 potrà effettuare nuovi inquadramenti per il tramite di tabelle di corrispondenza, ad esclusione dell’area per le elevate professionalità.

Segue sul punto la contrattazione collettiva nel caso di specie quella del Comparto delle Amministrazioni Centrali.

Nel tradurre le disposizioni di legge appena indicate, essa individua la suddivisione del personale non dirigente in numero quattro aree di inquadramento.

Esso stabilisce in primo luogo l’inquadramento in quattro aree professionali per il personale non dirigente.

La titolazione delle aree è mutata nelle seguenti:

Area degli operatori;

Area degli assistenti;

Area dei funzionari;

Area delle elevate professionalità.

Il medesimo contratto delle Amministrazioni Centrali prevede che al fine di valorizzare le figure professionali del funzionari, le amministrazioni possano conferire agli stessi degli incarichi a termine di natura organizzativa o professionale compensati con apposita indennità.

Per quanto invece riguarda il personale che sarà inquadrato nell’area EP (Elevate Professionalità) il conferimento di incarichi è stabilito dalla contrattazione come obbligatorio (similmente a quanto accade per i dirigenti).

Alla luce di un siffatto e compiuto impianto normativo, forse possono apparire eccessive le preoccupazioni che traspaiono dal breve articolo del Presidente dell’ARAN con il quale abbiamo introdotto questo scritto.

In realtà traspare la preoccupazione che è anche la nostra che, senza un adeguata interlocuzione della categoria dei quadri anche come soggetti contrattuali, la loro specificità in ambito lavorativo, tarderà a manifestarsi ed a conservarsi.

Fabio Petracci

Le nuove progressioni verticali nella PA: a chi appartiene la giurisdizione?

Con il DL n.80/2021, sono state ampliate le modalità di ricorso alle progressioni verticali tra aree professionali nell’ambito del pubblico impiego.

E’ stata infatti attribuita amplia delega alla contrattazione collettiva per attuare progressioni verticali interne nell’ambito dell’inquadramento nella pubblica amministrazione, basate sulla valutazione di precisi criteri meritocratici indicati dalla legge – dl 80/2021- che è andata a modificare l’articolo 52 del DLGS 165/2001 stabilendo al comma 1 bis di quest’ultima disposizione di legge che: “le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono pertanto per il  tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti.”

Dunque le nuove progressioni verticali si realizzeranno attraverso procedure comparative che almeno in parte si discostano dalle procedure concorsuali.

Ciò, diversamente dai rigidi limiti imposti dal DLGS 150/2009, il quale consentiva le procedure di progressione verticale esclusivamente tramite l’espletamento di procedure concorsuali e con la riserva del 50% dei posti al personale interno.

Per quanto riguarda quest’ultimo limite, il TAR Sicilia con la sentenza 2406/2023 ha ritenuto che successivamente all’introduzione dell’articolo 52 bis del DLGS 165/2001 non sussiste obbligo alcuno di riserva in capo all’amministrazione nell’effettuare le progressioni verticali.

Quindi, se ne deduce che non si impone all’amministrazione di attuare una contestuale procedura concorsuale, ma di attuare nella misura del 50% altrettante procedure di assunzione per il personale esterno che può avvenire tramite concorso, ma anche mediante scorrimento delle graduatorie o mobilità volontaria nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni.

Diversi pareri dell’ARAN hanno ammesso la possibilità per gli enti, almeno nell’ambito della procedura transitoria sino al 31 dicembre 2025, di prevedere l’espletamento di un colloquio finalizzato ad accertare le competenze professionali (parere protocollo n.5318/2023).

Resta quindi da verificare, meglio puntualizzando la differenza tra procedura comparativa e procedura concorsuale, la sussistenza, in caso di controversia, della giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo.

Di recente, i giudici amministrativi hanno ribadito che anche nel caso di procedure per la progressione verticale permane la giurisdizione del giudice amministrativo.

In proposito, il TAR Lazio Sezione Roma con la sentenza n.10265/2023 ha stabilito la propria giurisdizione sul presupposto per cui nelle progressioni verticali le selezioni riservate ai dipendenti interni si considerano come rivolte all’assunzione, in quanto il passaggio ad aree qualitativamente diverse comporterebbe una novazione del rapporto di lavoro equiparabile ad una assunzione con conseguente giurisdizione giudice amministrativo.

Il TAR Lazio nel pronunciarsi in merito richiama la sentenza 8985/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ebbero però a pronunciarsi prima dell’entrata in vigore del DL 80/2021.

Quest’ultima pronuncia delle Sezioni Unite in tema di giurisdizione aveva già affermato il concetto in base al quale per “procedure concorsuali di assunzione” – attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, perché ascritte al diritto pubblico ed all’attività autoritativa dell’amministrazione – si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro (come le procedure aperte a candidati esterni, ancorché vi partecipino soggetti già dipendenti pubblici), ma anche i procedimenti concorsuali interni, destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in “aree” funzionali o categorie più elevate, con “novazione oggettiva” dei rapporti di lavoro (Cass., Sez. un., 26 marzo 2014, n. 7171; Cass., Sez. un., 20 dicembre 2016, n. 26270; Cass., Sez. un., 9 aprile 2010, n. 8424 e n. 8425);

In pratica di fronte al sicuro mutamento della procedura di accesso alla progressione verticale, non muta la giurisdizione in quanto quest’ultima non è tanto legata alla natura della procedura selettiva che può essere o meno concorsuale, ma all’esito della stessa finalizzato all’accesso in un nuovo contesto lavorativo equivalente ad una nuova assunzione.

Di conseguenza, qualora insorgano contenziosi in merito alle selezioni per le progressioni verticali, il giudice da adire, dovrebbe essere, salvo mutamenti degli orientamenti giurisprudenziali, il giudice amministrativo.

Fabio Petracci

Corte Costituzionale – Maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità (RIA) spetta ai dipendenti pubblici.

La sentenza n. 4/2024 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge n.388/2000, che era intervenuto, in via retroattiva, per escludere l’operatività delle maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità (RIA) dei dipendenti pubblici in relazione al triennio 1991-1993.

Nel dettaglio, l’istituto della RIA era stato disciplinato dal D.P.R. n. 44/1990, il quale aveva recepito l’accordo sindacale del 26 settembre 1989 concernente il personale dei Ministeri: erano riconosciute maggiorazioni della RIA in favore del personale che “alla data del 1° gennaio 1990” avesse “acquisito esperienza professionale con almeno cinque anni di effettivo servizio” o che avesse maturato “detto quinquennio nell’arco della vigenza contrattuale” Ulteriori maggiorazioni erano previste nel caso di maggiore anzianità di servizio.

Quindi, il d.l. n.384/1992 prorogava al triennio 1991-1993 l’efficacia di tali disposizioni, la cui scadenza originaria era fissata al 31 dicembre 1990.

Successivamente, l’art. 51, comma 3, della legge n. 388/2000 aveva espressamente escluso che la proroga al 31 dicembre 1993 dell’intera disciplina contenuta nel d.P.R. n. 44/1990 potesse estendere anche il termine per la maturazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’ottenimento della maggiorazione della RIA.

La Corte Costituzionale nella sentenza in commento rileva come l’art. 51, comma 3 della legge n. 388/2000 sia entrato in vigore il 1° gennaio 2001 e quindi, ben nove anni dopo la proroga disposta dal d.l. n.384/1992, in un momento in cui risultavano pendenti diversi giudizi promossi da dipendenti nei confronti di amministrazioni pubbliche, stante l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato favorevole alle richieste dei lavoratori.

Il legislatore è dunque intervenuto col fine specifico di superare tale orientamento giurisprudenziale, nella consapevolezza della grande diffusione del contenzioso promosso dai dipendenti pubblici per il riconoscimento delle maggiorazioni della RIA in relazione al triennio 1991-1993, come peraltro precisato nella documentazione predisposta dagli uffici parlamentari a illustrazione dei contenuti della norma.

Il controllo di costituzionalità diviene ancor più stringente qualora l’intervento legislativo retroattivo incida su giudizi in corso, specialmente nel caso in cui sia coinvolta nel processo un’amministrazione pubblica.

Infatti, tanto i principi costituzionali relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale, quanto i principi concernenti l’effettività della tutela giurisdizionale e la parità delle parti in giudizio, impediscono al legislatore di risolvere, con legge, specifiche controversie e di determinare, per questa via, uno sbilanciamento tra le posizioni delle parti coinvolte nel giudizio.

Pertanto l’art. 51, comma 3 della legge n. 388/2000, avendo introdotto una norma innovativa ad efficacia retroattiva, si è posta in contrasto con i principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio, sanciti dagli artt. 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, Cost, quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, nonché con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e certezza dell’ordinamento giuridico di cui all’art. 3 Cost: ne è dunque conseguita la dichiarazione di illegittimità costituzionale.