Corte Costituzionale n. 88/2022, pensione reversibilità per nipoti maggiorenni inabili

La decisione della Corte arriva in ragione della sollevazione della questione di legittimità costituzionale da parte della Suprema Corte di Cassazione con riferimento all’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818 nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti.
La Corte Costituzionale sottolinea che la ratio della reversibilità dei trattamenti pensionistici consiste nel farne proseguire, almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi, così, ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto.
Si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattività della solidarietà familiare proiettando il relativo vincolo la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte.
Ciò posto, il rapporto di parentela tra l’ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, con conseguente fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost.
Se, infatti il legame sotteso al rapporto tra nonno e nipote minorenne, come presupposto per l’accesso al trattamento pensionistico di reversibilità, deve essere ritenuto meritevole di tutela, analoga valutazione di meritevolezza, collegata al fondamento solidaristico, non può non riguardare anche il legame familiare tra l’ascendente e il nipote, maggiore di età, orfano e inabile al lavoro.
La relazione appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di età, per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacità del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo.
È illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del decuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione.
Non viene nemmeno accolta la tesi della difesa erariale relativa alla differenziazione dovuta alla limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore età) e della (in astratto) più lunga durata dell’aspettativa di vita del nipote maggiorenne inabile al lavoro.
Tale differenza non è dirimente ai fini della spettanza di un diritto che ha matrice solidaristica, a garanzia delle esigenze minime di protezione della persona.
Deve, in conclusione, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati.

Avv. Alberto Tarlao

La Previdenza nella Legge di Bilancio 2022

Il Consiglio dei Ministri ha dato via libera alla legge di Bilancio 2022, il disposto normativo interviene, in materia di previdenza, con i sottoelencati articoli:

  • Art. 22 disposizioni integrative del trattamento di pensione anticipata;
  • Art. 23 fondo per l’uscita anticipata dei lavoratori dalle imprese in crisi;
  • Art. 24 modifica della normativa sull’Ape sociale;
  • Art. 25 opzione donna;
  • Art. 25 Istituzione di un fondo per interventi in materia di previdenza nel personale
    delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Ci preme fare una doverosa premessa prima di scendere nel dettaglio dei contenuti degli articoli: La quota 102 approdata in Legge di bilancio in sostituzione della quota 100, rischia di aggiungere ulteriore confusione al nostro panorama previdenziale.

I lavoratori italiani, alla luce del fatto che il 31 dicembre 2021 verrà meno la quota 100, una misura di per sé già criticabile in quanto sperimentale ed adatta solo ad alcune persone che hanno centrato i requisiti richiesti, avrebbero avuto ora più che ma bisogno, per scongiurare il rischio ‘scalone’, di un provvedimento strutturale che facesse chiarezza e non certo di una misura che andasse nuovamente ad innalzare il requisito anagrafico, rendendo anche quota 102 inutilizzabile dai quarantunisti, che sono rimasti nuovamente ‘a bocca asciutta’.

Assurdo questo perpetuarsi di un sistema a quote, la pensione è un diritto e non può identificarsi con un ipotetico terno al lotto.

Concordiamo invece sulla scelta di prorogare ufficialmente l’Ape sociale per un ulteriore anno, e ancor più concordiamo sul fatto che siano già stati messi a bilancio i fondi per la misura fino al 2027, in quanto questo particolare va nella direzione di una riforma ‘strutturale’ che era stata richiesta in ogni campo.

Importante soprattutto aver provveduto all’ampliamento delle categorie considerate gravose, in quanto procede nella giusta e corretta logica del “non tutti i lavori sono uguali”.

Non trova invece il nostro accoglimento la modifica effettuata sulla misura opzione donna, aggiungere due anni anagrafici ad una misura pensata per le donne, l’unica attualmente in vigore nel nostro sistema previdenziale e che già presuppone una scelta ragionata in quanto il ricalcolo dell’assegno è interamente contributivo, pare un ulteriore penalizzazione nei confronti di una categoria già duramente penalizzata. Si spera che qualcosa possa ancora essere fatto in tal senso al fine di ripristinare per lo meno i requisiti precedentemente vigenti, anche per non creare discriminazioni tra quante hanno già potuto beneficiare dell’opzione donna e ne potranno beneficiare fino al 31/12/2021 rispetto a chi ne potrà beneficiare dal 1/1/2022.

Di seguito, nel dettaglio, le misure approvate.

Art. 22 disposizioni integrative del trattamento di pensione anticipata
All’art.14, comma 1, dl n.4/2019, i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui al primo periodo del presente comma sono determinati in 64 anni i età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva per i soggetti che maturano i requisiti nell’anno 2022
.

Dal 1° gennaio 2022 si potrà accedere al trattamento anticipato di pensione in presenza di 64 anni di età e 38 anni di contribuzione. Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione è confermata la possibilità di cumulare la contribuzione presente in diverse gestioni, purché i periodi non coincidenti.

Sono confermate le regole di incumulabilità con il possesso di redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad accezione di quelli derivati da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5000 euro lordi annui.
Il divieto di cumulo viene meno dal primo giorno di perfezionamento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

Le vecchie regole previste da “quota 100” per il comparto del pubblico impiego son riconfermate nella nuova misura di accesso al pensionamento anticipato e, precisamente, una finestra mobile di sei mesi e l’obbligo di comunicare all’amministrazione di appartenenza, il collocamento a riposo con un preavviso di sei mesi.

Il personale del comporto scuola ed AFAM per accedere al beneficio economico, in presenza del soddisfo dei requisiti previsti, dovrà presentare richiesta di cessazione del servizio entro il 28 febbraio 2022.

La richiesta di beneficio della prestazione pensionistica può essere presentata anche in data successiva al 31 dicembre 2022 a condizione che i requisiti siano soddisfatti entro tale data. (Stiamo parlando della cristallizzazione del diritto).

Art.23 fondo per l’uscita anticipata dei lavoratori dalle imprese in crisi:
I lavoratori delle piccole e medie aziende in crisi potranno accedere a una forma di pensionamento anticipato in presenza di un’età anagrafica pari o superiore a 62 anni. E’ stato istituito, a tale scopo, presso il Ministero dello sviluppo economico uno specifico fondo, con una dotazione economica di:
200 milioni di euro per il 2022;
200 milioni di euro per il 2023;
200 milioni di euro per il 2024.
E’ compito, dello stesso Ministero, emanare nei 60 giorni successivi l’entrata in vigore della legge di bilancio, i criteri, le procedure e i termini per la gestione delle richieste.

Art. 24 Modifica della normativa dell’APE SOCIALE.
Confermato al 31 dicembre l’istituto normativo dell’APE SOCIALE.
Il provvedimento licenziato dal Governo è stato modificato al comma 179 lettera a) e d), nello specifico:

  1. in presenza di lavoratori disoccupati è stata eliminata la condizione di esclusione dal beneficio se non in presenza della conclusione della prestazione di
    disoccupazione da almeno tre mesi;
  2. E’stata estesa la platea delle lavorazioni gravose implementando la tabella delle attuali 15 categorie portandola a 23 voci. Le mansioni sono riportate nell’allegato A.

E’ opportuno evidenziare come, se anche la scadenza della norma sia stata prorogata al 31 dicembre 2022, la dotazione finanziaria a copertura è stata programmata fino all’anno 2027 in una logica di parziale modifica strutturale.

L’autorizzazione di spese è stata incrementata di:
141,4 milioni di euro per il 2022;
275,0 milioni di euro per il 2023;
247,6 milioni di euro per il 2024;
185,2 milioni di euro per l’anno 2025;
104,5 milioni di euro per l’anno 2026;
16,9 milioni di euro per l’anno 2027.

ART. 25 Opzione Donna
Art. 16, comma 1, Dl n. 4/2019, il trattamento pensionistico di cui al primo periodo del presente comma è altresì riconosciuto nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età pari o superiore a 60 anni per le lavoratrici dipendenti e 61 anni per le lavoratrici autonome.

La pensione è calcolata interamente con il sistema contributivo e restano confermat le finestre già in vigore.

A cura del dott. Domenico Cosentino.

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Assegno Unico Universale (Family Act). Assegno Temporaneo Domanda entro il 30 settembre per il diritto alle somme arretrate.

Sulla G.U. n.82 del 6 aprile 2021 è stata pubblicata la legge 1° aprile 2021, n.46 Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno della familiarità attraverso l’assegno unico universale (Family Act). Il Governo, entro dodici mesi dalla data di entrate in vigore del provvedimento, dovrà provvedere all’adozione di decreti legislativi volti a potenziare secondo un principio universalistico, gli interventi in favore della famiglia procedendo a una soppressione degli istituti attualmente vigenti (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali).  In attesa di provvedimenti attuativi, la misura strutturale è stata rinviata al 2022, è stata decretata una misura “ponte” per il periodo compreso tra il 1° luglio 2021 e il 31 dicembre 2021 che si riferisce a particolari categorie di beneficiari.

MISURA PONTE  Luglio/dicembre 2021

A decorrere dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021 ai nuclei familiari che non abbiano diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’art.2 del decreto-legge 13 marzo 1988 n. 69, convertito con modificazioni dalla legge L. n. 153/88 è riconosciuto mensilmente un assegno temporaneo a patto che vi sia da subito il contestuale soddisfo di determinati requisiti.

SOGGETTI INTERESSATI:

  • Lavoratori autonomi;
  • Liberi professionisti;
  • Disoccupati di lunga durata;
  • Lavoratori dipendenti esclusi dal beneficio degli assegni familiari per motivi di reddito;
  • Percettori del reddito di cittadinanza    

L’assegno temporaneo è liquidato solo se, alla data di presentazione della domanda e per il tutta la durata del beneficio,  vengono soddisfatti sia i requisiti di natura soggettiva che i requisiti di natura economica.

 Nello specifico:

REQUISTO SOGGETTIVO

  • Essere cittadino italiano o cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno;
  • Essere cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europa, in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale;
  • Essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • Essere domiciliato e residente in Italia;
  • Avere figli a carico fino al compimento del 18° anno di età;
  • Essere residente in Italia da almeno due anni, anche non continuativi oppure essere titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato di durata non inferiore a sei mesi.

REQUISITO ECONOMICO

Il nucleo familiare del richiedete deve essere in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al DPCM 159/2013 in corso di validità.

L’importo dell’assegno temporaneo è parametrato ai valori dell’ISEE con un importo massimo, per figlio minore, di 167,50 euro in presenza di nuclei familiari con due figli minori e 217,8 in presenza di nuclei familiari con tre figli minori.
Gli importi diminuiscono con l’aumento del valore ISEE così come evidenziato nell’allegato 1 del decreto-legge n. 79/2021.

L’importo dell’assegno, così come individuato nell’all.1 è maggiorato di 50 euro per ogni figlio minore affetto da disabilità.

ASSEGNO UNICO TEMPORANEO E REDDITTO DI CITTADINANZA

Il beneficio è compatibile con il reddito di cittadinanza. Per i nuclei familiari percettori del Reddito di Cittadinanza l’INPS corrisponde d’ufficio l’importo dell’assegno fino a concorrenza dell’importo dell’assegno spettante per ciascuna mensilità. Il beneficio è calcolato sulla differenza tra il valore dell’assegno e la quota di RdC relativa ai figli minori presenti nel nucleo considerando la rivalutazione operata secondo i parametri della scala di equivalenza.
Il valore della scala di equivalenza è pari a 1 per il primo componente e viene incrementato di 0,4 per ogni componente maggiorenne e di 0,2 per ogni componente minorenne fino a un massimo di 2,1.

DOMANDA
La domanda può essere trasmessa tramite il portale web, utilizzando l’apposito servizio online raggiungibile direttamente dalla homepage per portale INPS, accedendo tramite le proprie credenziali, o tramite i soggetti  autorizzati  (patronati).
Il beneficio decorre dal mese successivo alla presentazione della domanda.
Sulle richieste presentate entro il 30 settembre 2021 verranno liquidate le competenze arretrate maturate da luglio 2021.
Il pagamento avviene con accredito su IBAN del richiedente, oppure mediante bonifico domiciliato.

In caso di affido condiviso di minori l’importo viene liquidato al 50% a ciascun genitore.

I lavoratori dipendenti, i percettori di integrazione salariale, dovranno continuare a presentare la richiesta di ANF tramite la procedura telematica già in uso come richiamato nella circolare INPS n. 45 del 22 marzo 2019.

Ai soggetti già percettori di assegni familiari di cui all’art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 153 è riconosciuta, limitatamente al periodo compreso tra il 1° luglio 2021 e il 31 dicembre 2021 una maggiorazione di:
–          37,50 euro per ciascuno figlio, per i nuclei familiari fino a due figli;
–          55,00 euro per ciascuno figlio, per i nuclei familiari fino di almeno tre figli;

L’assegno temporaneo, fino alla completa attuazione dell’assegno unico universale, legge 46/2021, ed in ogni caso fino al 31 dicembre 2021 è compatibile con:

  • Reddito di cittadinanza;
  • Prestazioni in denaro in favore dei figli a carico erogate dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali;
  • Misure indicate all’articolo 3, comma 1 lettere a) e b) della legge 46/201 (assegno nuclei familiari con almeno tre figli minori; premio alla nascita; bonus bebè; detrazioni fiscali);
  • Assegni familiari previsti dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 ( coltivatori diretti, coloni e mezzadri, piccoli coltivatori diretti, pensionati di queste gestioni e i pensionati delle gestioni speciali lavoratori autonomi)
L’importo dell’assegno nel periodo compreso dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021 è riconosciuto ai figli di età inferiore a 18 anni e no 21 anni come previsto dalla norma originaria della legge 46/2021.

Intervento a cura del dott. Domenico Cosentino

Sicurezza Sociale Internazionale: Convenzione Bilaterale Italia/Stati Uniti. Il principio della territorialità e le sue eccezioni.

Prima dell’entrata in vigore della convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti, accadeva che un lavoratore dipendente o autonomo fosse costretto, al verificarsi di determinate condizioni, a versare i propri contributi previdenziali in entrambi i paesi. Si verificava, in altre parole, una doppia imposizione contributiva nei confronti del lavoratore che determinava effetti distorsivi evidenti, contrari ad ogni principio di equità. Un’ impasse a cui la convenzione tra i due paesi, stipulata nel maggio del 1973, ha posto fine. L’accordo bilaterale ha, infatti, realizzato un coordinamento tra i due diversi sistemi di sicurezza sociale, così da evitare la doppia imposizione contributiva nel paese di origine e in quello di lavoro. La convenzione è stata successivamente ratificata con la legge 86/1975 ed è entrata in vigore il 1°novembre 1978, salvo poi essere stata oggetto di una revisione, con l’accordo aggiuntivo del 1984, ratificato con la legge 609/1985 ed entrato in vigore il 1°gennaio 1986.

Il trattato, secondo quanto stabilito dall’art. 2, si applica: “alla legislazione di sicurezza sociale delle prestazioni pensionistiche per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (dei lavoratori dipendenti e autonomi NDR)”.

In particolare, per quanto riguarda l’Italia, ha ad oggetto l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonché ai trattamenti di previdenza sostitutivi dell’assicurazione generale. Si pensi ai fondi speciali di previdenza per i lavoratori dello spettacolo, gestiti

dall’ENPALS, o i fondi per i giornalisti e dirigenti di aziende amministrati rispettivamente dall’INPGI ed ex INPDAI, che dal 2003 è confluito nell’INPS.

Per quanto attiene, invece, alle prestazioni pensionistiche erogate dagli Stati Uniti, si fa riferimento ai contributi previdenziali e sanitari costituiti dal “Social Security” e “Medicare tax” che costituiscono le due parti del “Federal Insurance Contributions Act” (FICA), altresì noto come “Old, Age, Survivor, and Disability Insurance ” (OASDI), fortemente voluto dal presidente Roosevelt negli anni successivi alla Grande Depressione del 1929, gestiti dalla Social Security Administration statunitense.

L’articolo 7 della convenzione sancisce: “salvo quanto diversamente disposto nel presente articolo, le persone alle quali si applica il presente accordo che, svolgono la loro attività sul territorio di uno stato contraente, sono soggette alla legislazione di tale stato”. In linea generale, il trattato applica il principio della territorialità dell’obbligo contributivo previdenziale, in base al quale un lavoratore rimane soggetto esclusivamente ai doveri contributivi del paese in cui lavora.

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Concetto ribadito dall’art. 18, 2º comma, del trattato contro le doppie imposizioni tra l’Italia e gli Stati Uniti, del 1999, secondo cui: “i versamenti erogati da uno Stato contraente ad un residente di un altro stato

contraente in base a disposizioni sulla sicurezza sociale od analoga legislazione di detto stato sono imponibili solamente nello stato di residenza del beneficiario”.

In ambito nazionale è bene ricordare che tale principio trae fondamento dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 37, il quale stabilisce che le assicurazioni per l’invalidità e per la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, salvo le esclusioni previste dallo stesso decreto, sono obbligatorie per le persone di ambo i sessi e di qualsiasi nazionalità che abbiano compiuto l’età di 15 anni e non superata quella di 65 anni, e che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri.

Il cui scopo, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza di settore, è “ancorare le condizioni del costo del lavoro al principio di parità tra lavoratori e di proteggere il sistema statale da pratiche interne al mercato del lavoro atte ad alterare, al ribasso, le dinamiche concorrenziali” Ex multis C. Cass. 6601/2018 e 4625/2020. Il principio è stato adottato anche dalla legislazione della Comunità Europea (vedasi art. 13, comma

2º, lett. a, del Reg. CEE del 14 giugno 1971 n. 1408) ai sensi del quale: “il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’;impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro”. Il regolamento comunitario è stato profondamente modificato da numerosi interventi del legislatore, si pensi al Reg. CE 83/2004, come integrato dai successivi regolamenti 988/2009, 1244/2010, 465/2012 e, infine, 1224/2012. Al pari della normativa comunitaria anche quella

extracomunitaria, evolutasi nei numerosi trattati sottoscritti dall’Italia, ha fatto proprio il principio inserendo una condizione di reciprocità, in modo da tutelare il lavoratore garantendogli una continuità contributiva previdenziale.

A questo principio generale, tuttavia, si applicano alcune deroghe. Pensiamo al caso del distacco del lavoratore (ai sensi dell’art. 30 D.Lgs 276/2003) che, per motivi di lavoro, venga trasferito dall’azienda italiana negli Stati Uniti presso una sussidiaria di quest’ultima. Trattandosi di un

trasferimento temporaneo e non definitivo, sebbene in molti casi non si possa effettuare una quantificazione temporale (purchè si rimanga nel limite massimo dei 5 anni), al lavoratore distaccato è concessa la possibilità di esercitare un’opzione circa la legislazione sociale a lui applicabile in materia pensionistica. Invero egli potrà scegliere, entro 3 mesi dall’inzio della prestazione lavorativa, se versare i contributi all’Inps oppure al Social Security statunitense. Nel caso in cui opti per mantenere la contribuzione in Italia, la sussidiaria statunitense effettuerà una trattenuta in busta paga dei contributi che verserà direttamente all’INPS. L’opzione, ai sensi della normativa statunitense, è

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modificabile già dal secondo anno o nel caso in cui il lavoratore ottenga o perda il permesso di soggiorno, attraverso il formulario del distacco IT/USA/4, denominato certificato di copertura. Tale modello può essere richiesto sia del datore di lavoro che del lavoratore stesso alla competente

istituzione statunitense, Social Security Administration, che dovrà rilasciarlo. L’accordo si applica in maniera speculare anche ai cittadini americani che lavorino in Italia alle dipendenze di una società

americana o della filiale o consociata italiana di una società americana.

Un’ulteriore deroga al principio generale si ha nell’ipotesi di un cittadino italiano in possesso di doppia cittadinanza sia egli sia un lavoratore autonomo, che un lavoratore dipendente. Anche in tale ipotesi è attribuito al lavoratore il potere di scegliere dove versare i suoi contributi previdenziali.

L’art. 7, comma 4 b, statuisce al riguardo: “il cittadino italiano o colui che possiede la cittadinanza di ambedue gli stati, il quale, per lo stesso periodo di lavoro, sarebbe soggetto alla legislazione di ambedue gli stati, opterà per tale periodo per la legislazione di uno degli stati ed è esente dalla legislazione dell’altro stato”. Ne deriva che un lavoratore italiano, in possesso di doppia cittadinanza, che intenda optare per la copertura

previdenziale italiana dovrà scrivere all’INPS e ottenere l’esonero contributivo dalla corrispondente autorità americana. Viceversa, se vorrà avvalersi del sistema statunitense, dovrà scrivere alla Social Security Administration, ed ottenere l’esonero da parte dell’INPS.

Ai fini pensionistici, infine, un lavoratore che abbia lavorato in entrambi i paesi ed ivi versato i propri contributi, avrà la possibilità di totalizzare i contributi, a condizione che egli abbia un periodo minimo di assicurazione e contribuzione nel paese che concede la pensione: in Italia pari a 52

settimane, negli Stati Uniti a 78. 

La totalizzazione dei periodi assicurativi consente all’assicurato di cumulare periodi di lavoro, svolti in paesi diversi, al fine di maturare il diritto alla pensione. In altri termini, l’anzianità contributiva, maturata presso ogni stato, è conservata dal lavoratore fino al raggiungimento del

diritto alla pensione. La totalizzazione non prevede oneri a carico dell’assicurato, né comporta il trasferimento dei contributi da un paese ad un altro o la ricongiunzione delle varie posizioni assicurative. Tuttavia, consente a ciascun paese di tener conto, ai soli fini dell’accertamento del

diritto alla pensione, dei contributi maturati. I paesi interessati saranno, quindi, debitori solo dellaprestazione relativa ai contributi versati nei propri sistemi previdenziali, secondo un sistema di calcolo “pro-rata”. Ne consegue, che la misura della pensione sarà calcolata dall’INPS unicamente sulla base dei contributi effettivamente versati in Italia. La pensione statunitense, invece, sarà calcolata dalla Social Security Administration sulla base dei contributi ivi versati, alla decorrenza dei

requisiti previsti dalla normativa americana. Un esempio ci aiuterà a capire meglio: ipotizziamo che

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Maria consegua la pensione con 42 anni di contributi, di cui 25 accreditati in Italia e 17 negli Stati Uniti. L’importo della pensione verrà versato in misura proporzionale, in base al pro-rata, nel seguente modo: l’assegno pensionistico italiano sarà pari a 25/42 della pensione totale, pari al 59,5%,

mentre quello americano a 17/42, ossia il 40.5%.

Francesco Rizzo Marullo

Avvocato in Boston

PENSIONI – Importante ordinanza della Corte dei Conti di rimessione alla Corte Costituzionale.

Pubblichiamo un’importante ordinanza della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia di rimessione alla Corte Costituzionale in materia pensionistica.
Scarica il pdf dell’ordinanza

Legittimo il mantenimento della trattenuta del 2,5% per il lavoratore al passaggio dal TFS al TFR.

Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n. 23115 del 17/9/2019
Pubblico impiego – fondo espero – passaggio volontario da TFS a TFR – sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 comma 19 L. 448/1998 – conseguente richiesta rimborso dell’importo del 2,50 mensile trattenuto sullo stipendio – rigetto del ricorso  


La Corte respinge il ricorso di una lavoratrice che, passata volontariamente dal regime di TFS a quello di TFR, chiedeva la ripetizione dell’importo del 2,50 mensile trattenuto sullo stipendio in ragione del disposto dell’art. 26 comma 19 della legge n. 448/1998, articolo di cui la ricorrente chiedeva, preliminarmente, che fosse sollevata questione di illegittimità costituzionale. Gli Ermellini infatti ricordano che: “La problematica posta …è stata esaminata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 213 del 2018, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 19, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per violazione degli artt. 3 e 36 Cost., nella parte in cui, nel disciplinare il passaggio dei lavoratori alle dipendenze delle PP.AA. dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto, ha demandato a un D.P.C.M. il compito di definire, ferma restando l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all’applicazione del trattamento di fine rapporto. La Consulta ha argomentato che il principio dell’invarianza della retribuzione netta, con i meccanismi perequativi tratteggiati in sede negoziale, mira proprio a garantire la parità di trattamento, nell’àmbito di un disegno graduale di armonizzazione, e non contrasta, pertanto, con il principio di eguaglianza, né determina la violazione del diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, in ragione del trattamento complessivo previsto e non già della ponderazione di una sua singola componente.”  

La sentenza:

Cassazione Civile Sezione Lavoro 17-09-2019, n. 23115

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13935/2016 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENUTI 30, presso lo studio dell’avvocato SILVIA CRETELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO CRETELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1376/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 20/11/2015 R.G.N. 449/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIO CRETELLA.

Svolgimento del processo

1. L.A. ha adito il Tribunale di Nocera inferiore e, premesso di essere dipendente a tempo indeterminato del MIUR in regime di TFR in virtù dell’opzione contrattuale esercitata con l’adesione al cosiddetto “fondo espero” che consentiva, appunto, il passaggio volontario dei dipendenti in regime di TFS al regime di TFR, chiedeva la ripetizione dell’importo del 2,50% mensile che assumeva illegittimamente trattenuto sul proprio stipendio in quanto non più giustificato.

2. La Corte d’appello di Salerno, in riforma della sentenza del tribunale, rigettava la domanda. Argomentava che la trattenuta operata dal Ministero era da considerarsi legittima perchè prevista dalla normativa risultante dalla L. n. 448 del 1998, art. 26, comma 19, e dal successivo D.P.C.M. 20 dicembre 1999.

3. Avverso la sentenza L.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito il MIUR con controricorso.

Motivi della decisione

4. Con i motivi di ricorso la ricorrente deduce, in via pregiudiziale, la questione di legittimità costituzionale della L. n. 448 del 1998, art. 26, comma 19, per violazione degli artt. 3 e 36 Cost.. Sostiene che tale disposizione, dalla quale è promanato il D.P.C.M. del 20/12/1999 – che stabilisce al comma tre che per assicurare l’invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti nei confronti dei quali si applica quanto disposto dal comma due, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali – confliggerebbe con i richiamati precetti costituzionali.

5. Deduce, quindi, violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con l’art. 112 c.p.c., e lamenta che la sentenza gravata abbia omesso di valutare l’eccezione sollevata nella memoria difensiva in appello che rilevava come con la difesa innanzi al giudice di prime cure il MIUR si fosse limitato ad eccepire l’estinzione del giudizio ai sensi del D.L. n. 185 del 2012, e della L. n. 228 del 2012, senza contrastare la domanda sulla base della normativa poi applicata nella sentenza gravata.

6. Infine, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost., e dell’art. 2120 c.c., e lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto legittima l’applicazione di una norma contenuta in un provvedimento di natura regolamentare, che riproduce il contenuto della legge oggetto della pronuncia di incostituzionalità contenuta nella sentenza n. 223 del 2012.

7. Il ricorso non è fondato.

Con riguardo al secondo motivo, da esaminarsi per primo in quanto logicamente preliminare, basta qui ribadire che il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, anche in difformità rispetto alle indicazioni delle parti, incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti (Cass. n. 13945 del 03/08/2012, n. 5153 del 21/02/2019). Correttamente quindi la Corte d’appello ha sottoposto al proprio vaglio la correttezza della soluzione adottata dal Tribunale, a ciò investita dall’appello del MIUR che la contestava, senza che tale facoltà fosse preclusa al Ministero dalle difese in diritto assunte in primo grado.

8. La problematica posta con gli altri due motivi è stata esaminata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 213 del 2018, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 19, per violazione degli artt. 3 e 36 Cost., nella parte in cui, nel disciplinare il passaggio dei lavoratori alle dipendenze delle PP.AA. dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto, ha demandato a un D.P.C.M. il compito di definire, ferma restando l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all’applicazione del trattamento di fine rapporto. La Consulta ha argomentato che il principio dell’invarianza della retribuzione netta, con i meccanismi perequativi tratteggiati in sede negoziale, mira proprio a garantire la parità di trattamento, nell’ambito di un disegno graduale di armonizzazione, e non contrasta, pertanto, con il principio di eguaglianza, nè determina la violazione del diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, in ragione del trattamento complessivo previsto e non già della ponderazione di una sua singola componente.

9. Segue coerente il rigetto del ricorso.

10. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

11. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno

Quota 100 e la legge 4/2019 – una pluralità di opzioni pensionistiche

Il DL 4/2019 – quota 100 ed altri interventi in materia pensionistica – intervento al Convegno di Udine del 19.9.2019.

  1. Le caratteristiche più recenti della normativa previdenziale.

In qualche modo la materia previdenziale riveste ormai un ruolo strettamente dipendente dall’economia nazionale e dalla politica di bilancio, nonché dei frequenti cambi di governo. Per tale motivo assistiamo ad una frequenza quasi costante di interventi che riduce al minimo il carattere di generalità e sistematicità della legge.

  • I principali interventi legislativi che si sono succeduti negli anni 90.

 E’ questo il periodo dove le pressioni di bilancio dell’ente pensionistico hanno indotto i governi a diversi interventi legislativi che gradualmente hanno modificato il regime della previdenza. Così nel 1992 con il DLGS 503/92 , era dato corso all’inversione di rotta che istituiva un doppio sistema di calcolo determinando così sulla base dell’ultimo stipendio il solo periodo antecedente l’1.1.1993.

La successiva legge 335/95 (Riforma Dini) introduceva per il calcolo delle pensioni il metodo contributivo applicato agli assunti dopo l’1.1.1996 per i restanti pensionanti erano applicati dei sistemi di calcolo misti (contributivo/retributivo) in base all’anzianità alla data dell’1.1.96.

  • Un ulteriore passaggio fondamentale, la legge 214/2011 (Fornero), segna una notevole svolta nell’ambito della disciplina pensionistica.

E’ così abolita la pensioni di anzianità.

Rimane la pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 di contribuzione.

E’ introdotta al posto della pensione di anzianità, la pensione di vecchiaia anticipata base contributiva, data da 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.

Sono così eliminate le quote con età e contribuzione per raggiungere la pensione, sono pure eliminate le cosiddette finestre.

Sono attivati per modificare periodicamente i requisiti pensionistici i cosiddetti indici di aspettativa di vita.

  • Correttivi ed eccezioni.

 La riforma Fornero rispecchiava un intervento di emergenza e costruito in breve tempo.

Accanto alle regole generali appena introdotte, si affiancavano pertanto dei correttivi e delle eccezioni.

La prima era l’opzione donna che permetteva e permette tuttora con il regime esclusivamente contributivo il pensionamento delle lavoratrici donne con limiti di età più favorevoli (attualmente 38 anni di età e 35 di contributi).

Era introdotta pure una forma di pensionamento di vecchiaia anticipato per coloro che per un determinato periodo avessero svolto lavori usuranti (quota 41) oppure avessero iniziato a lavorare prima dei 18 anni. (quota 41).

Era introdotto quindi una sorta di pensionamento anticipato al massimo di 3 anni con finanziamento a carico dell’interessato o delle aziende ed in determinati casi dell’INPS. Con il DL 4/2019 il provvedimento è prorogato per un anno. Erano inoltre introdotte le cosiddette clausole di salvaguardia per i cosiddetti esodati, intendendosi coloro che si erano dimessi confidando nel raggiungimento della pensione poi impedito dalla legge Fornero.

  • Il DL 4/2019.
  • Caratteristiche generali.

Non è una riforma epocale è solo una parziale inversione di tendenza rispetto alla legge 214/2011, o ancor meglio un ritorno a taluni istituti del passato ed il rafforzamento di quelli che abbiamo definito eccezioni e correttivi allo stato già presenti. Come vedremo il provvedimento maggiormente significativo è dato dalla quota 100.

  • Quota 100.

E’ un provvedimento sperimentale destinato a valere per il triennio 2019/2021 mediante il ripristino di un sistema di quote.

In questo caso si richiede il compimento di un età minima ed un numero di contributi che tradotti in anni portino a quota 100.

Come abbiamo già accennato, sono stati introdotti nuovamente degli istituti complementari come ad esempio il divieto di cumulo oltre i 5.000. – euro che vale sino a quando l’assicurato non avrà raggiunto i normali requisiti pensionistici.

Sono state reintrodotte le finestre sia per evitare il pagamento immediato, ma anche per evitare fuoriuscite immediate che avrebbero potuto arrecare seri pregiudizi all’economia.

Pertanto chi matura quota 100 al 31.12.2018, potrà fuoriuscire ad aprile 2019. Chi invece maturerà i requisiti dall’1.1.2019 , potrà fruire della pensione dopo tre mesi.

Diverse regole valgono per il raggiungimento di quota 100 nell’ambito della scuola dove il pensionamento diviene effettivo appena con l’inizio dell’anno scolastico successivo.

Nell’ambito del pubblico impiego, l’articolo 14 del DL 4/2019 dispone che la domanda va posta all’amministrazione con un preavviso di 6 mesi, si chiede come detta norma si raccordi con i periodi di preavviso previsti dalla contrattazione collettiva.

In ogni caso, il lavoratore può continuare a lavorare sino alla data fissata dalla finestra ed in tal modo potrà anche incrementare la propria pensione.

Sempre in tema di pubblico impiego, il TFS nel caso di raggiungimento della quota 100 va a decorrere solo dalla data in cui sarebbe maturata la precedente data di pensionamento, scattando inoltre pure il differimento previsto dalle precedenti norme di legge. In tal caso, vi è la possibilità di finanziamento e anticipo mediante convenzione.

Anche per tutti gli altri istituti derogatori , è bloccato l’automatico aumento dei termini in base ai criteri di aspettativa di vita, ma nel contempo sono stabilite delle finestre come per opzione donna e per i lavoratori precoci.

  • Pace Contributiva.

Introdotta pure con il DL 4/2019 essa permette il riscatto di periodi non lavorati in caso di persone prive di contribuzione alla data del 31.12.1995 (misura sperimentale 2019/2021).

  • Il Riscatto agevolato della laurea. Vale per i titoli conseguiti dopo 1.1.1996 quindi con il regime contributivo, gode di contributi agevolati con una rateizzazione massima di 10 anni

Concludiamo con questo esame della normativa pensionistica succedutasi, rilevando come ormai si viva un regime di estrema flessibilità previdenziale affidato alla capacità del lavoratore di individuare la via migliore.

Trieste, 18 settembre 2019.

Avvocato Fabio Petracci.

Incontro di studio: “Le novità del sistema pensionistico”

Pubblichiamo di seguito la locandina dell’incontro di studio dedicato, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 4/2019 convertito in legge n. 26/2019, alle principali novità del sistema pensionistico.

Nel corso dell’incontro, che si terrà in data giovedì 19 settembre in Udine dalle ore 15 alle ore 18 presso la Sala Scrosoppi di viale Ungheria 22, sarà presentato il volume “Previdenza sociale e lavoro – Il nuovo sistema pensionistico: tutele e contenzioso” degli autori Fabio Petracci ed Alberto Tarlao.

Pensioni la proposta Damiano

Atti Parlamentari —1— Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI
tivo di milioni di lavoratrici e lavoratori, restituendo loro quella serenità perduta nel corso degli ultimi anni, caratterizzati da un completo stravolgimento del sistema previdenziale. Intendiamo, inoltre, garantire modalità omogenee di uscita dal mondo del lavoro a tutte le categorie di lavoratori, pubblici, privati e autonomi. Infatti, in un contesto di recessione così profondo e duraturo – che ha visto entrare in profonda difficoltà settori fino a pochi anni fa al riparo da ogni vento di crisi, quale il pubblico impiego, e che ha inferto colpi durissimi al mondo delle piccole imprese e del lavoro autonomo – riteniamo necessario prevedere forme di flessibilità di pensionamento, le quali, attraverso un sistema di penalizzazione e premialità in tema di assegno pensionistico, consenta alle lavoratrici e ai lavoratori di poter decidere, all’interno di un range variabile tra i 62 e i 70 anni di età, il momento della cessazione dell’attività lavorativa. Ciò contribuirà ad agevolare anche un ricambio generazionale, che le recenti riforme pensionistiche hanno contribuito a disincentivare. Il comma 1 del singolo articolo di cui si compone la presente proposta di legge dispone che, dal 1o gennaio 2014, le lavoratrici e i lavoratori – pubblici, privati e autonomi – tra i 62 e i 70anni di età che
abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni possano accedere a forme di pensionamento flessibile, purché l’importo dell’assegno, secondo l’ordinamento previdenziale di appartenenza, sia almeno pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Il comma 2 prevede che la determinazione dell’importo della pensione si applichi considerando l’importo massimo conseguibile, secondo l’ordinamento previdenziale di appartenenza di ciascuno, al quale viene applicata una riduzione o maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo, a seconda che l’età di pensionamento sia inferiore o superiore ai 66 anni e degli anni di contributi versati. Il comma 3 stabilisce che le disposizioni dei commi precedenti non si applichino, se meno favorevoli, ai soggetti impiegati nei cosiddetti lavori « usuranti ». Inoltre per le lavoratrici e i lavoratori che abbiano maturato almeno 41 anni di anzianità contributiva è prevista la possibilità di pensionamento prescindendo dall’età anagrafica. Il comma 4, infine, stabilisce che, fino al 31 dicembre 2016, derogando dalla disciplina in materia, l’incremento dell’età pensionistica dovuto all’allungamento della speranza di vita sia determinato nella misura di tre mesi complessivi.
Atti Parlamentari —2— Camera dei Deputati — 857 XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI
PROPOSTA DI LEGGE __
ART. 1.

  1. A decorrere dal 1o gennaio 2014, le lavoratrici e i lavoratori che abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni possono accedere al pensionamento flessibile al compimento del requisito minimo di 62 anni di età fino al requisito massimo di 70 anni di età, purché l’importo dell’assegno, secondo i rispettivi ordinamenti previdenziali di appartenenza, sia almeno pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. 2. Ai fini della determinazione dell’importo della pensione si calcola per ciascuna lavoratrice o lavoratore l’importo massimo conseguibile a requisiti pieni secondo i rispettivi ordinamenti previdenziali di appartenenza. Alla quota calcolata con il sistema retributivo si applica la riduzione o la maggiorazione di cui alla tabella A allegata alla presente legge, in relazione all’età di pensionamento effettivo e agli anni di contributi versati, al fine di conseguire l’invarianza dei costi tra i due sistemi. 3. Sono fatte salve, se più favorevoli, le disposizioni in materia di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, nonché le disposizioni in materia di esclusione dai limiti anagrafici per i lavoratori che hanno maturato il requisito di anzianità contributiva di almeno quarantuno anni. 4. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2016, l’adeguamento dei requisiti anagrafici e contributivi di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita è determinato nella misura di tre mesi complessivi, in deroga alla disciplina prevista dall’articolo 12 del decretolegge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
    Atti Parlamentari —3— Camera dei Deputati — 857 XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI
    TABELLA A (Articolo 1, comma 2).
    Età di pensionamento effettivo
    Anni di contribuzione 35 36 37 38 39 40 62 -8 -7,7 -7,3 -6,9 -6 -3 63 -6 -5,7 -5,3 -4,9 -4 -2 64 -4 -3,7 -3,3 -2,9 -2 -1 65 -2 -1,7 -1,3 -0,9 -0,5 -0,3 66 0 0 0 0 0 0 67 +2 +2 +2 +2 +2 +2 68 +4 +4 +4 +4 +4 +4 69 +6 +6 +6 +6 +6 +6 70 +8 +8 +8 +8 +8 +8
    € 1,00 17PDL0005260

Un nuovo manuale della Previdenza Sociale.

La previdenza sociale rappresenta una branca fondamentale del diritto del lavoro oltreché un pilastro dello stato sociale contemporaneo. Da due decenni, tra riforme e controriforme, non c’è stato governo che non sia intervenuto sui temi del lavoro e della previdenza, tra cui spicca quello delle pensioni. Gli autori tracciano un’analisi completa della legislazione in tema di contributi, pensioni e previdenza complementare anche alla luce delle più recenti circolari dell’INPS.

Il volume approfondisce gli aspetti previdenziali del rapporto di lavoro in seguito all’entrata in vigore del decreto-legge n. 4 del 2019.

Tra gli argomenti trattati, particolare attenzione è rivolta alle modifiche dei requisiti per l’accesso al pensionamento apportate dalla legge di stabilità del 2019, ai criteri per l’accesso alla c.d. “Quota 100”, alle novità in tema di lavori usuranti e di lavoratori precoci, alla pensione di cittadinanza, alle novità in tema di riscatto dei periodi di studio, all’APE volontaria, aziendale e sociale, ed infine agli aggiornamenti giurisprudenziali sul “decreto dignità”.

A ciò si aggiunge un esame sul contenzioso previdenziale sia nella fase amministrativa che giurisdizionale. L’opera è aggiornata alla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità e contiene tabelle, schemi e un formulario sui ricorsi in materia previdenziale.

  • Titolo: Previdenza Sociale e Lavoro
  • Sottotitolo: Il nuovo sistema pensionistico: tutele e contenzioso
  • Editore: DUE PUNTO ZERO
  • Autore: Fabio Petracci – Alberto Tarlao
  • Anno pubblicazione: Giugno 2019
  • Libro in brossura: 496 pagine
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