Prima dell’entrata in vigore della convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti, accadeva che un lavoratore dipendente o autonomo fosse costretto, al verificarsi di determinate condizioni, a versare i propri contributi previdenziali in entrambi i paesi. Si verificava, in altre parole, una doppia imposizione contributiva nei confronti del lavoratore che determinava effetti distorsivi evidenti, contrari ad ogni principio di equità. Un’ impasse a cui la convenzione tra i due paesi, stipulata nel maggio del 1973, ha posto fine. L’accordo bilaterale ha, infatti, realizzato un coordinamento tra i due diversi sistemi di sicurezza sociale, così da evitare la doppia imposizione contributiva nel paese di origine e in quello di lavoro. La convenzione è stata successivamente ratificata con la legge 86/1975 ed è entrata in vigore il 1°novembre 1978, salvo poi essere stata oggetto di una revisione, con l’accordo aggiuntivo del 1984, ratificato con la legge 609/1985 ed entrato in vigore il 1°gennaio 1986.
Il trattato, secondo quanto stabilito dall’art. 2, si applica: “alla legislazione di sicurezza sociale delle prestazioni pensionistiche per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (dei lavoratori dipendenti e autonomi NDR)”.
In particolare, per quanto riguarda l’Italia, ha ad oggetto l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonché ai trattamenti di previdenza sostitutivi dell’assicurazione generale. Si pensi ai fondi speciali di previdenza per i lavoratori dello spettacolo, gestiti
dall’ENPALS, o i fondi per i giornalisti e dirigenti di aziende amministrati rispettivamente dall’INPGI ed ex INPDAI, che dal 2003 è confluito nell’INPS.
Per quanto attiene, invece, alle prestazioni pensionistiche erogate dagli Stati Uniti, si fa riferimento ai contributi previdenziali e sanitari costituiti dal “Social Security” e “Medicare tax” che costituiscono le due parti del “Federal Insurance Contributions Act” (FICA), altresì noto come “Old, Age, Survivor, and Disability Insurance ” (OASDI), fortemente voluto dal presidente Roosevelt negli anni successivi alla Grande Depressione del 1929, gestiti dalla Social Security Administration statunitense.
L’articolo 7 della convenzione sancisce: “salvo quanto diversamente disposto nel presente articolo, le persone alle quali si applica il presente accordo che, svolgono la loro attività sul territorio di uno stato contraente, sono soggette alla legislazione di tale stato”. In linea generale, il trattato applica il principio della territorialità dell’obbligo contributivo previdenziale, in base al quale un lavoratore rimane soggetto esclusivamente ai doveri contributivi del paese in cui lavora.
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Concetto ribadito dall’art. 18, 2º comma, del trattato contro le doppie imposizioni tra l’Italia e gli Stati Uniti, del 1999, secondo cui: “i versamenti erogati da uno Stato contraente ad un residente di un altro stato
contraente in base a disposizioni sulla sicurezza sociale od analoga legislazione di detto stato sono imponibili solamente nello stato di residenza del beneficiario”.
In ambito nazionale è bene ricordare che tale principio trae fondamento dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 37, il quale stabilisce che le assicurazioni per l’invalidità e per la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, salvo le esclusioni previste dallo stesso decreto, sono obbligatorie per le persone di ambo i sessi e di qualsiasi nazionalità che abbiano compiuto l’età di 15 anni e non superata quella di 65 anni, e che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri.
Il cui scopo, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza di settore, è “ancorare le condizioni del costo del lavoro al principio di parità tra lavoratori e di proteggere il sistema statale da pratiche interne al mercato del lavoro atte ad alterare, al ribasso, le dinamiche concorrenziali” Ex multis C. Cass. 6601/2018 e 4625/2020. Il principio è stato adottato anche dalla legislazione della Comunità Europea (vedasi art. 13, comma
2º, lett. a, del Reg. CEE del 14 giugno 1971 n. 1408) ai sensi del quale: “il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’;impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro”. Il regolamento comunitario è stato profondamente modificato da numerosi interventi del legislatore, si pensi al Reg. CE 83/2004, come integrato dai successivi regolamenti 988/2009, 1244/2010, 465/2012 e, infine, 1224/2012. Al pari della normativa comunitaria anche quella
extracomunitaria, evolutasi nei numerosi trattati sottoscritti dall’Italia, ha fatto proprio il principio inserendo una condizione di reciprocità, in modo da tutelare il lavoratore garantendogli una continuità contributiva previdenziale.
A questo principio generale, tuttavia, si applicano alcune deroghe. Pensiamo al caso del distacco del lavoratore (ai sensi dell’art. 30 D.Lgs 276/2003) che, per motivi di lavoro, venga trasferito dall’azienda italiana negli Stati Uniti presso una sussidiaria di quest’ultima. Trattandosi di un
trasferimento temporaneo e non definitivo, sebbene in molti casi non si possa effettuare una quantificazione temporale (purchè si rimanga nel limite massimo dei 5 anni), al lavoratore distaccato è concessa la possibilità di esercitare un’opzione circa la legislazione sociale a lui applicabile in materia pensionistica. Invero egli potrà scegliere, entro 3 mesi dall’inzio della prestazione lavorativa, se versare i contributi all’Inps oppure al Social Security statunitense. Nel caso in cui opti per mantenere la contribuzione in Italia, la sussidiaria statunitense effettuerà una trattenuta in busta paga dei contributi che verserà direttamente all’INPS. L’opzione, ai sensi della normativa statunitense, è
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modificabile già dal secondo anno o nel caso in cui il lavoratore ottenga o perda il permesso di soggiorno, attraverso il formulario del distacco IT/USA/4, denominato certificato di copertura. Tale modello può essere richiesto sia del datore di lavoro che del lavoratore stesso alla competente
istituzione statunitense, Social Security Administration, che dovrà rilasciarlo. L’accordo si applica in maniera speculare anche ai cittadini americani che lavorino in Italia alle dipendenze di una società
americana o della filiale o consociata italiana di una società americana.
Un’ulteriore deroga al principio generale si ha nell’ipotesi di un cittadino italiano in possesso di doppia cittadinanza sia egli sia un lavoratore autonomo, che un lavoratore dipendente. Anche in tale ipotesi è attribuito al lavoratore il potere di scegliere dove versare i suoi contributi previdenziali.
L’art. 7, comma 4 b, statuisce al riguardo: “il cittadino italiano o colui che possiede la cittadinanza di ambedue gli stati, il quale, per lo stesso periodo di lavoro, sarebbe soggetto alla legislazione di ambedue gli stati, opterà per tale periodo per la legislazione di uno degli stati ed è esente dalla legislazione dell’altro stato”. Ne deriva che un lavoratore italiano, in possesso di doppia cittadinanza, che intenda optare per la copertura
previdenziale italiana dovrà scrivere all’INPS e ottenere l’esonero contributivo dalla corrispondente autorità americana. Viceversa, se vorrà avvalersi del sistema statunitense, dovrà scrivere alla Social Security Administration, ed ottenere l’esonero da parte dell’INPS.
Ai fini pensionistici, infine, un lavoratore che abbia lavorato in entrambi i paesi ed ivi versato i propri contributi, avrà la possibilità di totalizzare i contributi, a condizione che egli abbia un periodo minimo di assicurazione e contribuzione nel paese che concede la pensione: in Italia pari a 52
settimane, negli Stati Uniti a 78.
La totalizzazione dei periodi assicurativi consente all’assicurato di cumulare periodi di lavoro, svolti in paesi diversi, al fine di maturare il diritto alla pensione. In altri termini, l’anzianità contributiva, maturata presso ogni stato, è conservata dal lavoratore fino al raggiungimento del
diritto alla pensione. La totalizzazione non prevede oneri a carico dell’assicurato, né comporta il trasferimento dei contributi da un paese ad un altro o la ricongiunzione delle varie posizioni assicurative. Tuttavia, consente a ciascun paese di tener conto, ai soli fini dell’accertamento del
diritto alla pensione, dei contributi maturati. I paesi interessati saranno, quindi, debitori solo dellaprestazione relativa ai contributi versati nei propri sistemi previdenziali, secondo un sistema di calcolo “pro-rata”. Ne consegue, che la misura della pensione sarà calcolata dall’INPS unicamente sulla base dei contributi effettivamente versati in Italia. La pensione statunitense, invece, sarà calcolata dalla Social Security Administration sulla base dei contributi ivi versati, alla decorrenza dei
requisiti previsti dalla normativa americana. Un esempio ci aiuterà a capire meglio: ipotizziamo che
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Maria consegua la pensione con 42 anni di contributi, di cui 25 accreditati in Italia e 17 negli Stati Uniti. L’importo della pensione verrà versato in misura proporzionale, in base al pro-rata, nel seguente modo: l’assegno pensionistico italiano sarà pari a 25/42 della pensione totale, pari al 59,5%,
mentre quello americano a 17/42, ossia il 40.5%.
Francesco Rizzo Marullo
Avvocato in Boston