L’audizione di CIU UNIONQUADRI da parte del Governo per valutare la legge di bilancio 2025.

Ieri a Palazzo Chigi il governo ha illustrato alle organizzazioni sindacali il testo della Legge di Bilancio 2025 che a breve sarà presentato al parlamento.

Era presente all’incontro pure una delegazione di CIU UNIONQUADRI che è intervenuta principalmente sui temi d’interesse della categoria dei quadri e conseguentemente del ceto medio.

In merito alle misure fiscali, CIU UNIONQUADRI si è dichiarata favorevole alla trasformazione in misura strutturale della normativa a termine attinente il taglio del cuneo fiscale, auspicando l’estensione della misura anche ai redditi superiori ai 40.000 euro ricomprendendovi la generalità dei redditi del ceto medio e di quelli generati dall’attività dei quadri.

Analoghe considerazioni sono state svolte per quanto attiene l’accorpamento delle aliquote IRPEF e le detrazioni fiscali.

Per quanto riguarda gli interventi fiscali sulle retribuzioni, CIU UNIONQUADRI ha valutato positivamente la riduzione al 5% dei prelievi fiscali sui compensi destinati a premiare la professionalità ed il raggiungimento di obiettivi, nonché la partecipazione agli utili di impresa, auspicando un trattamento sempre più favorevole per questi compensi.

In merito alla partecipazione dei lavoratori non solo agli utili delle imprese, ma anche alla loro gestione, CIU UNIOQUADRI ha aperto una parentesi nel dibattito, rilevando come la nostra Costituzione 46 preveda il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa e come di seguito l’articolo 4 della legge 92/2012 contenesse una delega a realizzare un tanto, delega decaduta per il mancato intervento dei governi dell’epoca.

Sul punto, il governo ha assicurato essere in corso la valutazione di un progetto di legge presentato in parlamento.

In merito alla defiscalizzazione per i neo assunti con reddito non superiore a 35.000 euro dal primo gennaio 2025 al 31 gennaio 2025 delle spese inerenti i trasferimenti superiori ai 100 chilometri, CIU UNIONQUADRI nel sottolineare la positività dell’intervento di legge ha auspicato che la misura concernente i neo assunti nell’anno in corso sia destinata a stabilizzarsi sino a ricomprendere tutti i lavoratori interessati a fenomeni di mobilità professionale.

Ha altresì auspicato CIU UNIONQUADRI che la misura concernente la defiscalizzazione dei benefits destinati ai trasferimenti dei giovani neo assunti possa assumere un carattere più generale idoneo a tutelare le professionalità medio alte che spesso debbono seguire anche in ambito nazionale le domanda della loro prestazione, nonché le categorie dei lavoratori delle aziende in crisi nel riposizionamento per la ricerca di un nuovo lavoro.

Sono state esaminate quindi le novità concernenti i trattamenti di maternità, dove è stata elevata all’80% l’indennità durante il congedo entro il sesto anno del bambino, assieme ad ulteriori misure di decontribuzione a favore delle lavoratrici madri.

CIU UNIONQUADRI ha rilevato la bontà della misura, anche tenendo conto delle donne che non intendono fruire del beneficio, intendendo continuare a lavorare, ha richiesto l’adozione di misure atte a favorire anche l’utilizzazione di scuole ed asili, agevolando le madri impegnate nel lavoro.

CIU UNIONQUADRI come misura di reale eguaglianza tra i sessi atta a permettere anche alle donne quadro di completare il percorso lavorativo intrapreso, ha invitato il governo a favorire con idonee misure le donne intenzionate ad affiancare e rendere compatibile la maternità con il lavoro.

In materia di pubblico impiego è stata oggetto di particolare attenzione da parte di CIU UNIONQUADRI il limite alle assunzioni contenute nel 75% del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Il sindacato CIU UNIONQUADRI ha notato come questa misura vada ad interferire con la prevista possibilità per i lavoratori aventi diritto alla pensione di trattenersi in servizio sino al settantesimo anno di età, anche svolgendo attività di tutoraggio per i nuovi assunti, di fatto impedendo l’afflusso di nuove e qualificate energie nell’ambito della pubblica amministrazione.

Premesso di guardare con favore a misure che consentano l’accrescimento della professionalità e la libertà di prolungare la permanenza sul posto di lavoro, ha rilevato CIU UNIONQUADRI come queste misure nel loro insieme possano limitare il rinnovamento nell’ambito della pubblica amministrazione, impedendo tra l’altro l’immissione di nuove professionalità e di esperti nell’ambito dell’area EP – Elevate professionalità di nuova creazione.

Sul punto è stata suggerita al governo una rimodulazione della norma volta ad attenuare le conseguenze paventate.

In conclusione, CIU UNIONQUADRI, rilevando dei segnali positivi nella legge di bilancio 2025 chiede in primo luogo lo sviluppo di ulteriori misure atte a sorreggere la professionalità e la premialità nella logica di un adeguato sostegno alla classe media. Nel contempo auspica un’attenta revisione della limitazione parziale del turn over nel pubblico impiego, l’attuazione di politiche atte a favorire la creazione di una fascia intermedia di lavoratori pubblici con una propria caratterizzazione, nonché il rinnovamento e l’avanzamento tecnologico della pubblica amministrazione medesima.

Alte professionalità

La mancanza nella PA di un corpo intermedio tra dirigenza e personale non dirigente. Un problema non solo sindacale, ma anche organizzativo.

Un interessante e recente articolo del dottor Naddeo titolato – Capitale umano, CCNL, corso-concorso, dirigenti, Elevate professionalità, giovani, giovani laureati, Ministeri, PA, Pubblica amministrazione – tratto dal Blog di Antonio Naddeo – mira a conferire effettiva e pratica attuazione alla normativa concernente l’inquadramento nelle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legge 9.6.2021 n.80 che in particolare creando lo spazio per l’area contrattuale EP (elevate professionalità) ha cercato di rivalutare le professionalità medio alte troppo spesso schiacciate tra il ruolo preminente della dirigenza e quello generale delle altre categorie non dirigenziali valorizzando inoltre in funzione della professionalità acquisita la dinamica di progressione tra le diverse aree.

L’autore suggerisce una serie di accorgimenti per valorizzare l’Area delle Alte Professionalità.

In chiave che potremmo definire “negativa” o meglio “restrittiva” egli mira ad evitare che questa posizione lavorativa diventi un’ulteriore area che si aggiunge a quelle già previste, dove prima o poi ci arrivano tutti. L’obiettivo è invece di fare dell’elevata professionalità non solo un traguardo di carriera, ma soprattutto un punto di partenza per aspiranti dirigenti.

E così affrontato il tema della selezione ipotizzando l’istituzione di un corso – concorso annuale della SNA, simile a quello adottato per i dirigenti, fermo restando il 50% dei posti riservato alle selezioni dei funzionari interni in possesso del titolo di studio.

Ai fini di finanziare adeguatamente tale posizione, il Presidente dell’ARAN suggerisce di operare una riduzione delle troppe posizioni dirigenziali presenti soprattutto nei ministeri frutto di una crescita continua nel tempo del numero delle posizioni dirigenziali senza una reale necessità organizzativa, accrescendo così il numero e la retribuzione dell’area intermedia.

Ritiene così l’autore che il trattamento economico dei una EP – Elevata Professionalità potrebbe arrivare a 70.000 euro e quindi, con la soppressione di un posto da dirigente si potrebbero finanziare due posizioni di Elevata Professionalità, ricostruendo così un ordinamento con una struttura piramidale.

Allargando il campo di indagine e di azione.

Le considerazioni cui perviene l’autore sono ampiamente condivisibili ed ispirate da una precisa analisi dell’attuale situazione della Pubblica Amministrazione in relazione all’inquadramento ed alla valorizzazione delle professionalità.

Ciò non toglie che CIU UNIONQUADRI – sindacato dei quadri intermedi che ha avviato numerosissime azioni sul piano sindacale, politico e giudiziario per l’introduzione o meglio forse il riconoscimento dei quadri nell’ambito del Pubblico Impiego, abbia qualcosa da puntualizzare e da aggiungere.

L’obiettivo del sindacato dei quadri è sempre stato quello della costituzione di un’area professionale intermedia nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato collocata tra la dirigenza e l’area definita non dirigenziale, non solo come risposta ad una legittima aspettativa di molti pubblici dipendenti, ma come adeguamento alle esigenze di buon funzionamento della pubblica amministrazione.

L’obiettivo principale e diretto era quello di veder applicato anche nell’ambito del pubblico impiego, dopo le riforme a cavallo tra gli anni 90 e 2000, l’articolo 2095 del codice civile che vede i prestatori di lavoro suddivisi in operai, impiegati, quadri, dirigenti.

La Corte di Cassazione invece, riteneva, stante la specialità della disciplina del pubblico impiego, non applicabile al pubblico impiego l’articolo 2095 del codice civile laddove prevede l’esistenza della categoria dei quadri accanto a quelle dei dirigenti, degli impiegati e degli operai, in nome della specialità del pubblico impiego anche dopo l’avvenuta contrattualizzazione.

Detta specificità trovava effettivamente qualche riscontro nell’allora articolo 40 del DLGS 165/2001 che prevedeva sino all’entrata in vigore del DLGS 150/2009 che per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi o compiti scientifici dovevano essere stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto.

Anche questo sottile barlume di specificità professionale era limitato con l’entrata in vigore del DLGS 150/2009,  la norma di cui all’articolo 40, era modificata dall’articolo 54 del decreto nei seguenti termini: Nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.

Era quindi eliminata la possibilità di costituire un’apposita area dei quadri e ciò anche in ragione della netta opposizione delle confederazioni sindacali generaliste.

Già nel 2002 con la legge 145 (Frattini) era stata introdotta la Vice Dirigenza.

La legge che dapprima non trovava pratica attuazione da parte della contrattazione collettiva, stante la forte opposizione in particolare di alcune sigle sindacali confederali, era definitivamente abrogata.

La mancata attuazione di un’area quadri nell’ambito dell’impiego pubblico non si limitava a vanificare le istanze delle alte professionalità, ma causava e rivelava criticità nell’ambito del funzionamento della pubblica amministrazione.

L’esigenza di un’area intermedia e vicaria si manifestava infatti, allorquando con sentenza del 25 febbraio 2015, la Corte Costituzionale censurava le Agenzie Fiscali che nella mancanza di quadri intermedi in grado di coprire determinate posizioni, aveva attribuito incarichi dirigenziali a propri funzionari per assicurare la funzionalità delle misure di contrasto all’evasione.

La mancanza di un adeguato riconoscimento della categoria dei quadri era a suo tempo notato (siamo nel 1994) dal noto sociologo Aris Accornero che scriveva:

Il riconoscimento giuridico dei quadri non ha risolto i problemi dei quadri e tre sono le ragioni:

mancanza di una organizzazione rappresentativa;

gli imprenditori non vedono di buon occhio l’emergere della categoria;

poca considerazione da parte dei sindacati tradizionali; “

Nel mese di aprile, in piena pandemia, il Comitato Colao, era presentato dall’allora Presidente del Consiglio come un gruppo di esperti con il compito di ripensare i radicati modelli organizzativi sociali e di vita economica per la ripartenza del paese.

Per questo il Piano invocava una rapida trasformazione della nostra Pubblica Amministrazione verso l’auspicata efficienza e modernizzazione.

Si voleva così attuare un’attenta gestione e valutazione delle politiche attuate con fondi europei e rafforzare la cyber difesa.

Per raggiungere questi obiettivi, Il piano reputava fondamentale la costituzione ed il rafforzamento di un middle – management pubblico.

Nello specifico auspicava come le diverse amministrazioni avrebbero dovuto identificare le figure del middle management più suscettibili di beneficiare di interventi formativi di tipo manageriale.

Il piano considerava come il «middle-management» soprattutto nel settore pubblico fosse lo snodo chiave perché iniziative di modernizzazione e digitalizzazione abbiano successo. Alle competenze tecniche dei dipendenti si devono affiancare competenze manageriali diffuse.

Il «middle management» era ribadito, poteva così divenire un acceleratore dell’innovazione invece che costituire, come da molti temuto, un freno insuperabile sui processi rispetto alle competenze esterne.

Rilevava il Comitato come già esistessero quadri intermedi validi e facilmente professionalizzabili con interventi formativi, ma spesso ignorati e non premiati.

Di seguito, anche la necessità di attuare il PNRR metteva in luce la mancanza di risorse professionali qualificate non dirigenziali nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Il Sole 24 Ore in un articolo del 26 novembre 2023, evidenziava il problema relativo alla mancanza di figure professionali adeguate alla gestione di progetti complessi come quelli previsti dal piano, sottolineando come questo – unito all’aumento del costo delle opere – sia un fattore di rischio per la buona riuscita degli interventi.

Le esigenze appena sottolineate erano fatte proprie dal legislatore il quale con il decreto legge 9.6.2021 n.80 introduceva importanti modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001 riguardante l’inquadramento del personale.

Era quivi stabilito come i dipendenti pubblici, ad esclusione dei dirigenti e del personale della scuola, debba essere inquadrato in almeno 3 distinte aree funzionali con l’aggiunta, come vedremo, di una quarta area per le elevate professionalità.

Vengono così introdotti dei principi di legge sul tema specifico dell’inquadramento del personale.

Fermi questi principi, la norma stessa delega la contrattazione collettiva ad un individuare un’ulteriore aerea per inquadrarvi il personale ad elevata qualificazione.

Quindi ad evitare, come spesso accade, un generale trascinamento verso l’alto, la norma stabilisce come la contrattazione collettiva a venire per il periodo 2020 – 2021 potrà effettuare nuovi inquadramenti per il tramite di tabelle di corrispondenza, ad esclusione dell’area per le elevate professionalità.

Segue sul punto la contrattazione collettiva nel caso di specie quella del Comparto delle Amministrazioni Centrali.

Nel tradurre le disposizioni di legge appena indicate, essa individua la suddivisione del personale non dirigente in numero quattro aree di inquadramento.

Esso stabilisce in primo luogo l’inquadramento in quattro aree professionali per il personale non dirigente.

La titolazione delle aree è mutata nelle seguenti:

Area degli operatori;

Area degli assistenti;

Area dei funzionari;

Area delle elevate professionalità.

Il medesimo contratto delle Amministrazioni Centrali prevede che al fine di valorizzare le figure professionali del funzionari, le amministrazioni possano conferire agli stessi degli incarichi a termine di natura organizzativa o professionale compensati con apposita indennità.

Per quanto invece riguarda il personale che sarà inquadrato nell’area EP (Elevate Professionalità) il conferimento di incarichi è stabilito dalla contrattazione come obbligatorio (similmente a quanto accade per i dirigenti).

Alla luce di un siffatto e compiuto impianto normativo, forse possono apparire eccessive le preoccupazioni che traspaiono dal breve articolo del Presidente dell’ARAN con il quale abbiamo introdotto questo scritto.

In realtà traspare la preoccupazione che è anche la nostra che, senza un adeguata interlocuzione della categoria dei quadri anche come soggetti contrattuali, la loro specificità in ambito lavorativo, tarderà a manifestarsi ed a conservarsi.

Fabio Petracci

Le nuove progressioni verticali nella PA: a chi appartiene la giurisdizione?

Con il DL n.80/2021, sono state ampliate le modalità di ricorso alle progressioni verticali tra aree professionali nell’ambito del pubblico impiego.

E’ stata infatti attribuita amplia delega alla contrattazione collettiva per attuare progressioni verticali interne nell’ambito dell’inquadramento nella pubblica amministrazione, basate sulla valutazione di precisi criteri meritocratici indicati dalla legge – dl 80/2021- che è andata a modificare l’articolo 52 del DLGS 165/2001 stabilendo al comma 1 bis di quest’ultima disposizione di legge che: “le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono pertanto per il  tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti.”

Dunque le nuove progressioni verticali si realizzeranno attraverso procedure comparative che almeno in parte si discostano dalle procedure concorsuali.

Ciò, diversamente dai rigidi limiti imposti dal DLGS 150/2009, il quale consentiva le procedure di progressione verticale esclusivamente tramite l’espletamento di procedure concorsuali e con la riserva del 50% dei posti al personale interno.

Per quanto riguarda quest’ultimo limite, il TAR Sicilia con la sentenza 2406/2023 ha ritenuto che successivamente all’introduzione dell’articolo 52 bis del DLGS 165/2001 non sussiste obbligo alcuno di riserva in capo all’amministrazione nell’effettuare le progressioni verticali.

Quindi, se ne deduce che non si impone all’amministrazione di attuare una contestuale procedura concorsuale, ma di attuare nella misura del 50% altrettante procedure di assunzione per il personale esterno che può avvenire tramite concorso, ma anche mediante scorrimento delle graduatorie o mobilità volontaria nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni.

Diversi pareri dell’ARAN hanno ammesso la possibilità per gli enti, almeno nell’ambito della procedura transitoria sino al 31 dicembre 2025, di prevedere l’espletamento di un colloquio finalizzato ad accertare le competenze professionali (parere protocollo n.5318/2023).

Resta quindi da verificare, meglio puntualizzando la differenza tra procedura comparativa e procedura concorsuale, la sussistenza, in caso di controversia, della giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo.

Di recente, i giudici amministrativi hanno ribadito che anche nel caso di procedure per la progressione verticale permane la giurisdizione del giudice amministrativo.

In proposito, il TAR Lazio Sezione Roma con la sentenza n.10265/2023 ha stabilito la propria giurisdizione sul presupposto per cui nelle progressioni verticali le selezioni riservate ai dipendenti interni si considerano come rivolte all’assunzione, in quanto il passaggio ad aree qualitativamente diverse comporterebbe una novazione del rapporto di lavoro equiparabile ad una assunzione con conseguente giurisdizione giudice amministrativo.

Il TAR Lazio nel pronunciarsi in merito richiama la sentenza 8985/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ebbero però a pronunciarsi prima dell’entrata in vigore del DL 80/2021.

Quest’ultima pronuncia delle Sezioni Unite in tema di giurisdizione aveva già affermato il concetto in base al quale per “procedure concorsuali di assunzione” – attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, perché ascritte al diritto pubblico ed all’attività autoritativa dell’amministrazione – si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro (come le procedure aperte a candidati esterni, ancorché vi partecipino soggetti già dipendenti pubblici), ma anche i procedimenti concorsuali interni, destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in “aree” funzionali o categorie più elevate, con “novazione oggettiva” dei rapporti di lavoro (Cass., Sez. un., 26 marzo 2014, n. 7171; Cass., Sez. un., 20 dicembre 2016, n. 26270; Cass., Sez. un., 9 aprile 2010, n. 8424 e n. 8425);

In pratica di fronte al sicuro mutamento della procedura di accesso alla progressione verticale, non muta la giurisdizione in quanto quest’ultima non è tanto legata alla natura della procedura selettiva che può essere o meno concorsuale, ma all’esito della stessa finalizzato all’accesso in un nuovo contesto lavorativo equivalente ad una nuova assunzione.

Di conseguenza, qualora insorgano contenziosi in merito alle selezioni per le progressioni verticali, il giudice da adire, dovrebbe essere, salvo mutamenti degli orientamenti giurisprudenziali, il giudice amministrativo.

Fabio Petracci

Le nuove figure professionali: l’HSE, Health, Safety, Enviroment Manager

CIU UNIONQUADRI, Associazione Sindacale interessata alle figure medio – alte di lavoratori ed alla tutela della loro professionalità, affronta il tema dell’HSE Manager.

Trattasi di una figura che riveste una grande importanza all’interno dell’azienda ed è una figura emergente nel campo della sicurezza.

La funzione professionale dell’HSE Manager è definita in modo chiaro nel 2018 con la norma UNI 11720.

Questa figura si occupa in ambito aziendale principalmente di salute, sicurezza, ambiente. La norma UNI 11720 cui si è fatto prima riferimento descrive in maniera dettagliata i compiti dell’HSE.

La sigla HSE significa “Health, safety, enviroment”, quindi salute, sicurezza, ambiente.

Potremmo quindi definirlo come un soggetto professionale la cui competenza va oltre la mera sicurezza sul lavoro intesa in senso strettamente tecnico per involgere la sicurezza dell’intera produzione e dell’ambiente.

In concreto, l’HSE Manager si occupa di progettazione, coordinamento, consulenza, supporto tecnico gestionale.

In particolare, la normativa UNI 11720 della Comunità Europea distingue due differenti profili di HSE Manager:

  1. Manager HSE operativo con compiti di supporto ed organizzazione, nonché di apprestamento delle misure di prevenzione;
  2. Manager HSE Strategico quale figura gestionale di direzione aziendale con compiti di indirizzo delle misure da mettere in atto in funzione di prevenzione dei rischi in ambito HSE.

Tale figura professionale, il cui ruolo sarà anche rapportato alle dimensioni dell’azienda pur non essendo regolamentata a livello di ordine professionale, concretizza a livello legale e contrattuale la declaratoria di quadro ex articolo 2095 del codice civile e ben può organizzarsi in proprie associazioni professionali che ne tutelino ed attestino la professionalità.

CIU UNIONQUADRI, sindacato delle professionalità medio – alte nota come le nuove figure di lavoratori – professionisti che vanno emergendo nell’ambito del controllo aziendale e delle finalità etico – sociali delle imprese, anche inserite nell’abito delle obbligazioni che attengono al lavoro dipendente, assumano una posizione biunivoca nei confronti del datore di lavoro quali collaboratori, ma anche tutori di un interesse pubblico e, quindi, come il loro rapporto di lavoro assuma aspetti contrattuali di cui la normativa legale e contrattuale dovrà tenere conto.

Fabio Petracci

I quadri in Francia: Confédération française de l’encadrement – Confédération générale des cadres

Una confederazione sindacale specifica dei quadri (CFE-CGC)

Il 15 ottobre 1944 venne creata a Parigi la Confederazione Generale dei Quadri, i cui statuti furono in realtà depositati nel 1937, con la “missione originaria di incarnare il sindacalismo specifico del personale dirigente, di assicurarne la rappresentanza e di “essere custode delle proprie unità’.

La difficile ricerca di una voce sindacale per i dipendenti in posizioni apicali

La ricerca di un percorso sindacale specifico per i quadri non era nuova in Francia, ma si realizzerà gradualmente. Da un lato, i “quadri” si trovano intrappolati tra la rappresentanza dei lavoratori – le prime grandi confederazioni, CGT, CFTC, infatti, privilegiano l’appartenenza alla classe degli operai e integrano solo marginalmente quelli apicali – e la rappresentanza dei datori di lavoro che, dall’altro livello, si sforza di catturare il quadro attraverso un’organizzazione gerarchica. D’altro canto, l’identità “manageriale” stenta a costruirsi, testimoniato, al contrario, dal moltiplicarsi delle strutture sindacali specifiche di ingegneri, tecnici e quadri. Il movimento ebbe inizio alla fine del XIX secolo, in particolare con l’Union Syndicale des Engineers Catholiques (1995), per poi accelerare negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale e fino alla vigilia della Seconda: le tre grandi componenti presto confluirono nella nuova confederazione, ovvero la Federazione dei sindacati degli ingegneri (FNSI), la Confederazione generale dei quadri economici (CGCE), il Gruppo sindacale dei laureati (CSCD), furono tutte e tre create nel 1937. Sciolte dal regime di Vichy, le tre strutture dapprima si riunirono nel 1944 nel Comitato d’Azione Sindacale degli Ingegneri e dei Quadri (CASIC).

Il credo della negoziazione

I due filo conduttore del nuovo istituto professionale per la tutela dei lavoratori sono, da un lato, la difesa e la promozione di un’identità comune per ingegneri e quadri; quanto alla modalità di azione, essa si inserisce in una logica di negoziazione e di sostegno alle dinamiche aziendali. Pertanto, il suo statuto specifica che “la missione della confederazione è quella di esprimere e difendere gli interessi materiali e morali del personale quadro e, al di là degli aspetti di protesta di questa missione, di essere una forza di proposta in tutti i settori dell’azione sindacale” e il suo attaccamento ad “un’azione concertata che, partendo dalla diversità degli interessi e delle opinioni delle donne e degli uomini, tenderà a costruire per loro un mondo di libertà, giustizia e prosperità”.

La legittimità del progetto è supportata dal crescente peso demografico dei quadri nell’economia nazionale, nonché dal riconoscimento dello status professionale dei dirigenti da parte del Governo Provvisorio della Repubblica (1945). Se il rapporto di fiducia tra i poteri pubblici e il giovane centro sindacale non è esente da disaccordi, quest’ultimo ottiene il riconoscimento di un quadro specifico in relazione al sistema di previdenza sociale creato dall’ordinanza del 19 ottobre 1945: quindi un pensionamento congiunto autonomo (AGIRC), negoziata con il Consiglio nazionale dei datori di lavoro francesi (CNPF) e la CFTC (accordo del 14 marzo 1947). D’altro canto, occorrerà una forte mobilitazione affinché lo Stato riconosca parzialmente la rappresentatività della confederazione dei quadri del 1946. Questo periodo vide l’emergere di potenziali concorrenti affiliati ai grandi centri sindacali esistenti (CGT-UGICT, CFTC-UGICA), in via costitutiva (FO-UCI). Tuttavia, non riusciranno a minare una posizione di leadership acquisita negli anni ’60, confermata nel 1966 dalla concessione della “presunzione inconfutabile di rappresentatività”, poi dalla presenza attorno al tavolo degli accordi Grenelle, e su altro piano attraverso la creazione dell’APEC (1966) nel quadro di un accordo con le organizzazioni dei datori di lavoro.

Nel 1981, in seguito ai cambiamenti demografici socio-economici, venne ribattezzata Confédération de l’cadre-Confédération général des cadres (CFE-CGC), aprendo così il suo ambito categorico più ampiamente alle “classi medie”.

L’organizzazione interprofessionale rappresentativa della CFE-CGC

Dalla sua creazione, la CFE-CGC è stata guidata da 9 presidenti, che sono anche portavoce della confederazione, il primo dei quali è stato Jean Ducros (1906-1955, mandato dal 1944 al 1956). Dal 2016 questa funzione è svolta da François Hommeril. Molti di loro sono stati anche in precedenza segretari generali dell’organizzazione, come André Malterre (1909-1975, mandati dal 1950 al 1956, poi dal 1956 al 1975), Jean Menu (1921-1987, mandati successivi dal 1973 al 1975 poi dal 1979 al 1984), Marc Vilbenoît (mandati successivi dal 1984 al 1993, poi dal 1993 al 1999), Carole Couvert (mandati successivi dal 2009 al 2013, poi dal 2013 al 2016). L’attuale segretario generale è Marc Giffard responsabile dell’animazione e dello sviluppo nonché delle missioni delegate dal presidente. Entrambi fanno parte dell’ufficio nazionale (10 membri) che compone, con i delegati nazionali (10), l’esecutivo confederale ratificato dal congresso, organo sovrano (ogni 3 anni), integrato dal comitato confederale (membri ratificati anche dal congresso), a sua volta integrato da un comitato direttivo (guidato dal presidente). Il funzionamento della Confederazione si basa anche su due organi tecnici (controllo finanziario, consiglio giurisdizionale)

La CFE-CGC rivendica 170.000 membri (2016). Riunisce 27 federazioni, 18 UR, 97 UD, 200 UL e 230 sindacati. È una delle organizzazioni sindacali rappresentative dei dipendenti a livello interprofessionale e ha un posto nell’HCDS. Nella misurazione dell’audience sindacale del 2017 corrispondente alle elezioni professionali nelle aziende (CE, delegati del personale) e nelle Camere dell’agricoltura, a FO sono stati accreditati 560.618 voti e il 10,70% di audience, ovvero 83mila suffraganee in più rispetto al 2013 e un aumento dell’audience di 1,2%. Durante il ballottaggio della Camera dell’agricoltura del 2019, la confederazione ha ottenuto il 13,2% dei voti dei dipendenti agricoli contro il 19% dei voti dei dipendenti del gruppo, un risultato superiore a quello del 2013, in particolare nel collegio dei dipendenti agricoli. Nel 2020 è il 2° sindacato dei dipendenti in udienza, con il 27,3% dei voti, alle elezioni dei delegati della Mutualité sociale agricole.

Nel 2021 è la 4a confederazione interprofessionale dei dipendenti con una platea dell’11,92%, autorizzata a firmare un numero molto elevato di contratti collettivi e non solo quelli specifici del management.

CIU Unionquadri partecipa all’apertura di un corso di alta formazione sul tema Bullismo e Cyberbullismo

Nell’ambito del corso di Alta Formazione sulla violenza nelle relazioni interpersonali, si è svolto promosso dalla associazione Lybra, in data 25 settembre 2024 presso il Palazzo Ferro Fini sede del Consiglio Regionale del Veneto, un incontro di apertura sul tema del Bullismo e del Cyberbullismo e della violenza di genere.

Erano presenti gli operatori del settore dal volontariato alle forze dell’ordine, ivi compresi i sindacati delle forze di polizia, nonché autorità politiche ed amministrative. Importante pure la presenza di persone coinvolte in episodi di bullismo che hanno fornito importanti testimonianze del vissuto.

Presente su invito anche una delegazione di CIU Unionquadri con il Vicepresidente Fabio Petracci, Marco Ancora Responsabile del Settore Cultura dell’Associazione e iGerarda Urciuoli che con Unipromos segue la sede di Trieste per quanto attiene il Benessere Lavorativo.

Nel corso dell’ampia discussione, Fabio Petracci per CIU Unionquadri ha evidenziato i molteplici tratti comuni tra le forme di violenza trattate e quelle esistenti negli ambiti lavorativi come il Mobbing e lo Stress Lavoro correlato, sottolineando come in realtà esista un unico problema generatore dato dalla violenza nelle relazioni interpersonali da non confondersi con l’autorità ed i necessari rapporti gerarchici e organizzativi, sottolineando sul tema, la fattiva collaborazione tra CIU Unionquadri e Lybra.

Marco Ancora responsabile del comparto cultura di CIU Unionquadri ha sottolineato le implicazioni culturali e sociali che emergono e condizionano i rapporti interpersonali, soprattutto in periodi di novità tecnologiche ed informatiche.

Corte Costituzionale – Maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità (RIA) spetta ai dipendenti pubblici.

La sentenza n. 4/2024 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge n.388/2000, che era intervenuto, in via retroattiva, per escludere l’operatività delle maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità (RIA) dei dipendenti pubblici in relazione al triennio 1991-1993.

Nel dettaglio, l’istituto della RIA era stato disciplinato dal D.P.R. n. 44/1990, il quale aveva recepito l’accordo sindacale del 26 settembre 1989 concernente il personale dei Ministeri: erano riconosciute maggiorazioni della RIA in favore del personale che “alla data del 1° gennaio 1990” avesse “acquisito esperienza professionale con almeno cinque anni di effettivo servizio” o che avesse maturato “detto quinquennio nell’arco della vigenza contrattuale” Ulteriori maggiorazioni erano previste nel caso di maggiore anzianità di servizio.

Quindi, il d.l. n.384/1992 prorogava al triennio 1991-1993 l’efficacia di tali disposizioni, la cui scadenza originaria era fissata al 31 dicembre 1990.

Successivamente, l’art. 51, comma 3, della legge n. 388/2000 aveva espressamente escluso che la proroga al 31 dicembre 1993 dell’intera disciplina contenuta nel d.P.R. n. 44/1990 potesse estendere anche il termine per la maturazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’ottenimento della maggiorazione della RIA.

La Corte Costituzionale nella sentenza in commento rileva come l’art. 51, comma 3 della legge n. 388/2000 sia entrato in vigore il 1° gennaio 2001 e quindi, ben nove anni dopo la proroga disposta dal d.l. n.384/1992, in un momento in cui risultavano pendenti diversi giudizi promossi da dipendenti nei confronti di amministrazioni pubbliche, stante l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato favorevole alle richieste dei lavoratori.

Il legislatore è dunque intervenuto col fine specifico di superare tale orientamento giurisprudenziale, nella consapevolezza della grande diffusione del contenzioso promosso dai dipendenti pubblici per il riconoscimento delle maggiorazioni della RIA in relazione al triennio 1991-1993, come peraltro precisato nella documentazione predisposta dagli uffici parlamentari a illustrazione dei contenuti della norma.

Il controllo di costituzionalità diviene ancor più stringente qualora l’intervento legislativo retroattivo incida su giudizi in corso, specialmente nel caso in cui sia coinvolta nel processo un’amministrazione pubblica.

Infatti, tanto i principi costituzionali relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale, quanto i principi concernenti l’effettività della tutela giurisdizionale e la parità delle parti in giudizio, impediscono al legislatore di risolvere, con legge, specifiche controversie e di determinare, per questa via, uno sbilanciamento tra le posizioni delle parti coinvolte nel giudizio.

Pertanto l’art. 51, comma 3 della legge n. 388/2000, avendo introdotto una norma innovativa ad efficacia retroattiva, si è posta in contrasto con i principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio, sanciti dagli artt. 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, Cost, quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, nonché con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e certezza dell’ordinamento giuridico di cui all’art. 3 Cost: ne è dunque conseguita la dichiarazione di illegittimità costituzionale.

Il CNEL sta lavorando su una riforma pensionistica: alcuni punti che potrebbero essere oggetto di intervento

Il CNEL è al lavoro per una proposta di riforma delle pensioni che sarà di seguito sottoposta al vaglio degli organi politici, trattandosi di un documento meramente tecnico.

Nel corso del mese di febbraio, è stata insediato presso il CNEL un gruppo di lavoro composto da 10 esperti in materia di lavoro che lavorerà su questo progetto e dovrebbe essere prossimo a pubblicare i risultati.

È prevista in termini ravvicinati, l’uscita di quattro documenti tecnici, rispettivamente concernenti la previdenza obbligatoria, la previdenza complementare, la contribuzione e le casse dei liberi professionisti.

L’articolato potrebbe, una volta valutato in sede governativa, essere recepito nella legge di bilancio 2025 o assumere un percorso legislativo autonomo e successivo alla pubblicazione della legge di bilancio.

Traspaiono intanto alcuni punti che potrebbero connotare i punti centrali della riforma:

  1. Si ipotizza la conferma della maturazione del trattamento pensionistico a 67 anni di età;
  2. È innalzato il requisito contributivo da 20 anni a 25 anni;
  3. Dovrebbero trovare eliminazione i vari sistemi di quote per poter giungere prima alla pensione come quota 103, Ape Sociale, Opzione Donna, con la possibilità di uscite anticipate dai 64 ai 72 anni con calcolo pensionistico esclusivamente contributivo.

Il progetto dovrebbe inoltre consentire una certa flessibilità in uscita individuata tra i 64 ed i 72 anni ferma la contribuzione richiesta di 25 anni e con penalizzazioni corrispondenti a circa il 3% dell’assegno.

In ogni caso, parrebbe che qualunque soluzione pensionistica sia condizionata al raggiungimento di un monte contributivo in grado di permettere la percezione di almeno 800 euro lordi mensili.

Fabio Petracci

Convenzione CIU-UNSIC per Assistenza Fiscale e Previdenziale

CIU UNIONQUADRI ha stipulato con il Patronato UNSIC (https://unsic.it/) una convenzione che riguarda l’assistenza fiscale e previdenziale a favore degli iscritti a CIU UNIONQUADRI e dei loro familiari.

UNSIC garantirà presso tutte le sedi un servizio di assistenza e rappresentanza con costi predeterminati e vantaggiosi rispetto a quelli ordinariamente prospettati sul mercato.

L’assistenza è rivolta a datori di lavoro e lavoratori quadri o impiegati direttivi o comunque aderenti ad organizzazioni confederate a CIU UNIONQUADRI.

Il servizio reso da UNSIC è coperto da regolare assicurazione per eventuali errori e prevede una costante iterazione tra l’assistito UNSIC e CIU UNIONQUADRI.

Si invitano quindi le sedi locali e le associazioni imprenditoriali associate a dare pubblicità alla presente comunicazione ed a riferirne gli sviluppi constatati.

Applicazione della disciplina dell’impresa familiare anche al convivente di fatto

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 148 del 2024 del 25.07.2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 230-bis, terzo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede come familiare – oltre al coniuge, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo – anche il “convivente di fatto” e dunque come impresa familiare anche quella cui collabora anche lo stesso “convivente di fatto”.

Inoltre, in via consequenziale, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-ter del codice civile che riconosceva al convivente di fatto una tutela significativamente più ridotta.

L’art. 230bis del codice civile, rubricato “Impresa familiare” riconosce una tutela specifica a tutti coloro che, legati da vincoli di parentela o di coniugio, partecipano al processo produttivo dell’impresa gestita dal capofamiglia; il rapporto rilevante è quello intercorrente tra un soggetto e un familiare imprenditore, allorquando il primo svolga un’attività di lavoro continuativa a favore del secondo, a cui viene riconosciuto un regime di tutela destinato ad operare solo laddove familiare e imprenditore non abbiano provveduto a disciplinare diversamente e in autonomia la prestazione di lavoro.

La Corte costituzionale dunque ha rilevato che in una società profondamente mutata, se rimangono le differenze di disciplina rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, quando si tratta di diritti fondamentali, questi devono essere riconosciuti a tutti senza distinzioni.

Il diritto al lavoro ed alla giusta retribuzione è un diritto fondamentale che, nel contesto di un’impresa familiare, richiede uguale tutela, versando anche il convivente di fatto, come il coniuge, nella stessa situazione in cui la prestazione lavorativa deve essere protetta, rischiando altrimenti di essere inesorabilmente attratta nell’orbita del lavoro gratuito.

Di conseguenza, è stata ritenuta irragionevole la mancata inclusione del convivente di fatto nell’impresa familiare.