RSA e RSU: gli accordi interconfederali

Le RSA sono previste dall’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori e sono costituite ad iniziativa dei lavoratori, maesclusivamente nell’ambito di organizzazioni sindacali aventi determinati requisiti di rappresentatività.

La Corte costituzionale, con sentenza del 3 luglio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 nella parte in cui non prevede che la Rappresentanza Sindacale Aziendale sia costituita anche da associazioni sindacali che, pur non avendo sottoscritto contratti collettivi applicati nell’azienda, abbiano partecipato alla trattativa.

Le RSU sono state introdotte dall’accordo interconfederale del 1993 tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL. Da ultimo è intervenuto il T.U. sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, disciplina specificatamente le rappresentanze sindacali nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, prevedendo che ha stabilito che dovrà essere adottata una sola forma di rappresentanza (o RSU o RSA).

L’iniziativa per la costituzione di RSU e per la presentazione di liste elettorali spetta sia alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2010, del Protocollo 31 maggio 2013 e dello stesso T.U., che alle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL applicato nell’unità produttiva interessata. In alternativa, le stesse facoltà sono riconosciute alle associazioni sindacali che hanno aderito formalmente al contenuto degli accordi di cui sopra e la cui lista elettorale, nelle aziende con più di 60 dipendenti, è corredata da un numero di firme dei lavoratori impiegati in quell’unità produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto (oppure almeno tre firme nelle imprese di dimensione compresa tra 16 e 59 dipendenti). Nel caso di rinnovi successivi, l’iniziativa può essere esercitata anche dalle RSU già esistenti.

Le RSU vengono elette mediante elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto tra liste concorrenti.

Le RSU subentrano alle RSA e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e all’esercizio delle funzioni loro spettanti.

Di seguito il Testo Unico sulla Rappresentanza Confindustria – firmato da Cgil, Cisl e Uil a Roma il 10 gennaio 2014:

“PARTE PRIMA MISURA E CERTIFICAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA AI FINI DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE DI CATEGORIA

Per la misura e la certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria, si assumono i dati associativi (deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori) e i dati elettorali ottenuti (voti espressi) in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. Il datore di lavoro provvederà, alle condizioni e secondo le modalità contenute nel presente accordo, ad effettuare la rilevazione del numero delle deleghe dei dipendenti iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo 31 maggio 2013 e del presente Accordo. La delega dovrà contenere l’indicazione della organizzazione sindacale di categoria e del conto corrente bancario al quale il datore di lavoro dovrà versare il contributo associativo. Il contributo associativo non potrà essere inferiore ad un valore percentuale di una retribuzione convenzionale costituita dal minimo tabellare in vigore, nel mese di gennaio di ciascun anno, che ogni singolo Ccnl individuerà. Il lavoratore che intenda revocare la delega, dovrà rilasciare apposita dichiarazione scritta e la revoca, ai fini della rilevazione del numero delle deleghe, avrà effetto al termine del mese nel quale è stata notificata al datore di lavoro. La raccolta delle nuove deleghe dovrà avvenire mediante l’utilizzo di un modulo suddiviso in due parti, la prima delle quali, contenente l’indicazione del sindacato beneficiario del contributo, sarà trasmessa al datore di lavoro e la seconda, sempre a cura del lavoratore, sarà inviata al medesimo sindacato. Le imprese accetteranno anche le deleghe a favore delle organizzazioni sindacali di categoria che aderiscano e si obblighino a rispettare integralmente i contenuti del presente Accordo nonché dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo 31 maggio 2013. Il numero delle deleghe viene rilevato dall’Inps tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens). Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, tramite apposita convenzione, definiranno con l’Inps l’introduzione nelle dichiarazioni mensili Uniemens di un’apposita sezione per la rilevazione annuale del numero delle deleghe sindacali relative a ciascun ambito di applicazione del Ccnl. Per questo scopo, le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo procederanno a catalogare i contratti collettivi nazionali di categoria, attribuendo a ciascun contratto uno specifico codice, che sarà comunicato anche al Cnel. Le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo attribuiranno uno specifico codice identificativo a tutte le organizzazioni sindacali di categoria interessate a partecipare alla rilevazione della propria rappresentanza per gli effetti della stipula dei contratti collettivi nazionali di lavoro e ne daranno tempestiva informativa all’Inps, alla Confindustria e al Cnel. Ciascun datore di lavoro, attraverso il modulo Uniemens, indicherà nell’apposita sezione, il codice del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato e il numero delle deleghe ricevute per ogni singola organizzazione sindacale di categoria con relativo codice identificativo nonché la forma di rappresentanza presente nelle unità produttive con più di quindici dipendenti. Ulteriori dati potranno essere rilevati secondo le modalità definite nella convenzione con l’Inps. In forza della specifica convenzione, l’Inps elaborerà annualmente i dati raccolti e, per ciascun contratto collettivo nazionale di lavoro, aggregherà il dato relativo alle deleghe raccolte da ciascuna organizzazione sindacale di categoria relativamente al periodo gennaio – dicembre di ogni anno. Il numero degli iscritti, ai fini delle rilevazioni della rappresentanza di ciascuna organizzazione sindacale di categoria su base nazionale, sarà determinato dividendo il numero complessivo delle rilevazioni mensili, effettuate in virtù delle deleghe, per dodici. Per l’anno 2014 si rileveranno le deleghe relative al secondo semestre. I dati raccolti dall’Inps saranno trasmessi – previa definizione di un protocollo d’intesa con i firmatari del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo – al Cnel che li pondererà con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle Rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni tre anni. I dati degli iscritti rilevati dall’Inps in relazione alle unità produttive che superino i quindici dipendenti e in cui siano presenti Rsa ovvero non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale saranno trasmessi, entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di rilevazione, al Cnel. Per consentire la raccolta dei dati relativi ai consensi ottenuti dalle singole organizzazioni sindacali di categoria in occasione delle elezioni delle Rsu Nei singoli luoghi di lavoro, copia del verbale di cui al punto 19 della sezione terza della Parte Seconda del presente accordo dovrà essere trasmesso a cura della Commissione elettorale al Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo). L’invio dei verbali è previsto sia per le rappresentanze sindacali unitarie che verranno elette successivamente all’entrata in vigore del presente accordo sia per quelle elette antecedentemente ancora validamente in carica. Il Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) raccoglierà tutti i dati relativi alle Rsu validamente in carica alla data del 31 luglio di ogni anno, desumendoli dai singoli verbali elettorali pervenuti al Comitato medesimo, raggruppandoli per ciascuna organizzazione sindacale di categoria, e li trasmette al Cnel entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di rilevazione. Il Cnel provvederà a sommare ai voti conseguiti da ciascuna organizzazione sindacale di categoria, il numero degli iscritti risultanti nelle unità produttive con più di 15 dipendenti ove siano presenti Rsa ovvero non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale. Entro il mese di aprile il Cnel provvederà alla ponderazione del dato elettorale con il dato associativo – con riferimento ad ogni singolo Ccnl – secondo quanto previsto ai punti 4 e 5 del Protocollo d’Intesa 31 maggio 2013, ossia determinando la media semplice fra la percentuale degli iscritti (sulla totalità degli iscritti) e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle Rsu sul totale dei votanti, quindi, con un peso del 50% per ciascuno dei due dati. Effettuata la ponderazione, il Cnel comunicherà alle parti stipulanti il presente accordo il dato di rappresentanza di ciascuna organizzazione sindacale di categoria relativo ai singoli contratti collettivi nazionali di lavoro. I dati sulla rappresentanza saranno determinati e comunicati dal Cnel entro il mese di maggio dell’anno successivo a quello della rilevazione e, per l’anno 2015, saranno utili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5%: a) per la verifica della maggioranza del 50%+1, per tutti i rinnovi contrattuali che saranno sottoscritti dopo la comunicazione effettuata dal Cnel; b) ai fini della misurazione delle maggioranze relative alle piattaforme di rinnovo per i contratti che scadono dal novembre 2015. Successivamente e di regola, i dati comunicati dal Cnel saranno validamente utilizzabili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5% anche per la determinazione della maggioranza del 50%+1: a) ai fini della sottoscrizione dei Ccnl, in base all’ultimo dato disponibile; b) ai fini della presentazione delle piattaforme, in base al dato disponibile sei mesi prima della scadenza del contratto.

PARTE SECONDA REGOLAMENTAZIONE DELLE RAPPRESENTANZE IN AZIENDA

Sezione prima. Regole generali sulle forme della rappresentanza in azienda

Le parti contraenti il presente accordo concordano che in ogni singola unità produttiva con più di quindici dipendenti dovrà essere adottata una sola forma di rappresentanza. Nel caso di unità produttive con più di quindici dipendenti ove non siano mai state costituite forme di rappresentanza sindacale, le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo concordano che, qualora non si proceda alla costituzione di rappresentanze sindacali unitarie ma si opti per il diverso modello della rappresentanza sindacale aziendale: a) dovrà essere garantita l’invarianza dei costi aziendali rispetto alla situazione che si sarebbe determinata con la costituzione della rappresentanza sindacale unitaria; b) alla scadenza della rsa, l’eventuale passaggio alle Rsu potrà avvenire se deciso dalle organizzazioni sindacali che rappresentino, a livello nazionale, la maggioranza del 50%+1 come determinata nella parte prima del presente accordo. In tutti i casi in cui trova applicazione l’art. 2112 del Codice civile e che determinino rilevanti mutamenti nella composizione delle unità produttive interessate, ferma restando la validità della Rsu in carica fino alla costituzione della nuova Rsu, si procederà a nuove elezioni entro tre mesi dal trasferimento. Sezione seconda. Modalità di costituzione e di funzionamento delle Rappresentanze sindacali unitarie Premessa Le seguenti regole in materia di Rappresentanze sindacali unitarie, riprendono la disciplina contenuta nell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 con gli adeguamenti alle nuove intese interconfederali. Le seguenti regole trovano applicazione per le procedure di costituzione delle nuove Rsu e per il rinnovo di quelle già esistenti.

1. Ambito e iniziativa per la costituzione Rappresentanze sindacali unitarie possono essere costituite nelle unità produttive nelle quali il datore di lavoro occupi più di 15 dipendenti, a iniziativa delle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo interconfederale. Ai fini del computo del numero dei dipendenti i lavoratori con contratto di lavoro a part time saranno computati in misura proporzionale all’orario di lavoro contrattuale mentre i lavoratori con contratto a tempo determinato saranno computati in base al numero medio mensile di quelli impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. Hanno potere di iniziativa anche le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del Ccnl applicato nell’unità produttiva ovvero le associazioni sindacali abilitate alla presentazione delle liste elettorali ai sensi del punto 4, sezione terza, a condizione che abbiano comunque effettuato adesione formale al contenuto dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo. L’iniziativa di cui al primo comma può essere esercitata, congiuntamente o disgiuntamente, da parte delle associazioni sindacali come sopra individuate. La stessa iniziativa, per i successivi rinnovi, potrà essere assunta anche dalla Rsu ove validamente esistente.

2. Composizione Alla costituzione della Rsu si procede mediante elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto tra liste concorrenti. Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi, le associazioni sindacali terranno conto delle categorie degli operai, impiegati e quadri di cui all’art. 2095 del Codice civile, nei casi di incidenza significativa delle stesse nella base occupazionale dell’unità produttiva, per garantire un’adeguata composizione della rappresentanza. Nella composizione delle liste si perseguirà un’adeguata rappresentanza di genere, attraverso una coerente applicazione delle norme antidiscriminatorie.

3. Numero dei componenti Il numero dei componenti le Rsu sarà pari almeno a: a) 3 componenti per la Rsu costituita nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti; b) 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti; c) 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lett. b).

4. Diritti, permessi, libertà sindacali, tutele e modalità di esercizio I componenti delle Rsu subentrano ai dirigenti delle Rsa nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già loro spettanti; per effetto delle disposizioni di cui al titolo 3° della legge n. 300/1970. Sono fatte salve le condizioni di miglior favore eventualmente già previste nei confronti delle associazioni sindacali dai Ccnl o accordi collettivi di diverso livello, in materia di numero dei dirigenti della Rsa, diritti, permessi e libertà sindacali. Nelle stesse sedi negoziali si procederà, nel principio dell’invarianza dei costi, all’armonizzazione nell’ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della Rsu. In tale occasione, sempre nel rispetto dei principi sopra concordati, le parti definiranno in via prioritaria soluzioni in base alle quali le singole condizioni di miglior favore dovranno permettere alle organizzazioni sindacali con le quali si erano convenute, di mantenere una specifica agibilità sindacale. Sono fatti salvi in favore delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie il Ccnl applicato nell’unità produttiva, i seguenti diritti: a) diritto a indire, singolarmente o congiuntamente, l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ex art. 20, Legge n. 300/1970; b) diritto ai permessi non retribuiti di cui all’art. 24, Legge n. 300/1970; c) diritto di affissione di cui all’art. 25 della Legge n. 300 del 1970.

5. Clausola di armonizzazione Le Rsu subentrano alle Rsa e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto di disposizioni di legge.

6. Durata e sostituzione nell’incarico I componenti della Rsu restano in carica per tre anni, al termine dei quali decadono automaticamente. In caso di dimissioni, il componente sarà sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista. Le dimissioni e conseguenti sostituzioni dei componenti le Rsu non possono concernere un numero superiore al 50% degli stessi, pena la decadenza della Rsu con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente accordo. Il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della Rsu ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.

7. Decisioni Le decisioni relative a materie di competenza delle Rsu sono assunte dalle stesse, a maggioranza, in base a quanto previsto nella parte terza del presente accordo che recepisce i contenuti dell’Accordo interconfederale 28 giugno 2011. Le Rsu costituite nelle unità produttive di imprese plurilocalizzate potranno dare vita a organi o a procedure di coordinamento fissandone espressamente poteri e competenze. 8. Clausola di salvaguardia Le organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo o che, comunque, aderiscano alla disciplina in essi contenuta partecipando alla procedura di elezione della Rsu, rinunciano formalmente ed espressamente a costituire Rsa ai sensi dell’art. 19, della Legge 20 maggio 1970, n. 300. In particolare, le organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, o che comunque ad essi aderiscano, si impegnano a non costituire Rsa nelle realtà in cui siano state o vengano costituite Rsu. Il passaggio dalle Rsa alle Rsu potrà avvenire solo se definito unitariamente dalle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie del Protocollo 31 maggio 2013. Sezione terza. Disciplina della elezione della Rsu

1. Modalità per indire le elezioni Almeno tre mesi prima della scadenza del mandato della Rsu, le associazioni sindacali di cui al punto 1, sezione seconda, del presente accordo, congiuntamente o disgiuntamente, o la Rsu uscente, provvederanno ad indire le elezioni mediante comunicazione da affiggere nell’apposito albo che l’azienda metterà a disposizione della Rsu e da inviare alla Direzione aziendale. Il termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui sopra; l’ora di scadenza si intende fissata alla mezzanotte del quindicesimo giorno.

2. Quorum per la validità delle elezioni Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente accordo favoriranno la più ampia partecipazione dei lavoratori alle operazioni elettorali. Le elezioni sono valide ove alle stesse abbia preso parte più della metà dei lavoratori aventi diritto al voto. Nei casi in cui detto quorum non sia stato raggiunto, la Commissione elettorale e le organizzazioni sindacali operanti all’interno dell’azienda prenderanno ogni determinazione in ordine alla validità della consultazione in relazione alla situazione venutasi a determinare nell’unità produttiva.

3. Elettorato attivo e passivo Hanno diritto di votare tutti gli apprendisti, gli operai, gli impiegati e i quadri non in prova in forza all’unità produttiva alla data delle elezioni. Hanno altresì diritto al voto i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato che prestino la propria attività al momento del voto. Ferma restando l’eleggibilità degli operai, impiegati e quadri non in prova in forza all’unità produttiva, candidati nelle liste di cui al successivo punto 4, la contrattazione di categoria, che non abbia già regolato la materia in attuazione dell’Accordo del 20 dicembre 1993, dovrà regolare l’esercizio del diritto di elettorato passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato.

4. Presentazione delle liste All’elezione della Rsu possono concorrere liste elettorali presentate dalle: a) organizzazioni sindacali di categoria aderenti a confederazioni firmatarie del presente accordo oppure dalle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva; b) associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo a condizione che: 1) accettino espressamente, formalmente ed integralmente i contenuti del presente accordo, dell’Accodo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013; 2) la lista sia corredata da un numero di firme di lavoratori dipendenti dall’unità produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto nelle aziende con oltre 60 dipendenti. Nelle aziende di dimensione compresa fra 16 e 59 dipendenti la lista dovrà essere corredata da almeno tre firme di lavoratori. Non possono essere candidati coloro che abbiano presentato la lista ed i membri della Commissione elettorale. Ciascun candidato può presentarsi in una sola lista. Ove, nonostante il divieto di cui al precedente comma, un candidato risulti compreso in più di una lista, la Commissione elettorale di cui al punto 5, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle liste e prima di procedere alla affissione delle liste stesse ai sensi del punto 7, inviterà il lavoratore interessato a optare per una delle liste. Il numero dei candidati per ciascuna lista non può superare di oltre 2/3 il numero dei componenti la Rsu da eleggere nel collegio.

5. Commissione elettorale Al fine di assicurare un ordinato e corretto svolgimento della consultazione, nelle singole unità produttive viene costituita una Commissione elettorale. Per la composizione della stessa ogni organizzazione abilitata alla presentazione di liste potrà designare un lavoratore dipendente dall’unità produttiva, non candidato.

6. Compiti della Commissione La Commissione elettorale ha il compito di: a) ricevere la presentazione delle liste, rimettendo immediatamente dopo la sua completa integrazione ogni contestazione relativa alla rispondenza delle liste stesse ai requisiti previsti dal presente accordo; b) verificare la valida presentazione delle liste; c) costituire i seggi elettorali, presiedendo alle operazioni di voto che dovranno svolgersi senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale; d) assicurare la correttezza delle operazioni di scrutinio dei voti; e) esaminare e decidere su eventuali ricorsi proposti nei termini di cui al presente accordo; f) proclamare i risultati delle elezioni, comunicando gli stessi a tutti i soggetti interessati, ivi comprese le associazioni sindacali presentatrici di liste.

7. Affissioni Le liste dei candidati dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori, a cura della Commissione elettorale, mediante affissione nell’albo di cui al punto 1, almeno otto giorni prima della data fissata per le elezioni.

8. Scrutatori È in facoltà dei presentatori di ciascuna lista di designare uno scrutatore per ciascun seggio elettorale, scelto fra i lavoratori elettori non candidati. La designazione degli scrutatori deve essere effettuata non oltre le 24 ore che precedono l’inizio delle votazioni.

9. Segretezza del voto Nelle elezioni il voto è segreto e diretto e non può essere espresso per interposta persona.

10. Schede elettorali La votazione ha luogo a mezzo di scheda unica, comprendente tutte le liste disposte in ordine di presentazione e con la stessa evidenza. In caso di contemporaneità della presentazione l’ordine di precedenza sarà estratto a sorte. Le schede devono essere firmate da almeno due componenti del seggio; la loro preparazione e la votazione devono avvenire in modo da garantire la segretezza e la regolarità del voto. La scheda deve essere consegnata a ciascun elettore all’atto della votazione dal Presidente del seggio. Il voto di lista sarà espresso mediante crocetta tracciata sulla intestazione della lista. Il voto è nullo se la scheda non è quella predisposta o se presenta tracce di scrittura o analoghi segni di individuazione.

11. Preferenze L’elettore può manifestare la preferenza solo per un candidato della lista da lui votata. Il voto preferenziale sarà espresso dall’elettore mediante una crocetta apposta a fianco del nome del candidato preferito, ovvero scrivendo il nome del candidato preferito nell’apposito spazio della scheda. L’indicazione di più preferenze date alla stessa lista vale unicamente come votazione della lista, anche se non sia stato espresso il voto della lista. Il voto apposto a più di una lista, o l’indicazione di più preferenze date a liste differenti, rende nulla la scheda. Nel caso di voto apposto ad una lista e di preferenze date a candidati di liste differenti, si considera valido solamente il voto di lista e nulli i voti di preferenza.

12. Modalità della votazione Il luogo e il calendario di votazione saranno stabiliti dalla Commissione elettorale, previo accordo con la Direzione aziendale, in modo tale da permettere a tutti gli aventi diritto l’esercizio del voto, nel rispetto delle esigenze della produzione. Qualora l’ubicazione degli impianti e il numero dei votanti lo dovessero richiedere, potranno essere stabiliti più luoghi di votazione, evitando peraltro eccessivi frazionamenti anche per conservare, sotto ogni aspetto, la segretezza del voto. Nelle aziende con più unità produttive le votazioni avranno luogo di norma contestualmente. Luogo e calendario di votazione dovranno essere portati a conoscenza di tutti i lavoratori, mediante comunicazione nell’albo esistente presso le aziende, almeno 8 giorni prima del giorno fissato per le votazioni.

13. Composizione del seggio elettorale Il seggio è composto dagli scrutatori di cui al punto 8, parte terza, del presente Accordo e da un Presidente, nominato dalla Commissione elettorale.

14. Attrezzatura del seggio elettorale A cura della Commissione elettorale ogni seggio sarà munito di un’urna elettorale, idonea ad una regolare votazione, chiusa e sigillata sino alla apertura ufficiale della stessa per l’inizio dello scrutinio. Il seggio deve inoltre poter disporre di un elenco completo degli elettori aventi diritto al voto presso di esso.

15. Riconoscimento degli elettori Gli elettori, per essere ammessi al voto, dovranno esibire al Presidente del seggio un documento di riconoscimento personale. In mancanza di documento personale essi dovranno essere riconosciuti da almeno due degli scrutatori del seggio; di tale circostanza deve essere dato atto nel verbale concernente le operazioni elettorali.

16. Compiti del Presidente Il Presidente farà apporre all’elettore, nell’elenco di cui al precedente punto 14, la firma accanto al suo nominativo.

17. Operazioni di scrutinio Le operazioni di scrutinio avranno inizio subito dopo la chiusura delle operazioni elettorali di tutti i seggi dell’unità produttiva. Al termine dello scrutinio, a cura del Presidente del seggio, il verbale dello scrutinio, su cui dovrà essere dato atto anche delle eventuali contestazioni, verrà consegnato – unitamente al materiale della votazione (schede, elenchi, ecc.) – alla Commissione elettorale che, in caso di più seggi, procederà alle operazioni riepilogative di calcolo dandone atto nel proprio verbale. La Commissione elettorale al termine delle operazioni di cui al comma precedente provvederà a sigillare in un unico piego tutto il materiale (esclusi i verbali) trasmesso dai seggi; il piego sigillato, dopo la definitiva convalida della Rsu Sarà conservato secondo accordi tra la Commissione elettorale e la Direzione aziendale in modo da garantirne la integrità e ciò almeno per tre mesi. Successivamente sarà distrutto alla presenza di un delegato della Commissione elettorale e di un delegato della Direzione.

18. Attribuzione dei seggi Ai fini dell’elezione dei componenti della Rsu, il numero dei seggi sarà ripartito, secondo il criterio proporzionale, con applicazione del metodo dei resti più alti, in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti. Nell’ambito delle liste che avranno conseguito un numero di voti sufficiente all’attribuzione di seggi, i componenti saranno individuati seguendo l’ordine dei voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati e, in caso di parità di voti di preferenza, in relazione all’ordine nella lista.

19. Ricorsi alla Commissione elettorale La Commissione elettorale, sulla base dei risultati di scrutinio, procede alla assegnazione dei seggi e alla redazione di un verbale sulle operazioni elettorali, che deve essere sottoscritto da tutti i componenti della Commissione stessa. Trascorsi 5 giorni dalla affissione dei risultati degli scrutini senza che siano stati presentati ricorsi da parte dei soggetti interessati, si intende confermata l’assegnazione dei seggi di cui al primo comma e la Commissione ne dà atto nel verbale di cui sopra, che sarà trasmesso al comitato provinciale dei Garanti (o analogo organismo costituito per lo scopo di rilevare i risultati elettorali). Ove invece siano stati presentati ricorsi nei termini suddetti, la Commissione deve provvedere al loro esame entro 48 ore, inserendo nel verbale suddetto la conclusione alla quale è pervenuta. Copia di tale verbale e dei verbali di seggio dovrà essere notificata a ciascun rappresentante delle associazioni sindacali che abbiano presentato liste elettorali, entro 48 ore dal compimento delle operazioni di cui al comma precedente e notificata, a mezzo raccomandata con ricevuta ovvero a mezzo posta elettronica certificata, nel termine stesso, sempre a cura della Commissione elettorale, al Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) e alla Associazione industriale territoriale, che, a sua volta, ne darà pronta comunicazione all’azienda.

20. Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) Contro le decisioni della Commissione elettorale è ammesso ricorso entro 10 giorni ad apposito Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo). Tale Comitato è composto, a livello provinciale, da un membro designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali, presentatrici di liste, interessate al ricorso, da un rappresentante dell’associazione industriale locale di appartenenza, ed è presieduto dal Direttore della Dtl o da un suo delegato. Il Comitato si pronuncerà entro il termine perentorio di 10 giorni.

21. Comunicazione della nomina dei componenti della Rsu La nomina dei componenti della Rsu, una volta definiti gli eventuali ricorsi, sarà comunicata per iscritto alla Direzione aziendale per il tramite della locale organizzazione imprenditoriale d’appartenenza a cura delle organizzazioni sindacali di rispettiva appartenenza dei componenti.

22. Adempimenti della Direzione aziendale La Direzione aziendale metterà a disposizione della Commissione elettorale l’elenco dei dipendenti aventi diritto al voto nella singola unità produttiva e quanto necessario a consentire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali.

PARTE TERZA TITOLARITÀ ED EFFICACIA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE DI CATEGORIA E AZIENDALE

Il contratto collettivo nazionale di lavoro ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle Organizzazioni sindacali firmatarie del presente Accordo e dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013, che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media fra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale voti ottenuti su voti espressi) come risultante dalla ponderazione effettuata dal Cnel. Nel rispetto della libertà e autonomia di ogni Organizzazione sindacale, le Federazioni di categoria – per ogni singolo Ccnl – decideranno le modalità di definizione della piattaforma e della delegazione trattante e le relative attribuzioni con proprio regolamento. In tale ambito, e in coerenza con le regole definite nella presente intesa, le Organizzazioni sindacali favoriranno, in ogni categoria, la presentazione di piattaforme unitarie. Ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali previsti dalla legge, ai sensi dell’articolo 19 e seguenti della Legge 20 maggio 1970, n. 300, si intendono partecipanti alla negoziazione le organizzazioni che abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza, secondo i criteri concordati nel presente accordo, e che abbiano partecipato alla negoziazione in quanto hanno contribuito alla definizione della piattaforma e hanno fatto parte della delegazione trattante l’ultimo rinnovo del Ccnl definito secondo le regole del presente accordo. Fermo restando quanto previsto al secondo paragrafo, in assenza di piattaforma unitaria, la parte datoriale favorirà, in ogni categoria, che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50%+1. I contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 50%+1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, a maggioranza semplice – le cui modalità saranno stabilite dalle categorie per ogni singolo contratto – saranno efficaci ed esigibili. La sottoscrizione formale dell’accordo, come sopra descritta, costituirà l’atto vincolante per entrambe le Parti. Il rispetto delle procedure sopra definite comporta che gli accordi in tal modo conclusi sono efficaci ed esigibili per l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici nonchè pienamente esigibili per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa. Conseguentemente le parti firmatarie e le rispettive Federazioni si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti. La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge. I contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci ed esigibili per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali, espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, operanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali convenute con il presente Accordo. In caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della Legge n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati ai sensi della presente intesa. Ai fini di garantire analoga funzionalità alle forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, come previsto per le rappresentanze sindacali unitarie anche le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, quando presenti, durano in carica tre anni. Inoltre, i contratti collettivi aziendali approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali con le modalità sopra indicate devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle rappresentanze sindacali aziendali a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una organizzazione sindacale espressione di una delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti. I contratti collettivi aziendali possono attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi. I contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro. Ove non previste ed in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’azienda, i contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le relative organizzazioni sindacali territoriali di categoria espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo.

PARTE QUARTA DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE CLAUSOLE E ALLE PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO E ALLE CLAUSOLE SULLE CONSEGUENZE DELL’INADEMPIMENTO

Le parti firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 ovvero del presente Accordo convengono sulla necessità di definire disposizioni volte a prevenire e a sanzionare eventuali azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processi negoziali come disciplinati dagli accordi interconfederali vigenti nonché l’esigibilità e l’efficacia dei contratti collettivi stipulati nel rispetto dei principi e delle procedure contenute nelle intese citate. Pertanto i contratti collettivi nazionali di categoria, sottoscritti alle condizioni di cui al Protocollo d’intesa 31 maggio 2013 e del presente accordo, dovranno definire clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantire, per tutte le parti, l’esigibilità degli impegni assunti con il contratto collettivo nazionale di categoria e a prevenire il conflitto. I medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro dovranno, altresì, determinare le conseguenze sanzionatorie per gli eventuali comportamenti attivi od omissivi che impediscano l’esigibilità dei contratti collettivi nazionali di categoria stipulati ai sensi della presente intesa. Le disposizioni definite dai contratti collettivi nazionali di lavoro, al solo scopo di salvaguardare il rispetto delle regole concordate nell’accordo del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e nel presente accordo, dovranno riguardare i comportamenti di tutte le parti contraenti e prevedere sanzioni, anche con effetti pecuniari, ovvero che comportino la temporanea sospensione di diritti sindacali di fonte contrattuale e di ogni altra agibilità derivante dalla presente intesa. I contratti collettivi aziendali, approvati alla condizioni previste e disciplinate nella parte terza del presente accordo, che definiscono clausole di tregua sindacale e sanzionatorie, finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, hanno effetto vincolante, oltre che per il datore di lavoro, per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori nonché per le associazioni sindacali espressioni delle confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo, o per le organizzazioni che ad esso abbiano formalmente aderito, e non per i singoli lavoratori.

CLAUSOLE TRANSITORIE E FINALI Le parti firmatarie della presente intesa si impegnano a far rispettare le regole qui concordate e si impegnano, altresì, affinché le rispettive organizzazioni di categoria ad esse aderenti e le rispettive articolazioni a livello territoriale e aziendale si attengano a quanto pattuito nel presente accordo. In via transitoria, e in attesa che i rinnovi dei contratti nazionali definiscano la materia disciplinata dalla parte quarta del presente accordo, le parti contraenti concordano che eventuali comportamenti non conformi agli accordi siano oggetto di una procedura arbitrale da svolgersi a livello confederale. A tal fine, le organizzazioni di categoria appartenenti ad una delle Confederazioni firmatarie del presente accordo, ovvero che comunque tale accordo abbiano formalmente accettato, sono obbligate a richiedere alle rispettive Confederazioni la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato composto, pariteticamente, da un rappresentante delle organizzazioni sindacali confederali interessate e da altrettanti rappresentanti della Confindustria, nonché da un ulteriore membro, che riveste la carica di Presidente, individuato di comune accordo o, in mancanza di accordo, a sorteggio fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo, entro 30 giorni, dalle parti stipulanti il presente accordo. Nella decisone del collegio, che dovrà intervenire entro dieci giorni dalla sua composizione, dovranno essere previste le misure da applicarsi nei confronti delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro in caso di inadempimento degli obblighi assunti con il presente accordo e, in particolare, dell’obbligo di farne rispettare i contenuti alle rispettive articolazioni, a tutti i livelli. Viene poi istituita, a cura delle parti firmatarie del presente accordo, una Commissione Interconfederale permanente con lo scopo di favorirne e monitorarne l’attuazione, nonché di garantirne l’esigibilità. La Commissione sarà composta, pariteticamente, da sei membri, designati da Confindustria e dalle tre organizzazioni sindacali più rappresentative al momento della composizione della Commissione, tra esperti in materia di diritto del lavoro e di relazioni industriali. Un settimo componente della Commissione Interconfederale, che assumerà funzioni di Presidente, sarà individuato fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo. La Commissione potrà avvalersi della consulenza di esperti. Ai componenti non spetta alcuna indennità. La Commissione è nominata per un triennio e i suoi membri possono essere confermati una sola volta. Fatte salve le clausole che disciplinano l’esigibilità per i singoli contratti collettivi nazionali di categoria, la Commissione Interconfederale stabilisce, con proprio regolamento, da definire entro tre mesi dalla stipula del presente accordo, le modalità del proprio funzionamento ed i poteri di intervento per garantire l’esigibilità dei contenuti del presente accordo, definendo ogni controversia anche attraverso lo svolgimento di un giudizio arbitrale. La Commissione Interconfederale provvede all’autonoma gestione delle spese relative al proprio funzionamento, nei limiti degli stanziamenti previsti da un apposito fondo istituito a tale scopo dalle parti stipulanti il presente accordo. Il presente accordo potrà costituire oggetto di disdetta e recesso ad opera delle parti firmatarie, previo preavviso pari a 4 mesi”.

Funzionari del Pubblico Impiego: non sempre per far valere i propri diritti è necessario ricorrere al Giudice

Numerose sono le vie che si aprono al dipendente pubblico vittima di una condotta negativa dell’amministrazione di appartenenza o al suo sindacato.

Nell’illustrare queste particolari sedi di confronto, possiamo in qualche modo tentare una classificazione tenendo conto della procedura attuata e del tipo d’intervento richiesto

A) Sedi amministrative interne

Tratteremo al punto a di tutti quei reclami che possono essere attuati in sede di pubblica amministrazione, spesso su temi che coinvolgono la buona amministrazione e di riflesso anche il trattamento del personale,

Indicheremo i principali organi cui possono essere inviati esposti o richieste di intervento quando il malgoverno della cosa pubblica tocca anche i dipendenti:

Elenchiamo per praticità gli organi in questione:

  1. CUG – Comitati Unici di Garanzia
  2. Ispettorato Per la Funzione Pubblica.
  3. Nucleo della Concretezza.
  4. ANAC
  5. La Consulta Nazionale per l’Integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità.

B) Sedi contrattuali

  1. L’interpretazione autentica dei contratti collettivi
  2. La prevenzione del mobbing.
  3. La conciliazione facoltativa delle controversie

C) Sedi precontenziose

  1. La conciliazione facoltativa delle controversie.
  2. Il contenzioso stragiudiziale in materia di trasferimenti.
  3. La conciliazione in tema di provvedimenti disciplinari.
  4. Procedure contrattuali di conciliazione ed arbitrato. Il Contratto Quadro Nazionale.

D) La tutela penale o meglio la denuncia per abuso d’ufficio.

A) Sedi amministrative interne

  1. I Comitati Unici di Garanzia. – CUG.

Sono stati istituiti mediante l’articolo 21 legge 4 novembre 2010 n.183 con il nome di Comitati Unici di Garanzia per le Pari Opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni.

Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato tra cui la Scuola, la realizzazione ed i compiti sono previsti dall’articolo 57 del DLGS 165/2001.

Il comitato volto agli interventi in tema di pari opportunità e discriminazioni di genere, mira anche per definizione ed obiettivo alla realizzazione di un contesto lavorativo improntato al benessere dei lavoratori nell’intento di garantire il miglioramento dell’organizzazione del lavoro.

Esso è sorto con l’intenzione del legislatore di sostituire i vari comitati per la prevenzione del mobbing e delle discriminazioni di origine contrattuale , razionalizzandone e rafforzandone le competenze.

La legge inoltre ne amplia l’azione oltre alle discriminazioni legate al genere e quindi ad ogni altra forma di discriminazione, diretta ed indiretta, che possa discendere da tutti quei fattori di rischio più volte enunciati dalla legislazione comunitaria: età, orientamento sessuale, razza, origine etnica, disabilità e lingua, estendendola all’accesso, al trattamento e alle condizioni di lavoro, alla formazione, alle progressioni in carriera e alla sicurezza.

È prevista la costituzione di un CUG presso ogni amministrazione.

I suoi componenti sono di nomina sindacale e dell’amministrazione.

A titolo esemplificativo, il CUG esercita i compiti di seguito seguenti indicati

Propositivi su:

– predisposizione di piani di azioni positive, per favorire l’uguaglianza sostanziale sul lavoro tra uomini e donne;

– promozione e/o potenziamento di ogni iniziativa diretta ad attuare politiche di conciliazione vita privata/lavoro e quanto necessario per consentire la diffusione della cultura delle pari opportunità;

– temi che rientrano nella propria competenza ai fini della contrattazione integrativa;

– iniziative volte ad attuare le direttive comunitarie per l’affermazione sul lavoro della pari dignità delle persone nonché azioni positive al riguardo;

– analisi e programmazione di genere che considerino le esigenze delle donne e quelle degli uomini (es. bilancio di genere);

– diffusione delle conoscenze ed esperienze, nonché di altri elementi informativi, documentali, tecnici e statistici sui problemi delle pari opportunità e sulle possibili soluzioni adottate da altre amministrazioni o enti, anche in collaborazione con la Consigliera di parità del territorio di riferimento;

– azioni atte a favorire condizioni di benessere lavorativo;

– azioni positive, interventi e progetti, quali indagini di clima, codici etici e di condotta, idonei a prevenire o rimuovere situazioni di discriminazioni o violenze sessuali, morali o psicologiche – mobbing – nell’amministrazione pubblica di appartenenza.

Consultivi, formulando pareri su:

– progetti di riorganizzazione dell’amministrazione di appartenenza;

– piani di formazione del personale;

– orari di lavoro, forme di flessibilità lavorativa e interventi di conciliazione;

– criteri di valutazione del personale,

– contrattazione integrativa sui temi che rientrano nelle proprie competenze.

Di verifica su:

– risultati delle azioni positive, dei progetti e delle buone pratiche in materia di pari opportunità;

– esiti delle azioni di promozione del benessere organizzativo e prevenzione del disagio lavorativo;

– esiti delle azioni di contrasto alle violenze morali e psicologiche nei luoghi di lavoro – mobbing;

– assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, promozione negli avanzamenti di carriera, nella sicurezza sul lavoro.

Il CUG opera in stretto raccordo con il vertice amministrativo dell’ente di appartenenza ed esercita le proprie funzioni utilizzando le risorse umane e strumentali, idonee a garantire le finalità previste dalla legge, che l’amministrazione metterà a tal fine a disposizione, anche sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi vigenti.

Le amministrazioni forniscono ai CUG tutti i dati e le informazioni necessarie a garantirne l’effettiva operatività.

Quali tipi di interventi ad evitare il contenzioso possono essere richiesti a quest’organo?

Ritengo che difficilmente possa essere sottoposto al CUG un intervento su di un caso singolo concernente mobbing o problemi di carriera.

Ritengo quest’organo più adatto per interventi di carattere generale e di vasta portata mediante verifica di situazioni di cattiva organizzazione, discriminazione, cattivo utilizzo del personale. In ogni caso ritengo che ben possa quest’organo effettuare segnalazioni alle amministrazioni in merito a situazioni negative rilevate.

Il CUG può ottenere dall’amministrazione documentazione e relazioni concernenti i fatti dedotti.

La sua operatività è limitata alle discriminazioni, al mobbing, alla cattiva organizzazione delle carriere, alla tutela del benessere lavorativo.

Esso può operare anche in collaborazione con gli OIV (Organismi Interni di Valutazione) in tema di questioni attinenti le valutazioni del personale.

2. L’Ispettorato per la Funzione Pubblica

Trattasi di organo previsto dall’articolo 60, comma 6 del DLGS 165/2001, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento Funzione Pubblica.

Esso vigila e svolge verifiche per accertare la conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, con riferimento particolare alla semplificazione delle procedure, al corretto conferimento degli incarichi, all’esercizio dei poteri disciplinari, al controllo dei costi.

Questo organismo possiede poteri ispettivi in quanto collabora alle visite dei Servizi ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato, può avvalersi dell’apporto della Guardia di Finanza, e dispone di un nucleo di 10 funzionari, può accedere ai dati in possesso del Dipartimento della Funzione Pubblica.

L’Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all’articolo 11, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall’ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all’articolo 55, per l’amministrazione medesima. Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate. 

Come è dato a vedere, i poteri attribuiti all’Ispettorato sono alquanto rilevanti.

Il campo d’azione può anche estendersi a questioni riguardanti il personale, ma ritengo, esclusivamente a quelle che involgono non solo violazioni del contratto o delle leggi sul lavoro, ma che comportino anche aspetti di cattivo funzionamento dell’apparato pubblico, di abusi d’ufficio, di sprechi di denaro.

Principalmente l’azione dell’Ispettorato è quella di garantire l’efficacia e l’imparzialità dell’azione amministrativa, ma nulla vieta che di fronte ad attività illecite dell’amministrazione nei confronti dei dipendenti o della contrattazione collettiva idonee a ledere la funzionalità della pubblica amministrazione se ne possa chiedere l’intervento.

In tema di amministrazione del personale, l’Ispettorato è intervenuto per la mancata analisi degli effettivi fabbisogni di personale e  per la violazione delle disposizioni in materia di progressioni orizzontali e verticali, per la violazione della disciplina che regola il conferimento degli incarichi di collaborazione, l’assenza di una metodologia per la graduazione delle posizioni organizzative, l’illegittima liquidazione della retribuzione di risultato e l’irregolare incremento della retribuzione di posizione del Segretario Comunale, per la costituzione e l’utilizzo del fondo accessorio del personale di comparto, nonché l’attribuzione della retribuzione di risultato ai titolari di posizione organizzativa, in contrasto con la normativa vigente e per l’inosservanza del principio di riduzione della spesa per il personale.

La richiesta di intervento dovrà essere strutturata considerando sempre la prevalenza degli aspetti della questione aventi rilievo generale sulla pubblica amministrazione.

Ad integrazione di questi interventi, sempre presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, si trova l’ufficio per l’organizzazione ed il lavoro pubblico cui è demandata la materia dell’organizzazione degli uffici e del lavoro pubblico nonché le politiche del personale in tema di assunzioni, concorsi, mobilità, corrispondenze professionali, contratti flessibili, condizioni di lavoro, conferimento di incarichi dirigenziali, gestione del contenzioso in materia.

L’Ufficio è a sua volta articolato nei seguenti servizi:

3. Il Nucleo della Concretezza. (introdotto con la legge 56/2019 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale da pochi giorni)

In tema di controlli, interessa pure la recentissima costituzione del nucleo della concretezza.

Questo intervento legislativo con l’articolo 1 interessa ed amplia la portata dell’articolo 60 del DLGS 165/2001 già esaminato in riferimento alle funzioni dell’Ispettorato che ora esamineremo e commenteremo nell’ordine:

Quivi il primo comma dell’articolo 1 della legge 56/2019 (concretezza) enuncia la costituzione del Nucleo della Concretezza destinato ad operare senza eliminare l’Ispettorato già previsto dall’articolo 60 del DLGS 165/2001 e dell’Unità per la Semplificazione.

Sono quindi di seguito al comma 3 chiariti il ruolo e la missione del Nucleo per la Concretezza che unitamente al già esistente Ispettorato di cui all’articolo 60 del DLGS 165 / 2001 dovranno attuare piani per la concreta attuazione di misure concrete atte a favorire il buon funzionamento dell’Amministrazione, anche effettuando visite e sopralluoghi.

Le attribuzioni del Nucleo della Concretezza consistono nella collaborazione con l’Ispettorato per la Funzione Pubblica, effettuando sopralluoghi e visite per rilevare lo stato di attuazione dei provvedimenti in tema di efficienza amministrativa, nonché la gestione e l’organizzazione della pubblica amministrazione in base a criteri di efficienza ed economicità, proponendo eventuali interventi correttivi, imponendo pure dei tempi per l’effettuazione.

Ogni sopralluogo dovrà essere documentato e verbalizzato, indicando le eventuali misure correttive suggerite.

Quindi, le pubbliche amministrazioni provvedono alla comunicazione al Nucleo della Concretezza dell’avvenuta attuazione delle misure correttive entro quindici giorni dall’attuazione medesima, fermo restando, per le pubbliche amministrazioni di cui al terzo periodo del comma 3, il rispetto del termine assegnato dal Nucleo medesimo.

Sono di conseguenza previste sanzioni di natura amministrativa, di responsabilità dirigenziale e disciplinare e con la creazione anche di un elenco delle amministrazioni inadempienti.

4. ANAC. La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.

Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una norma che se, come scopo principale, tutela l’integrità della pubblica amministrazione, d’altro lato, e di riflesso tutela anche eventuali ausi contro il dipendente che segnala l’irregolarità, facilitandone la tutela.

Stabilisce l’articolo 54 bis del DLGS 165/2001 (tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti).

La norma è rivolta a qualsiasi pubblico dipendente che, dopo aver denunciato al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, o all’Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC o all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile, condotte illecite in seno all’amministrazione, venga demansionato, licenziato o trasferito o sottoposto a misura organizzativa avente riflessi negativi sul suo rapporto di lavoro, può direttamente, o tramite il sindacato di appartenenza, rivolgersi all’ANAC che a sua volta interesserà il Dipartimento per la Funzione Pubblica per l’adozione dei provvedimenti di competenza.

Pregnanti sono in questo caso i termini di tutela, in quanto il comma 6 dell’articolo 54 bis prevede che qualora venga accertata, nell’ambito dell’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l’adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l’ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. L’ANAC determina l’entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell’amministrazione o dell’ente cui si riferisce la segnalazione.

E’ previsto inoltre che qualora venga accertata, nell’ambito dell’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche , fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l’adozione di procedure non conformi nel trattare la segnalazione ricevuta, l’ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga invece accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. L’ANAC determina l’entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell’amministrazione o dell’ente cui si riferisce la segnalazione.

A rafforzare le previsioni si qui esposte, la norma prevede che è a carico dell’amministrazione pubblica o dell’ente coinvolto dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall’amministrazione o dall’ente sono nulli.

E’ previsto inoltre che il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.

Le tutele invece, non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.

5. Consulta Nazionale per l’Integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità.

Quest’organo costituito presso il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in base all’articolo 39 bis del DLGS 165/2001 si occupa dell’integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità.

Tra le funzioni della Consulta vi è la verifica dello stato di attuazione e della corretta attuazione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della disabilità da parte delle amministrazioni, con particolare riferimento alle forme di agevolazione previste dalla legge e alla complessiva disciplina.

Quest’organo potrà essere attivato, senza ricorrere al giudice, qualora l’inserimento lavorativo del disabile non sia correttamente attuato dalla pubblica amministrazione.

B) In sede contrattuale

1. L’interpretazione autentica dei contratti collettivi

Allorquando insorga una controversia sull’interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato delle clausole controverse. E’ quanto prevede l’articolo 49 del DLGS 165/2001.

Qualora le parti raggiungano l’accordo interpretativo, esse dovranno poi seguire tutta la procedura di contrattazione collettiva prevista dall’articolo 47 del DLGS 165/2001. Una volta stipulata la clausola interpretativa essa sostituirà sin dall’inizio la clausola di dubbia interpretazione, ponendo fine ad ogni contenzioso ed evitando l’avvio di ulteriori contenziosi.

2. La prevenzione del mobbing 

Anche il fenomeno del Mobbing può trovare definizione in sede contrattuale.

L’articolo 98 del già citato CCNL Personale Comparto Istruzione e Ricerca nel delimitare il proprio campo di applicazione fornisce una definizione del mobbing non molto simile a quella ripetutamente aggiornata dalla letteratura in materia.

Lo stesso contratto prevede l’istituzione di uno specifico comitato paritetico presso ciascun Ufficio Scolastico Regionale al fine di raccogliere dati in merito alla diffusione del fenomeno, individuarne le cause e le situazioni scatenanti, proporre azioni atte alla prevenzione, formulare proposte per definire dei codici di condotta.

È altresì prevista la costituzione di sportelli di ascolto e l’istituzione della figura del Consigliere di Fiducia.

Sembra peraltro prevalere una funzione di sensibilizzazione e di prevenzione, piuttosto che l’intervento di fronte a casi singoli.

C) In sede precontenziosa

  1. La conciliazione facoltativa delle controversie.

È anch’essa prevista dalla citata contrattazione collettiva all’articolo 135. Il tentativo di conciliazione è di regola facoltativo.

Presso le articolazioni territoriali dell’amministrazione (MPI) è istituito un ufficio con compiti di segreteria cui è annesso un apposito albo per la pubblicazione degli atti della procedura.

La procedura si apre con una domanda che, sottoscritta dalla parte, dovrà essere depositata ( o spedita mediante raccomandata) presso l’ufficio del contenzioso dell’amministrazione competente e presso l’ufficio di segreteria cui si è fatto cenno sopra.

La procedura impone la deduzione precisa e scritta dei termini della controversia. È quindi previsto un primo sommario esame al termine del quale l’amministrazione può accogliere la richiesta del dipendente. Diversamente si terrà la convocazione e la comparizione delle parti.

Il tentativo di conciliazione deve esaurirsi nel termine di cinque giorni dalla data di convocazione delle parti. Se il tentativo riesce, le parti sottoscrivono un processo verbale, predisposto dall’ufficio di segreteria, che costituisce titolo esecutivo, previo decreto del giudice del lavoro competente ai sensi dell’articolo 411 del codice di procedura civile. Il processo verbale relativo al tentativo obbligatorio di conciliazione è depositato a cura di una delle parti o di un’associazione sindacale, presso Direzione provinciale del lavoro competente, che provvede a sua volta a depositarlo presso la cancelleria del tribunale ai sensi dell’articolo 411 del codice di procedura civile per la dichiarazione di esecutività. Il verbale che dichiara non riuscita la conciliazione è acquisito nel successivo giudizio ai sensi e per quanto previsto dall’articolo 66, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. La conciliazione in tema di provvedimenti disciplinari

Successivamente all’entrata in vigore del DLGS 150/2009 (Brunetta) che ha modificato l’intero impianto disciplinare del pubblico impiego, lo spazio per la soluzione transattiva nel campo disciplinare è quanto mai ristretto.

L’articolo 55 DLGS 165/2001 al comma 3 stabilisce che la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente determinata all’esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l’inizio e la conclusione.

In base a tale previsione, L’autorità disciplinare competente ed il dipendente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.

La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.

L’autorità disciplinare competente o il dipendente può proporre all’altra parte, l’attivazione della cennata procedura conciliativa che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dipendente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del d.lgs. n. 165/2001. La proposta dell’autorità disciplinare o del dipendente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità dell’art. 55-bis, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001.

 La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.

La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’art. 55-bis, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del d.lgs. n. 165/2001. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.

Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dipendente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.

Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dipendente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente.

 In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’articolo 55-bis del d.lgs. n. 165/2001.

In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriori tutele.

3. Procedure contrattuali di conciliazione ed arbitrato. Il Contratto Quadro Nazionale.

L’accordo sindacale che disciplina nell’ambito del pubblico impiego la conciliazione e l’arbitrato è stato siglato tra l’ARAN e le Organizzazioni Sindacali in data 23 gennaio 2001 presso la sede dell’ARAN. Esso stabilisce in maniera compiuta la procedura al fine di compromettere in arbitri le controversie nel pubblico impiego.

 Fonte normativa del suddetto CCNQ è infatti l’art.412 ter c.p.c che stabilisce che i CCNL possano prevedere la facoltà per le parti di deferire ad arbitri la decisione su una controversia di lavoro, in alternativa al ricorso al Giudice del lavoro.

Ricordiamo che sino al 2010, il tentativo di conciliazione prima di esperire controversia giudiziale era obbligatorio.

Con la legge 183/2010, il tentativo era ridotto a facoltativo, ma era introdotta una sostanziale modifica all’articolo 412 del codice di procedura civile che prevedeva come le parti in sede di tentativo di conciliazione, peraltro facoltativo, potevano compromettere la controversia in arbitri.

Un tanto è sancito all’articolo 412 del codice di procedura civile (Risoluzione arbitrale della controversia) che stabilisce che in qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando è possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.

Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:

1) il termine per l’emanazione del lodo, che non può comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l’incarico deve intendersi revocato;

2) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all’articolo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

D) Il rimedio penale. La tutela penale o meglio la denuncia per abuso d’ufficio

Talora di fronte ad una condotta lesiva dei diritti di un dipendente da parte dell’amministrazione può essere esperito il rimedio penale sicuramente più semplice ed ufficioso rispetto al ricorso innanzi al giudice del lavoro.

Allorquando il rapporto di lavoro era completamente disciplinato dal diritto amministrativo, era pienamente applicabile in caso di illeciti che coinvolgevano il rapporto, il reato di abuso d’ufficio.

Con il DLGS 29/93 il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione era ricondotto al contratto e quindi al diritto civile.

Ciò ha notevolmente ridimensionato l’applicazione in tale ambito della fattispecie di cui all’articolo 323 CP.

Esso è sicuramente applicabile laddove la pubblica amministrazione opera ancora nell’ambito del diritto amministrativo. Ci riferiamo all’attività concorsuale, alla macro-organizzazione degli uffici.

In tal senso, la Cassazione penale 5.3.2014 n.15158 ha ritenuto che commette il delitto di abuso d’ufficio il pubblico ufficiale che procuri illegittimamente assunzioni ad un pubblico impiego, essendo configurabile il profitto o il vantaggio ingiusto di natura patrimoniale nella attribuzione della posizione impiegatizia e nell’acquisizione del relativo “status”.

Non si ritiene invece costituisca abuso d’ufficio la violazione da parte del pubblico ufficiale delle norme collettive contrattuali applicabili ai rapporti di pubblico impiego (Nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza con la quale i giudici di merito avevano condannato per abuso d’ufficio un pubblico ufficiale per non aver applicato l’art. 28 del C.C.N.L.). Cassazione penale – Sez. VI, 03/11/2005, n. 13511.

Nel caso invece di mobbing e maltrattamenti da cui derivino lesioni dell’integrità fisica e psichica del dipendente è possibile procedere con semplice denuncia penale, salvo la prova dei fatti dedotti.

Fabio Petracci

Proposte di intervento su rappresentatività, salario minimo e contratti “pirata”

Riconduzione ad ordine del campo contrattuale – Salario Minimo – Interventi sulla rappresentatività. La linea di CIU – Unionquadri

E’ forte il richiamo mediatico ai cosiddetti “Contratti Pirata” ed alla violazione dei minimi contrattuali, realtà che imporrebbero l’adozione di un minimo orario legale e più stringenti normative per la rappresentanza sindacale e la contrattazione.

Ha fatto discutere mesi orsono la circolare n.3/2018 dell’Ispettorato del Lavoro che negava qualunque tipo di riconoscimento ai contratti collettivi che non riportavano la sottoscrizione dei tradizionali sindacati definiti “maggiormente rappresentativi.”

La situazione reale.

In realtà, il lavoro subordinato trova un ampia copertura contrattuale con il conseguente rispetto del salario minimo.

Sussiste comunque una rilevante proliferazione dei contratti collettivi che spesso presentano minimi tabellari inferiori rispetto a quelli sottoscritti dalle associazioni maggiormente rappresentative.

Trattasi di sistemi contrattuali che presentano un livello salariale molto più basso rispetto alla normalità dei contratti collettivi.

Il fenomeno appare accentuato e rilevante sino al 50% nel settore del tessile. La stipula di contratti sotto il trattamento minimo può toccare anche la regolamentazione di altri istituti soprattutto in tema di flessibilità.

Questa tipologia di contrattazione sorgeva all’inizio degli anni 90 nel settore del turismo e dell’agricoltura. Spesso convergevano in un nuovo contratto declaratorie contrattuali tratte da altri settori produttivi.

I primi fenomeni si manifestavano all’ inizio degli anni 90 nel  settore del turismo e dell’ agricoltura mediante la trasposizione nei contratti di mansioni tratte da altri settori produttivi ed inserite in altri contratti collettivi o in altra contrattazione all’uopo creata. Si verificava così un significativo decentramento settoriale.

Questo sistema era destinato ad allargarsi dalle piccole imprese verso sistemi produttivi di maggiori dimensioni, con l’avanzare della crisi e l’aumento del livello di competizione tra le imprese, con ripercussioni anche sulla concorrenza.

La vera emergenza.

La vera emergenza è verificata però tra i lavoratori a rischio povertà che non coincidono quasi mai con le categorie toccate da questi contratti, ma che si identificano in coloro che subiscono un impiego part time involontario con una notevole riduzione delle ore lavorate e retribuite.

Il contratto “pirata”

In ogni caso, la contrattazione così definita come “pirata” presenta due indici di riferimento.

Da una parte, il riscontro oggettivo di clausole non rispettose dei minimi contrattuali e di trattamenti legalmente imposti.

Dall’altra parte, le caratteristiche dei sottoscrittori che non sempre appaiono soggetti dotati di rappresentatività.

In merito al primo aspetto, l’indagine può in termini relativamente semplici acclarare la natura del contratto e dei suoi contenuti.

In tema all’insussistenza dei requisiti di rappresentatività in capo alle parti stipulanti, il requisito dovrebbe ritenersi un mero indice, salvo che, non ci si addentri nelle problematiche ancora aperte concernenti i requisiti di rappresentatività che ancora non hanno trovato piena definizione legale.

Va anche valutata la reale portata del fenomeno contrattuale all’esame anche in relazione ai rimedi già esperibili ed esistenti contro la violazione dei minimi contrattuali.

Rimedi attuabili.

Un primo correttivo seppure non sempre efficace e di agevole soluzione, è dato dall’articolo 36 della Costituzione, esso è definito come un rimedio residuo dal momento che richiede l’intervento giudiziale.

Ulteriore rimedio e non di poco conto è individuato nella disciplina previdenziale che stabilisce il minimo contributivo nei termini di cui articolo 1 DL 338/1989 e articolo 2, comma 25, legge n.549 del 1995).

Trattasi di normative che uniformano il calcolo dei contributi previdenziali ad un trattamento minimo individuabile nella legge e nei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale.

Consiglia inoltre l’applicazione di minimi salariali conformi anche la normativa in tema di appalti che impone il principio di solidarietà tra appaltante ed appaltatore e consiglia quindi l’applicazione di un contratto al riparo di contestazioni dell’INPS.

Inoltre anche le norme concernenti la detassazione di premi ed incentivi di cui all’articolo 51 del DLGS 81/2015 consigliano l’applicazione dei contratti stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi o dalle RSA aziendali.

Dunque non è tanto il mancato rispetto dei minimi contrattuali a determinare l’esiguità di molti trattamenti retributivi, quanto piuttosto l’uso forzato e talora truffaldino del part time che talvolta cela veri e propri rapporti a tempo pieno sottratti ad ogni disciplina contrattuale e di legge.

Quali interventi.

Il controllo amministrativo.

I possibili rimedi debbono tener conto di queste considerazioni.

Il primo e possibile rimedio è dato da un assiduo e costante controllo da parte della pubblica amministrazione che non appare particolarmente difficile dal momento che all’esame è principalmente la clausola contrattuale che riguarda i minimi contributivi.

Il salario minimo.

Il secondo rimedio è individuato nell’imposizione di un salario minimo.

La legge delega 183/2014 (delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali all’articolo 1, comma 7, lettera g) prevedeva  l’introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Un eventuale soluzione normativa di questo tipo pur presentando problematiche connesse al rispetto della concorrenza, nonché aspetti critici concernenti l’adattamento alle varie congiunture economiche, dovrebbe imporre dei minimi che siano effettivamente tali e che non impongano ai fini del loro rispetto un appiattimento del sistema retributivo soprattutto a sfavore delle categorie a maggiore specializzazione, comprimendo trattamenti accessori, incentivanti e benefits aziendali.

Si potrebbe ad evitare un tanto stabilire un minimo orario particolarmente limitato che comprenda al proprio interno anche il valore di benefits e welfare.

Una migliore definizione della rappresentatività e della legittimazione a contrattare.

Un ulteriore via da percorrere per selezionare gli attori contrattuali è quella di stabilire dei criteri certi di rappresentatività tali da non violare i principi contenuti all’articolo 39 della Costituzione e di resistere di fronte a dissociazioni e resistenze di altre associazioni sindacali.

Numerosi sono stati gli interventi delle principali confederazioni sindacali per attuare delle regole atte a legittimare i soggetti e le rappresentanze sindacali e quindi a fornire alla contrattazione quelle caratteristiche di stabilità e certezza che da molte parti sono auspicate.

Contiamo numerosi accordi intersindacali intervenuti sul tema nel tentativo di disciplinare la materia.

Appare quanto mai difficile che i soggetti destinati ad essere regolamentati e legittimati possano da soli e senza il concorso dei soggetti terzi dar luogo a delle regole complete ed inoppugnabili.

Ciò significa che dovrebbe rendersi necessario l’intervento legislativo che per dare totale stabilità al sistema dovrebbe essere profondo partendo dall’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione.

Il superamento del dato quantitativo.

Lo stesso intervento dovrebbe partire da un concetto di rappresentatività basato non solo su di un dato numerico e quantitativo, ma che dovrebbe invece tener adeguatamente conto di una rappresentatività garantita per quelle realtà lavorative o per quelle categorie con connotazioni specifiche anche in assenza di numeri di grande entità che le stesse proprio per la loro stessa natura non possono raggiungere.

Nel caso dei quadri, la contrattazione collettiva dei sindacati maggiormente rappresentativi, dovrebbe coesistere con uno spazio contrattuale riservato alle clausole di interesse per la categoria gestito da specifiche rappresentanze degli stessi.

Su questa strada va muovendosi il sindacato CIU – Unionquadri con il manifesto contrattuale dei quadri che vuole esaltare la specificità contrattuale e professionale della categoria.

Alla legge, si chiede poi di individuare specifici spazi elettorali e di rappresentanza per la categoria dei quadri.

La nostra posizione.

In sostanza, la posizione di CIU – Unionquadri è la seguente:

  • Contratti “pirata” – assoluta volontà di affrontare e risolvere il problema nei suoi limiti reali non coinvolgendovi fittiziamente tutte le associazioni sindacali minoritarie o non aderenti a CGIL – CISL – UIL.

Quindi individuazione di tali contratti esclusivamente sulla base dell’individuazione di minimi contrattuali manifestamente difformi e di clausole contrarie alle vigenti leggi, e non sulla base delle associazioni firmatarie.

  • Salario minimo.   Ciu Unionquadri non è convinta della necessità di questa misura, in quanto l’imposizione di un minimo di paga oraria soprattutto nei termini elevati prospettati, coinvolgerebbe risorse destinate a premiare il merito e la professionalità, ad incrementare gli istituti premiali e finirebbe, come già accaduto con la contingenza a dar luogo ad un insopportabile appiattimento retributivo. Ove la misura trovasse accoglimento, nel minimo di legge andrebbe computato il welfare aziendale ed ogni istituto premiale non tassato.
  • Revisione della rappresentatività sindacale.  Interesse di CIU Unionquadri per una contrattazione su clausole specifiche della categoria con un riconoscimento sul punto di rappresentatività e nel caso di intervento legislativo, adozione di norme di protezione/riserva che garantiscano la rappresentanza al di là del mero dato numerico.

Presentazione del Manuale: Previdenza Sociale e Lavoro – Il nuovo sistema pensionistico: tutele e contenzioso

La Confederazione CIU e il Centro Studi “Corrado Rossitto” sono lieti di invitarVi all’incontro di presentazione del Manuale Previdenza Sociale e Lavoro – Il nuovo sistema pensionistico tutele e contenzioso (qui maggiori informazioni) con:

  • l’avv. Fabio Petracci, co-autore del Manuale e Presidente del Centro Studi Corrado Rossitto
  • il prof. Nicola De Marinis, Consigliere della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro
  • l’avv. Alberto Tarlao, co-autore del Manuale

L’evento si terrà in data venerdì 12 luglio alle ore 11 presso la sede nazionale CIU in via A. Gramsci n. 34 a Roma.

Per maggiori informazioni contattare lo 06.3611683.

Si prega di confermare la presenza all’indirizzo mail segreteria@ciuonline.it