Alte professionalità

Dequalificazione, equivalenza di mansioni, fungibilità. Il caso dei quadri bancari.

Il Jobs Act e l’equivalenza delle mansioni.

L’articolo 3 del DLGS 81/2015 (Jobs Act) introduce delle rilevanti modifiche all’articolo 2103 del codice civile.

In primo luogo esso amplia il potere del datore di lavoro di mutare la prestazione del lavoratore, introducendo un concetto di equivalenza esteso a tutte le mansioni appartenenti alla medesima categoria contrattuale o livello di appartenenza del lavoratore.

L’articolo 1 della legge 183/2010 (legge delega che ha dato luogo al DLGS 81/2015) aveva in effetti previsto la revisione della disciplina delle mansioni in caso di processi di riorganizzazione o conversione aziendale, senza peraltro prevedere ulteriori interventi sulla disciplina dell’equivalenza, donde se ne potrebbe trarre argomento per eccepire un eccesso di delega in relazione all’articolo 76 della Costituzione. (Sul Punto Amendola, La disciplina delle mansioni DLGS 81/2015).

Scompare quindi il concetto di equivalenza delle mansioni che sino ad allora aveva costituito il criterio cardine nel valutare la dequalificazione.

L’area delle mansioni esigibili era quindi ampliata al livello di inquadramento ricavabile dalla contrattazione collettiva vigente.

A questo punto la valutazione dell’equivalenza di mansioni non è più affidata al giudice, ma alla contrattazione collettiva.

La ricaduta sull’inquadramento professionale dei quadri degli istituti di credito.

Tenuto conto di un tanto, verificheremo l’applicazione della nuova normativa in tema di mansioni proprio nell’ambito del lavoro bancario dove la contrattazione collettiva aveva già esteso, come vedremo, il concetto di equivalenza non solo tra diverse mansioni, ma pure tra diversi e sovrapposti livelli di inquadramento e dove tra l’altro, la specificità tecnica delle mansioni e dei profili professionali, rischia di creare rilevanti vuoti nella valutazione dell’equivalenza su base contrattuale. (si pensi ad un esperto di comunicazione assunto da una banca con un livello apicale).

Va anche considerato che l’intervento legislativo in esame si sovrappone ad inquadramenti contrattuali determinati dalle parti in considerazione della precedente normativa che considerava l’equivalenza di mansioni.

La tipicità dell’inquadramento nel settore bancario per quanto riguarda il personale con funzioni direttive affonda le proprie radici nel passato con l’emergere della categoria dei funzionari citata nella convenzione bancaria del 1927 che ampliava e ridefiniva i ruoli professionali del personale impiegatizio, affidando ai funzionari le più elevate mansioni di rappresentanza e di posizione gerarchica.

Dal funzionario al quadro del credito.

Questa nuova categoria si interponeva in una posizione intermedia tra la dirigenza e l’area impiegatizia.

La figura del funzionario ebbe a comparire nella contrattazione collettiva di settore sino al 1999, tenendo presente che nel 1974 le qualifiche di dirigente e di funzionario confluirono in un unico contratto collettivo.

Allorquando con la legge 190/85, a modifica dell’articolo 2095 del codice civile, venne istituita la categoria dei quadri, essa non ebbe immediati riflessi nell’ambito bancario dove all’apice del personale impiegatizio rimaneva la categoria dei funzionari.

Un tanto era ribadito nel protocollo d’intesa del 12 dicembre 1985 che stabiliva la convivenza con diversi contratti della categoria dei quadri con quella dei funzionari.

Infatti, il CCNL 30 aprile 1987 inseriva la categoria dei quadri nell’ambito del contratto degli impiegati, dei commessi e degli ausiliari, nel mentre il personale direttivo vero e proprio continuava ad essere inserito nell’ambito della contrattazione dei funzionari e dei dirigenti.

Era così adottata per i quadri la declaratoria che definiva questi ultimi come personale che in posizione superiore agli impiegati con il grado di capo ufficio era incaricato di mansioni di particolare responsabilità sul piano gerarchico o funzionale. La categoria si articolava in quadri e quadri con grado denominati quadri super.

Fu invece negli anni 90, allorquando per gli istituti bancari si profilavano importanti riorganizzazioni che maturò la decisione di riorganizzare l’inquadramento del personale.

Alla fine, il CCNL 11 luglio 1999 eliminava la tradizionale partizione tra contratto del personale direttivo e del personale non direttivo ed adottava un contratto unico per i quadri direttivi e le restanti aree professionali.

Si voleva così realizzare un sostanziale contenimento del costo del lavoro che potesse garantire la competitività degli istituti di credito italiani con quelli europei.

Fu quindi con l’accordo quadro del 28 febbraio 1998 che venne definita la nuova categoria dei quadri direttivi che andava a comprendere e ad assorbire quella dei funzionari.

Si stabiliva così che la nuova categoria dei quadri direttivi sarebbe stata articolata in quattro livelli retributivi.

In sede di prima applicazione, vennero inseriti nel primo e nel secondo livello i lavoratori già collocati nell’area quadri, nel mentre erano inseriti nel livello terzo e quarto i funzionari che non erano contestualmente passati alla categoria dirigenziale.

La situazione attuale appiattimento e fungibilità.

Si arrivò così a quella che può a tutt’oggi definirsi come la situazione d’inquadramento attuale.

Il contratto collettivo definisce quadri direttivi i lavoratori/lavoratrici che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, siano stabilmente incaricati dall’impresa di svolgere, in via continuativa e prevalente, mansioni che comportino elevate responsabilità funzionali ed elevata preparazione professionale e/o particolari specializzazioni.

Di seguito, il medesimo contratto indica le singole declaratorie professionali cui va attribuita la qualifica di quadro.

A sua volta, l’area quadri è suddivisa in n.4 aree retributive cui sono ricondotte le seguenti declaratorie professionali:

1° livello retributivo Sono compresi in questo livello retributivo: il personale di elevata professionalità che, adibito a mansioni di consulenza qualificata nel campo finanziario e dello sviluppo, esplica la sua attività con autonomia di decisione, in via continuativa, nell’ambito delle direttivi ricevute; il personale di elevata professionalità che, adibito a mansioni altamente specializzate nel campo del servizio estero-merci, esplica la sua attività con autonomia di decisione, in via continuativa, nell’ambito delle direttive ricevute.

 2° livello retributivo E’ compreso in questo livello retributivo il personale individuato attraverso i profili professionali del 1° livello retributivo preposto ad unità operativa complessa.

3° livello retributivo Sono compresi in questo livello retributivo: il responsabile della funzione contabile, preposto ad unità operativa complessa all’uopo costituita, che in autonomia e con poteri di firma risponde del sistema, delle scritture e delle risultanze contabili, predispone organicamente gli elementi del bilancio consuntivo a fini civili e fiscali, predispone organicamente gli elementi del bilancio preventivo e controlla l’andamento delle risultanze contabili dei singoli servizi rispetto al bilancio di previsione approvato, provvede agli adempimenti fiscali, provvede alle segnalazioni di Vigilanza, assicura il rispetto di norme, prescrizioni e deliberazioni per tutto quanto concerne l’attività contabile;

 il responsabile della segreteria fidi, preposto ad unità operativa complessa all’uopo costituita, che in autonomia e con poteri di firma risponde della raccolta e della istruttoria delle domande di fido formulando al termine pareri scritti, risponde del perfezionamento della concessione dei fidi e delle relative garanzie, risponde della tenuta del LIBRO FIDI, controlla l’aggiornamento, le scadenze ed i rinnovi degli affidamenti e delle garanzie, rileva organicamente le posizioni a rischio, risponde del sistema delle informazioni alla Centrale dei Rischi, assicura il rispetto di norme, prescrizioni e deliberazioni vigenti sulle materie trattate; il responsabile dell’ispettorato interno, preposto ed unità operativa complessa all’uopo costituita, che in autonomia e con le funzioni previste dalle istruzioni di Vigilanza, controlla, sulla base di regolamento approvato dal consiglio di amministrazione, il corretto andamento di tutti i settori aziendali (organizzazione periferica e servizi centrali), secondo norme, prescrizioni e deliberazioni vigenti per detti settori);

il responsabile della organizzazione, preposto ad unità operativa complessa all’uopo costituita, che in autonomia, sulla base di direttive generali, cura organicamente l’analisi e la soluzione dei problemi organizzativi e funzionali dell’azienda, in termini attuali e di sviluppo; al fine esamina e pianifica, compiutamente, le esigenze di struttura, le dotazioni necessarie (macchine ed impianti), i procedimenti di lavoro, le esigenze di organico, l’impiego e la formazione del personale; assicura il rispetto di norme, prescrizioni e deliberazioni nella soluzione dei problemi trattati; il responsabile di centro di elaborazione dati, preposto ad unità operativa con organizzazione ed apparecchiature complesse, che di fatto provveda, compiutamente, ad analisi, programmazione ed elaborazione dei dati necessari per tutte le esigenze aziendali, in completa autonomia; assicura il rispetto di norme, prescrizioni e delibere di sicurezza; il responsabile della tesoreria, preposto ad unità operativa complessa all’uopo costituita, che in autonomia e con poteri di firma, sulla base di direttive generali, gestisce organicamente le liquidità aziendali, al fine seguendo compiutamente l’andamento dei mercati ed intrattenendo rapporti con operatori monetari e finanziari: fornisce organicamente indirizzi, informazioni e consulenza all’ufficio titoli; assicura il rispetto di norme, prescrizioni e deliberazioni vigenti per l’impiego delle liquidità aziendali; ¾ il responsabile dell’area legale, preposto ad unità operativa complessa all’uopo costituita, che con autonomia e con poteri di firma presta consulenza ed assistenza legale, per gli affari ed i problemi di tutti i settori aziendali, e gestisce il recupero dei crediti e le altre controversie aziendali, direttamente in fase stragiudiziale, tramite professionisti esterni in fase giudiziaria; cura organicamente l’informazione dei settori tecnici ed amministrativi dell’azienda, per quanto riguarda gli aspetti legali delle rispettive attività, assicura il rispetto dell’ordinamento societario. Vanno altresì inquadrati nel 3° livello retributivo i prestatori di lavoro che, presso le Federazioni locali, assumono posizioni di responsabile dell’area legale e/o sindacale o di responsabile dell’area di assistenza tecnica e/o revisione, con preposizione ed unità operativa complessa, al fine forniscono, in autonomia, sulla base di direttive generali, alla Federazione di appartenenza ed alle Casse aderenti, consulenza ed assistenza, su tutti i problemi dell’area presenti nel settore credito, nonché per la revisione effettuano controlli, pianificati e d’urgenza, assicurano completa conoscenza di norme, prescrizioni e delibere d’ordine generale e/o collettivo relative alla propria aerea.

4° livello retributivo E’ compreso in questo livello retributivo: − il personale individuato attraverso i profili professionali del 3° livello retributivo responsabile di strutture ovvero di unità funzionali con un numero di addetti superiore a 12; − il vice direttore di azienda da intendersi non il sostituto del direttore durante le assenze e/o colui che, occasionalmente, è coadiutore dello stesso, ma colui il quale partecipa quotidianamente alla direzione aziendale mediante ripartizione dei compiti direttivi sulla base di apposite deliberazioni del Consiglio di Amministrazione, salva sempre la sovrintendenza su tutto del direttore. Il personale con incarico di vice direzione di azienda inquadrato nel 3° livello retributivo viene collocato nel 4° livello retributivo.

Dunque, ci troviamo di fronte ad un assetto contrattuale ad alta flessibilità sorto sulla base proprio di questa specifica esigenza e rafforzato in tal senso da ulteriori previsioni pattizie.

La contrattazione collettiva infatti, ha introdotto apposite clausole che permettono una certa mobilità tra i diversi livelli dell’area quadri.

L’articolo 83 del CCNL prevede espressamente che:

Di seguito però in ragione di ciò nell’accordo di rinnovo 19 gennaio 2012 fu stabilito che, per il periodo di vigenza del contratto stesso (e cioè fino al 30 giugno 2014, poi prorogato dal contratto del 2015 e, a quanto consta, non riprodotta in quello del 2019), «la piena fungibilità nell’ambito della categoria dei quadri direttivi viene estesa tra il primo ed il quarto livello retributivo». Allo stato, questa disposizione contrattuale non risulterebbe più vigente in quanto le organizzazioni sindacali non hanno voluto sottoscriverne il rinnovo.

Obiettivi per il futuro.

Ci si chiede a questo punto se la flessibilità di mansioni adottata allorquando vigeva il principio limitativo di equivalenza, non comporti oggi un eccessivo margine d’azione per il datore di lavoro nell’ambito di un’area quadri che sino a poco tempo fa condivideva il proprio contratto con quello della dirigenza.

In pratica, le nuove disposizioni di legge riconducibili al DLGS 81/2015 pur avendo superato il concetto di equivalenza, impedirebbero comunque la mobilità tra i diversi livelli di una già ampia area quadri, nel mentre la contrattazione collettiva è idonea addirittura a superare questo tenue limite.

Si rende forse sul punto necessaria un’attenta revisione delle norme contrattuali.

Fabio Petracci

Pubblico dipendente ed esercizio della professione forense, cosa ne pensa la Cassazione.

Corte di Cassazione
Sentenza n. 9660 del 13/4/2021
Impiego pubblico – esercizio della professione forense – lavoro dipendente in un ateneo – principio di incompatibilità – rigetto ricorso 
La Cassazione si è pronunciata in merito alla compatibilità tra pubblico impiego e professione forense.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito all’accertamento dell’incompatibilità di un funzionario dipendente pubblico da un ateneo con il libero esercizio della professione forense.

La Suprema Corte ha ritenuto come spetti all’ambito di competenza dell’ordine professionale e della pubblica amministrazione di appartenenza del dipendente valutare rispettivamente la necessaria libertà del professionista e l’imparzialità della pubblica amministrazione attività bilanciando i diversi interessi secondo canoni di imparzialità e buon andamento, oltre che ad un corretto esercizio della professione legale.

La Corte ha sostenuto, inoltre, che l’attività della ricorrente non si possa collocare neanche nell’ambito delle deroghe relative all’insegnamento e alla ricerca di cui all’art. 3 lett a) R.D.L. 1578/1933 ed ora all’art. 19 L. 247/2012 poichè in quest’ottica tali interessi sono ritenuti prevalenti oltre che non confliggenti costituendo eccezioni ad una regola, quella dell’incompatibilità, che è stata voluta dal legislatore al fine di evitare i rischi che derivano dalla commistione tra attività forense e pubblico impiego.

Ricercatori universitari e contratti a termine – la Corte di Giustizia dell’Unione Europea

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che il sistema italiano di reclutamento dei ricercatori a tempo determinato non è in contrasto con l’accordo quadro concluso il 18 marzo 1999, sul lavoro a tempo determinato, nello specifico la Corte dichiara che: “La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale in forza della quale è prevista, per quanto riguarda l’assunzione dei ricercatori universitari, la stipulazione di un contratto a tempo determinato per un periodo di tre anni, con una sola possibilità di proroga per un periodo massimo di due anni, subordinando, da un lato, la stipulazione di tali contratti alla condizione che siano disponibili risorse per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, e, dall’altro, la proroga di tali contratti alla positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, senza che sia necessario che tale normativa stabilisca i criteri oggettivi e trasparenti che consentano di verificare se la stipulazione e il rinnovo di tali contratti rispondano effettivamente a un’esigenza reale, se essi siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e siano necessari a tal fine”.

Alte professionalità

Novità nel pubblico impiego il DL 80/2021 , passaggi di area meritocratici ed un area delle alte professionalità, area quadri?

D.L. 09/06/2021, n. 80

Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.

Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 giugno 2021, n. 136.

Articolo 1 – comma 1 previsione per enti di assunzioni mirate al PNRR.

Si impone a ciascuna amministrazione l’individuazione di uno specifico fabbisogno per PNRR per ciascuna PA.

Per i reclutamenti di cui ai commi 4 e 5, ciascuna amministrazione, previa verifica di cui al presente comma, individua, in relazione ai progetti di competenza, il fabbisogno di personale necessario all’attuazione degli stessi. In caso di verifica negativa le Amministrazioni possono assumere il personale o conferire gli incarichi entro i limiti delle facoltà assunzionali verificate.

Comma 2 contratti a termine PNRR procedure, durata e risoluzioni speciali per l’attuazione del PNRR

2. Al fine di accelerare le procedure per il reclutamento del personale a tempo determinato da impiegare per l’attuazione del PNRR, le amministrazioni di cui al comma 1, possono ricorrere alle modalità di selezione stabilite dal presente articolo. A tal fine, i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione di cui al presente articolo possono essere stipulati per un periodo complessivo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di attuazione dei progetti di competenza delle singole amministrazioni e comunque non oltre il 31 dicembre 2026. Tali contratti indicano, a pena di nullità, il progetto del PNRR al quale è riferita la prestazione lavorativa e possono essere rinnovati o prorogati, anche per una durata diversa da quella iniziale, per non più di una volta. Il mancato conseguimento dei traguardi e degli obiettivi, intermedi e finali, previsti dal progetto costituisce giusta causa di recesso dell’amministrazione dal contratto ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile

I contratti a termine potranno trasformarsi a tempo indeterminato con una riserva massima del 40%

3. Al fine di valorizzare l’esperienza professionale maturata nei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui ai commi 4 e 5, lettera b), le amministrazioni di cui al comma 1, prevedono, nei bandi di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, una riserva di posti non superiore al 40 per cento, destinata al predetto personale che, alla data di pubblicazione del bando, abbia svolto servizio per almeno trentasei mesi.

4. Fermo restando quanto stabilito ai commi 1 e 2 per le finalità ivi previste, le amministrazioni, previa verifica di cui al comma 1, possono svolgere le procedure concorsuali relative al reclutamento di personale con contratto di lavoro a tempo determinato per l’attuazione dei progetti del PNRR mediante le modalità digitali, decentrate e semplificate di cui all’articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, prevedendo, oltre alla valutazione dei titoli ai sensi del citato articolo 10, lo svolgimento della sola prova scritta. Se due o più candidati ottengono pari punteggio, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, è preferito il candidato più giovane di età, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Modifiche sono apportate anche all’articolo 7 del DLGS 165/2001 con la costituzione di un nucleo selezionato di consulenti cui attingere tramite gli elenchi della Funzione Pubblica inserito nel portale del reclutamento. Il comma 5 dell’articolo 1.

5. Ai medesimi fini di cui al comma 1, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il portale del reclutamento di cui all’articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56, istituisce due distinti elenchi ai quali possono iscriversi, rispettivamente:

a) professionisti ed esperti per il conferimento incarichi di collaborazione con contratto di lavoro autonomo di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

b) personale in possesso di un’alta specializzazione per l’assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato.

6. Ciascun elenco è suddiviso in sezioni corrispondenti alle diverse professioni e specializzazioni e agli eventuali ambiti territoriali e prevede l’indicazione, da parte dell’iscritto, dell’ambito territoriale di disponibilità all’impiego. Le modalità per l’istituzione dell’elenco e la relativa gestione, l’individuazione dei profili professionali e delle specializzazioni, il limite al cumulo degli incarichi, le modalità di aggiornamento dell’elenco e le modalità semplificate di selezione comparativa e pubblica sono definite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

La legge assicura criteri selettivi per l’inserimento negli elenchi e relativa selezione per gli incarichi.

Tutte le fasi della procedura di cui al presente comma sono tempestivamente pubblicate sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione.

7. Per il conferimento degli incarichi di cui al comma 5, lettera a), il decreto di cui al comma 6 individua quali requisiti per l’iscrizione nell’elenco:

a) almeno cinque anni di permanenza nel relativo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato;

b) essere iscritto al rispettivo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato;

c) non essere in quiescenza.

8. Il decreto di cui al comma 6, ai fini dell’attribuzione di uno specifico punteggio agli iscritti, valorizza le documentate esperienze professionali maturate, il possesso di titoli di specializzazione ulteriori rispetto a quelli abilitanti all’esercizio della professione, purché a essa strettamente conferenti. Le amministrazioni, sulla base delle professionalità che necessitano di acquisire, invitano, rispettando l’ordine di graduatoria almeno tre professionisti o esperti, e comunque in numero tale da assicurare la parità di genere, tra quelli iscritti nel relativo elenco e li sottopongono ad un colloquio selettivo per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

9. L’iscrizione negli elenchi di cui al comma 5, lettera b), avviene previo svolgimento di procedure idoneative svolte ai sensi dell’articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, con previsione della sola prova scritta, alle quali consegue esclusivamente il diritto all’inserimento nei predetti elenchi in ordine di graduatoria, sulla base della quale le amministrazioni attingono ai fini della stipula dei contratti.

10. Ai fini di cui al comma 5, lettera b), per alta specializzazione si intende il possesso della laurea magistrale o specialistica e di almeno uno dei seguenti titoli, in settori scientifici o ambiti professionali strettamente correlati all’attuazione dei progetti:

a) dottorato di ricerca;

b) documentata esperienza professionale continuativa, di durata almeno biennale, maturata presso enti e organismi internazionali ovvero presso organismi dell’Unione Europea.

Le amministrazioni titolari degli interventi di cui al PNRR possono richiedere che le procedure concorsuali siano organizzate dal Dipartimento della Funzione Pubblica assieme a FORMEZ:

11. Per le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, le procedure concorsuali di cui al comma 4 possono essere organizzate dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi del comma 3-quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, anche avvalendosi dell’Associazione Formez PA e del portale del reclutamento di cui all’articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56. Nel bando è definito il cronoprogramma relativo alle diverse fasi di svolgimento della procedura

L’articolo 2 prevede l’avvio di progetti di lavoro formativi nell’ambito della pubblica amministrazione, mediante contratti di formazione e lavoro e quindi anche tramite l’istituto dell’apprendistato.

Art. 2. Misure urgenti per esperienze di formazione e lavoro professionalizzanti per giovani nella pubblica amministrazione

In vigore dal 10 giugno 2021

1. Nelle more della attuazione della previsione di cui all’articolo 47, comma 6, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della istruzione, il Ministro della università e della ricerca e il Ministro per le politiche giovanili, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997, è consentita l’attivazione di specifici progetti di formazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni per l’acquisizione, attraverso contratti di apprendistato di cui agli articoli 44 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di competenze di base e trasversali, nonché per l’orientamento professionale da parte di diplomati e di studenti universitari. A tal fine è istituito, a decorrere dall’anno 2021, un apposito fondo presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gestito dal Dipartimento della funzione pubblica, con una dotazione di euro 700.000 per l’anno 2021 e di euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2022 che costituisce limite di spesa.

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 700.000 per l’anno 2021 e a euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2022 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Importanti interventi riguardano l’inquadramento del personale pubblico e le progressioni di carriera con significative modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001.

Sono codificate le aree di inquadramento del personale che ammontano a 3 oltre ad una quarta area che sarà introdotta per il tramite della contrattazione collettiva e che riguarderà il personale ad alta professionalità non dirigente, quello che potrebbe intendersi un’area quadri.

Art. 3. Misure per la valorizzazione del personale e per il riconoscimento del merito

  1. All’articolo 52, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 il comma 1-bis, è sostituito dal seguente:
    «1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua, una ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione.

Altrettanto importante è la previsione contenuta al comma 1, laddove è consentito in funzione prettamente meritocratica , il passaggio di area non più tramite concorso, come se si trattasse di una nuova assunzione, ma nella misura del 50% tramite procedura comparativa secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito.

Dunque, il superamento della rigida regola concorsuale quale barriera tra le aree professionali.

Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti. All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.».

Nuove regole anche per l’accesso dall’area apicale a quella della dirigenza  per il tramite della scuola nazionale dell’amministrazione.


1-ter. Fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, ai fini di cui al comma 1, una quota non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate è riservata, da ciascuna pubblica amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell’area o categoria apicale. Il personale di cui al presente comma è selezionato attraverso procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, che tengono conto della valutazione conseguita nell’attività svolta, dei titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, della tipologia e del numero degli incarichi rivestiti con particolare riguardo a quelli inerenti agli incarichi da conferire e sono volte ad assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali. A tal fine, i bandi definiscono le aree di competenza osservate e prevedono prove scritte e orali di esclusivo carattere esperienziale, finalizzate alla valutazione comparativa e definite secondo metodologie e standard riconosciuti. A questo scopo, sono nominati membri di commissione professionisti esperti nella valutazione delle suddette dimensioni di competenza, senza maggiori oneri.».

Nuove regole anche per i concorsi di accesso alla dirigenza con specializzazione delle competenze per aree

4. All’articolo 28-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Al fine di assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, i concorsi di cui al comma 3 definiscono le aree di competenza osservate e prevedono prove scritte e orali, finalizzate alla valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti. A questo scopo, sono nominati membri di commissione professionisti esperti nella valutazione delle suddette dimensioni di competenza, senza maggiori oneri.».

Le innovazioni apportate in materia di accesso alla dirigenza  sono considerate principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e pertanto non potranno essere modificate dalle regioni.

Nuove regole anche in tema di mobilità con modifiche all’articolo 30 del DLGS 165/2001, permettendo anche il superamento del previo assenso dell’amministrazione di appartenenza.

7. All’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «previo assenso dell’amministrazione di appartenenza» sono soppresse;

b) dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «E’ richiesto il previo assenso dell’amministrazione di appartenenza nel caso in cui si tratti di posizioni motivatamente infungibili, di personale assunto da meno di tre anni o qualora la suddetta amministrazione di appartenenza abbia una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. E’ fatta salva la possibilità di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla ricezione dell’istanza di passaggio diretto ad altra amministrazione. Le disposizioni di cui ai periodi secondo e terzo non si applicano al personale delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale, per i quali è comunque richiesto il previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Al personale della scuola continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.»

E’ inoltre valorizzato per l’ingresso nei livelli di alta specializzazione il dottorato di ricerca.

8. All’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, la lettera e-ter) è sostituita dalla seguente:

«e-ter) possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento di alta specializzazione, il possesso del titolo di dottore di ricerca. In tali casi, le procedure individuano tra le aree dei settori scientifico-disciplinari individuate ai sensi dell’articolo 17, comma 99, della legge 15 maggio 1997, n. 127, afferenti al titolo di dottore di ricerca, quelle pertinenti alla tipologia del profilo o livello di inquadramento.»;

b) il comma 3-quater è abrogato.

9. All’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, sono aggiunte, alla fine, le seguenti parole: «, anche ai fini dell’accesso alle carriere nelle amministrazioni pubbliche nonché dell’integrazione di percorsi professionali di elevata innovatività»;

b) al comma 2, al primo periodo, le parole «e da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate» sono soppresse e, al terzo periodo, le parole «, nonché le modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca di cui al primo periodo,» sono soppresse.

10. All’articolo 2, comma 5, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, le parole «formazione alla ricerca» sono sostituite dalle seguenti: «dottorato di ricerca»

Quindi i successivi articoli 4 e 5 rafforzano il ruolo del FORMEZ e della Scuola della Pubblica Amministrazione.

E’ inoltre introdotto mediante l’articolo 6 il piano integrato di attività e di organizzazione che dovrà essere adottato dagli enti pubblici con più di 50 dipendenti, eccettuato il settore della scuola.

E’ previsto che il piano abbia durata triennale e deve definire gli obiettivi della performance, del lavoro agile, e della completa alfabetizzazione digitale ed i piani relativi alle progressioni di carriera del personale.

Così si legge all’articolo 6:

Art. 6. Piano integrato di attività e organizzazione

In vigore dal 10 giugno 2021

1. Per assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese e procedere alla costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi anche in materia di diritto di accesso, le pubbliche amministrazioni, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con più di cinquanta dipendenti, entro il 31 dicembre 2021 adottano il Piano integrato di attività e organizzazione, di seguito denominato Piano, nel rispetto delle vigenti discipline di settore e, in particolare, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e della legge 6 novembre 2012, n. 190.

2. Il Piano ha durata triennale, viene aggiornato annualmente e definisce:

a) gli obiettivi programmatici e strategici della performance secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

b) la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale;

c) compatibilmente con le risorse finanziarie riconducibili al Piano di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli strumenti e gli obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne, prevedendo, oltre alle forme di reclutamento ordinario, la percentuale di posizioni disponibili nei limiti stabiliti dalla legge destinata alle progressioni di carriera del personale, anche tra aree diverse, e le modalità di valorizzazione a tal fine dell’esperienza professionale maturata e dell’accrescimento culturale conseguito anche attraverso le attività poste in essere ai sensi della lettera b);

d) gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione;

e) l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti, nonché la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;

f) le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;

g) le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

3. Il Piano definisce le modalità di monitoraggio degli esiti, con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti, anche attraverso rilevazioni della soddisfazione dell’utenza mediante gli strumenti di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonché del monitoraggio dei procedimenti attivati ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198.

4. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 del presente articolo pubblicano il Piano e i relativi aggiornamenti entro il 31 dicembre di ogni anno sul proprio sito istituzionale e lo inviano al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per la pubblicazione sul relativo portale.

5. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati e abrogati gli adempimenti relativi ai piani assorbiti da quello di cui al presente articolo.

6. Entro il medesimo termine di cui al comma 4, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta un Piano tipo, quale strumento di supporto alle amministrazioni di cui al comma 1. Nel Piano tipo sono definite modalità semplificate per l’adozione del Piano di cui al comma 1 da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti.

7. In caso di mancata adozione del Piano trovano applicazione le sanzioni di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ferme restando quelle previste dall’articolo 19, comma 5, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (2), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

8. All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Quindi, il successivo articolo 7 prevede specifiche modalità di reclutamento per il personale di area apicale che dovrà coordinare gli interventi del PNRR

Art. 7. Reclutamento di personale nelle amministrazioni assegnatarie di progetti

1. Per la realizzazione delle attività di coordinamento istituzionale, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo del PNRR di cui al decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri indice un concorso pubblico ai sensi dell’articolo 1, comma 4, per il reclutamento di un contingente complessivo di cinquecento unità di personale non dirigenziale a tempo determinato per un periodo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di completamento del PNRR e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, da inquadrare nell’Area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico, ingegneristico gestionale, delle quali 80 unità da assegnare, per i profili indicati nella tabella 1, di cui all’Allegato IV al presente decreto, al Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, e le restanti da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, tra le amministrazioni centrali deputate allo svolgimento delle predette attività, individuate dal medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede alla individuazione delle amministrazioni di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77.

2. Le graduatorie del concorso di cui comma 1 rimangono efficaci per la durata di attuazione del PNRR e sono oggetto di scorrimento in ragione di motivate esigenze fino a ulteriori 300 unità a valere sulle vigenti facoltà assunzionali.

3. Le assunzioni di personale di cui al comma 1, da selezionare anche avvalendosi della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono effettuate in deroga ai limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e non sono computate ai fini della consistenza della dotazione organica.

4. Per le attività di monitoraggio e rendicontazione del PNRR di cui all’articolo 6, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato può avvalersi di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale fino a un importo massimo di euro 50.000 lordi annui per singolo incarico, entro il limite di spesa complessivo di euro 167.000 per l’anno 2021 e di euro 500.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026. Al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del PNRR, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze con una dotazione di euro 2.668.000 per l’anno 2021 e di euro 8.000.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026 per le restanti amministrazioni di cui al comma 1 che possono avvalersi, di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale nelle materie oggetto degli interventi per un importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico. Gli incarichi di cui al presente comma sono conferiti ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e con le modalità di cui all’articolo 1 per la durata massima di trentasei mesi.

5. Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato assicura la formazione del personale assunto ai sensi del comma 1. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 865.000 per l’anno 2021.

6. Per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di euro 12.600.000 per l’anno 2021 e di euro 35.198.000 per gli anni dal 2022 al 2026. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021 – 2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento del medesimo Ministero.

Dello stesso tenore il successivo articolo 8 che prevede le modalità di reclutamento di personale per attività di controllo, audit, anticorruzione e trasparenza, nonché l’articolo 9 che prevede il conferimento di incarichi professionali connessi a tali attività.

I successivi articoli riguardano invece l’assunzione di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 10)  e di seguito da 1 a 17 l’assunzione e la gestione del personale addetto all’ufficio per il processo. Fabio Petracci.

Professionista dipendente – Avvocato comunale – Cessazione dal servizio – Patrocinio.

Avvocatura di ente pubblico – cessazione dal servizio di avvocato –

Conseguenze sui procedimenti in corso – prosecuzione del professionista oltre alla data di cessazione dal servizio – inammissibilità.

Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Campania – Parere depositato in data 12.5.2021.

Un comune ha alle proprie dipendenze un avvocato che sta seguendo un procedimento in essere in corso del quale si verifica il pensionamento del professionista dipendente.

Il Comune interpella la locale sezione di controllo della Corte dei Conti per conoscere se il legale potrà continuare nel proprio mandato sino alla cessazione della causa e se, in caso di continuazione, potrà essere retribuito dal comune medesimo.

La risposta al quesito che la Corte dei Conti è totalmente negativa e ne verificheremo il perché.

La Corte dei Conti prende le mosse del proprio ragionamento dall’articolo 85 del codice di procedura civile che disciplina la procura conferita al legale. In caso di revoca della stessa o di rinuncia del legale, essa conserva valenza sino alla nomina del nuovo legale e ciò per evidenti ragioni di speditezza processuale.

Lo stesso, afferma la Corte non avviene nel caso di cessazione dal servizio dell’avvocato pubblico dipendente, in quanto al rapporto di rappresentanza sottintende quello di servizio.

Conformemente si sono espresse in diversi contesti diverse sentenze della Suprema Corte fra le tante Cassazione n.27308/2018, Cassazione n.25638/2016).

Quindi, la cessazione del rapporto di impiego determina l’automatico venir meno della legittimazione a compiere atti processuali, ricorrendo una fattispecie assimilabile a quella dell’articolo 301 del codice di procedura civile che disciplina la morte, la radiazione e la sospensione dell’avvocato.

In effetti le conclusioni paiono esatte dal momento che il difensore pubblico dipendente cessato dal servizio cessa automaticamente dall’iscrizione all’albo speciale degli avvocati dipendenti pubblici.

Quanto al compenso, ritiene la Corte dei Conti come il professionista in questione avrà diritto esclusivamente ai compensi per l’attività maturata e svolta effettivamente sino alla data della cessazione dal servizio.

Avvocato Fabio Petracci

Alte professionalità

Concorsi su misura per le alte professionalità nelle Pubbliche Amministrazioni. Si apre un ingresso speciale per i quadri?

Si appresta un periodo ricco di assunzioni nell’ambito delle pubbliche amministrazioni soprattutto ai livelli più alti di specializzazione e professionalità.

E’ prevista e programmata per la gran parte l’assunzione di personale con specifiche ed elevate professionalità per quella che dovrebbe essere la pubblica amministrazione che darà luogo alla ripresa del nostro paese, cessata la pandemia.

Le nuove regole sono contenute nel DL 44/2021 che in parte innova alle regole concorsuali contenute nel DPR 487/1994.

In pratica le prove scritte sono ridotte ad una cui si accompagnerà una prova scritta.

Viene istituzionalizzato l’uso dei mezzi informatici nell’ambito di tutte le prove.

E’ stabilito che acquistano peso nella selezione preliminare, ma anche nella valutazione finale i titoli legalmente riconosciuti e le esperienze maturate e riconosciute.

E’ prevista infatti che per i profili qualificati dalle amministrazioni, in sede di bando come ad elevata specializzazione tecnica, una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti e strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche delle posizioni bandite, ai fini dell’ammissione a successive fasi concorsuali.

E’ inoltre previsto che detti titoli e l’eventuale esperienza professionale maturata, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere, in misura non superiore ad un terzo, alla formazione del punteggio finale.

La norma sul punto riprende e rafforza quanto già in proposito previsto dalla legge 56/2019 all’articolo 6. (legge concretezza).

La nuova disposizione convertita nella legge 74/2021 tende ad ampliare l’ambito concorsuale oltre le basi nozionistiche della prova scritta per introdurvi una valutazione molto più ampia della professionalità che avvicina in qualche modo il concorso pubblico alla selezione svolta dalle imprese.

In fase di conversione del provvedimento, sono state avanzate numerose critiche al peso conferito in sede di valutazione ai titoli legalmente riconosciuti ed a quelli professionali, in quanto in molti hanno ritenuto che in questo modo, sarebbero stati penalizzati i più giovani che difficilmente possiedono simili referenze.

Quindi in fase di conversione è stato nuovamente introdotto il limite del peso di un terzo per questi requisiti limite già previsto nel DPR 487/1994.

In sostanza è stata introdotta una procedura concorsuale finalizzata all’assunzione delle professionalità più elevate nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni.

Stante la complessità delle procedure concorsuali spesso foriere di defatiganti contenziosi, alcuni punti della normativa andrebbero chiariti.

In primo luogo, si vuol capire se trattasi di una procedura opzionale come appariva nel decreto prima della conversione, oppure di una disposizione cogente.

Propenderei per la prima ipotesi, dal momento che le disposizioni facoltative della legge sono espressamente indicate come tali.

Inoltre se, la valutazione dei titoli in sede preliminare pare riservata alle professionalità specifiche ed elevate indicate nel bando, tale precisazione non è affatto estesa alla valutazione finale di titoli ed esperienze contenuti nella misura di un terzo nell’ambito della valutazione finale.

Il punto maggiormente interessante per chi chiede una valorizzazione della categoria dei quadri nella pubblica amministrazione è dato dalla creazione di specifiche norme per l’assunzione di questi ultimi.

Ci si augura che si apra così la strada ad un riconoscimento della categoria nell’ambito delle pubbliche amministrazioni.

Fabio Petracci.

CONVEGNO – Il procedimento disciplinare nei rapporti di lavoro pubblico e privato.

Pubblichiamo il video Youtube del convegno “Il procedimento disciplinare nei rapporti di lavoro pubblico e privato” organizzato dall’Ordine degli avvocati di Roma e tenutosi in diretta streaming il 25 maggio 2021.

Alte professionalità

Le creazioni intellettuali dei Lavoratori.

Presentiamo su di un tema che interessa sicuramente quadri e professionisti , un articolo di una nostra socia del Centro Studi studentessa universitaria di giurisprudenza.

PROPRIETÀ INTELLETTUALE E DIRITTO DEL LAVORO: LE CREAZIONI INTELLETTUALI DEL LAVORATORE

1. Le creazioni intellettuali nel nostro ordinamento; 2. Il rapporto tra le creazioni intellettuali del lavoratore e la posizione del datore di lavoro; 3. Le tipologie di invenzione del lavoratore; 4. Le questioni applicative delle ipotesi di invenzione del dipendente; 5. Le risoluzioni delle controversie.

  1. LE CREAZIONI INTELLETTUALI NEL NOSTRO ORDINAMENTO

Il nostro ordinamento tutela le creazioni intellettuali che possono essere di due tipi: le opere dell’ingegno, come ad esempio le idee creative nel campo artistico o culturale, e le invenzioni industriali, come ad esempio le idee creative nel campo scientifico o tecnico. Tale distinzione comporta una duplice tutela: 1. il riconoscimento del diritto d’autore per le opere dell’ingegno letterarie e artistiche; 2. il riconoscimento del diritto di brevetto per le invenzioni industriali, i modelli di utilità, i disegni e i modelli del prodotto.

Sotto quest’ottica, il nostro sistema giuridico mira a tutelare l’interesse dell’autore a rivendicare il diritto allo sfruttamento esclusivo della creazione e della collettività a disporre di un’invenzione di particolare utilità funzionale o sociale.

Da questa premessa, si evince che, proprio come i beni materiali, anche i beni immateriali come le creazioni intellettuali possono essere oggetto di proprietà. In sostanza, per proprietà industriale si intende un insieme di istituti che mirano ad attribuire un diritto di esclusiva dei beni immateriali e può interessare qualsiasi ambito, dall’arte alla medicina, coinvolgendo il settore dell’informatica, dell’ingegneria e in genere quello scientifico.

Tale proprietà, infatti, attraverso il sistema delle privative industriali mira a promuovere la concorrenza, garantendo all’impresa che decide di innovarsi, un diritto di esclusiva sulla propria idea o sul proprio processo di innovazione tecnologico.

In altre parole, per privativa industriale si intende un diritto di esclusiva conferito dall’ordinamento giuridico ad un determinato soggetto su un’opera intellettuale.

Tale esclusiva consiste nell’attribuzione di un diritto di opporsi a qualunque uso non autorizzato del segno, dell’opera, del disegno o dell’invenzione da parte di terzi nel mercato e di potersi rivolgere alle autorità giudiziarie competenti per ottenerne l’azione inibitoria ovvero la cessazione di un comportamento illecito o vietato. In sostanza, le privative industriali servono a proteggere gli imprenditori o gli autori di un’opera da rischi di appropriazione o sfruttamento indebito del proprio lavoro.

In sintesi, alle creazioni intellettuali vengono attribuite un diritto di privativa in capo al creatore. Questo diritto è molto simile alla proprietà, ma si differenzia per tre caratteristiche: ha sempre ad oggetto un bene immateriale; ha durata limitata nel tempo; ed è subordinato al rilascio di un brevetto/riconoscimento.

  • IL RAPPORTO TRA LE CREAZIONI INTELLETTUALI DEL LAVORATORE E LA POSIZIONE DEL DATORE DI LAVORO

Nel mondo imprenditoriale, le conoscenze tecniche dei lavoratori contribuiscono sempre di più allo sviluppo tecnologico e alla capacità concorrenziale delle imprese. Da ciò, ne consegue una duplice valenza giuridica: il profilo del diritto della proprietà intellettuale, che determina le condizioni per l’attribuzione delle privative, e quello giuslavoristico, che invece disciplina le conseguenze derivanti dal rapporto di subordinazione tra datore e lavoratore.

Nell’ambito della proprietà intellettuale, le opere dell’ingegno del lavoratore trovano un riferimento nella regola generale, ex art. 2575 C.C., secondo cui formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Oltre a tale regola, non vi sono previsioni specifiche a riguardo, se non quello di ricorrere alle elaborazioni giurisprudenziali.

Nell’ambito della proprietà industriale invece, le invenzioni del dipendente trovano un riferimento generale nell’articolo 2590 C.C., secondo il quale il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore [2589] dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti relativi all’invenzione sono regolati dalle leggi speciali [2587, 2591]. Inoltre, sono disciplinate espressamente dagli articoli 64 e 65 del Codice della proprietà industriale (d’ora in avanti C.P.I.) di cui al d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.

Esposto i dati normativi di riferimento, è necessario mettere a confronto gli interessi contrapposti che ne derivano dal rapporto di lavoro: da una parte, l’interesse del lavoratore che gli vengano attribuiti i diritti patrimoniali e morali derivanti dall’invenzione o creazione di un’opera; dall’altra, l’interesse del datore di trarne profitto economico delle creazioni intellettuali del suo dipendente, in attuazione dell’articolo 35 Cost. secondo cui i risultati di un’obbligazione di fare dedotta ad oggetto di un contratto di lavoro appartengono al soggetto in favore del quale è svolta la prestazione, ossia a favore del datore di lavoro. Si pone così una deroga alla regola generale dell’art. 2575 C.C., secondo cui è da attribuire sia i diritti morali che quelli patrimoniali all’inventore, quindi al lavoratore.

La ratio di tale deroga, definito dalla giurisprudenza come principio lavoristico generale, va ricercata nel fatto che l’imprenditore (il datore di lavoro) acquista direttamente i risultati del lavoro del dipendente come effetto naturale del contratto di lavoro subordinato, senza quindi, un ulteriore atto di trasferimento.

Tale principio non è altro che un’espressione della regola ancora più generale di impermeabilità del rapporto di lavoro: l’imprenditore, stipulando un contratto di lavoro nel quale è dedotta un’obbligazione che ha come oggetto lo svolgimento di attività al fine di creare un’invenzione, sopporta il costo e il rischio economico derivante dall’aleatorietà del risultato inventivo e, pertanto, ha diritto di utilizzare economicamente il risultato dell’attività lavoratori del suo dipendente oggetto del contratto di lavoro. In altre parole, l’imprenditore può trarre profitto dall’attività lavorativa del suo dipendente.

C’è da precisare però, che tale interesse dell’imprenditore dev’essere contemplato con l’interesse del lavoratore, ossia quello di essere riconosciuto della propria creazione intellettuale che, grazie al carattere innovativo di quest’ultima, ha portato progresso scientifico e tecnico alla collettività, ex art. 9 Cost.

  • TIPOLOGIE DI INVENZIONE DEL LAVORATORE

Si precisa sin da subito che, dal punto di vista del diritto positivo, non esiste una nozione legale di invenzione, semmai è presente, ex 2585 C.C., un suo elenco che può essere oggetto di brevetto, se pur risulta un po’ datato dal punto di vista industriale. Per una sua maggiore esplicazione, è necessario richiamare il diritto industriale e, anche in questo caso però, ci troviamo dinanzi ad una definizione aperta, suscettibile di accogliere realtà diverse.

Se nella regola generale si hanno pochi riferimenti, il legislatore ha predisposto alcune regole per le invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato, mediante l’invio alle leggi speciale per la sua disciplina. La già citata art. 2590 C.C., infatti, dispone che il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore [2589] dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti relativi all’invenzione sono regolati dalle leggi speciali [2587, 2591].

La ratio della disciplina è quella di individuare un equo equilibrio tra gli interessi contrapposti ovvero quelli del datore di lavoro con le sue pretese imprenditoriali e quelli del lavoratore che gli vengano attribuiti i diritti del prestatore-inventore.

Con l’emanazione del Codice della Proprietà industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), si prevedono tre tipologie di invenzioni con riferimento al lavoro dipendente, ma estendibile anche al lavoro autonomo, in attuazione dell’art. 4, l. 22 maggio 2017, n. 81, il c.d Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, il quale dispone che “salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30”.

L’art. 64 C.P.I. prevede al primo comma le invenzioni di servizio che si ha quando l’invenzione industriale è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall’invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.

Al secondo comma invece, vi sono le invenzioni azienda, secondo cui se non è prevista e stabilita una retribuzione, in compenso dell’attività inventiva, e l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all’inventore, salvo sempre il diritto di essere riconosciuto autore, spetta, qualora il datore di lavoro o suoi aventi causa ottengano il brevetto o utilizzino l’invenzione in regime di segretezza industriale, un equo premio per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall’inventore, nonché del contributo che questi ha ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro. Al fine di assicurare la tempestiva conclusione del procedimento di acquisizione del brevetto e la conseguente attribuzione dell’equo premio all’inventore, può essere concesso, su richiesta dell’organizzazione del datore di lavoro interessata, l’esame anticipato della domanda volta al rilascio del brevetto.

E infine, al terzo comma, sono previste le invenzione occasionali e si hanno quando qualora non ricorrano le condizioni previste nei commi 1 e 2 e si tratti di invenzione industriale che rientri nel campo di attività del datore di lavoro, quest’ultimo ha il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero verso corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all’invenzione. Il datore di lavoro potrà esercitare il diritto di opzione entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto. I rapporti costituiti con l’esercizio dell’opzione si risolvono di diritto, ove non venga integralmente pagato alla scadenza il corrispettivo dovuto.

In sintesi, nelle prime due ipotesi i diritti derivanti dalle invenzioni del dipendente si trasferiscono a titolo derivativo in capo al datore di lavoro, diversa nella terza ipotesi che rimangono in capo al lavoratore, fermo restando però, che il datore di lavoro è titolare di un diritto di opzione sulla cessione o utilizzazione a titolo oneroso dell’invenzione (rectius, di norma, del brevetto), per ragioni riconducibili all’obbligo di fedeltà cui il prestatore è tenuto, ex art. 2105 C.C.

In comune a tutte e le tre ipotesi è che l’invenzione debba avvenire nel corso del rapporto del lavoro.

  • LE QUESTIONI APPLICATIVE DELLE IPOTESI DI INVENZIONE DEL DIPENDENTE

Le ipotesi previste dall’articolo 64 C.P.I. producono effetti diversi e in particolare comportano una deroga rilevante alla disciplina generale sulle opere dell’ingegno. Ne consegue che, l’individuazione dei criteri di applicazione risulta assai problematico.

L’elemento comune alle tre ipotesi, come già accennato, è che l’invenzione sia maturata nel corso del rapporto di lavoro, come espressamente disposto all’ultimo comma dell’articolo 64 C.P.I.

Superato questo primo scoglio di inquadramento, ossia una volta accertati che un determinato caso rientri nell’ambito applicativo del citato articolo, è necessario ricondurre la fattispecie alle ipotesi previste.

È tradizionalmente appurato che la distinzione tra le prime due ipotesi, invenzione di servizio e invenzione d’azienda (in cui il diritto patrimoniale sull’invenzione è attribuito di legge direttamente al datore di lavoro) e la terza, invenzione occasionale (in cui al datore di lavoro spetta solamente un diritto di opzione), consiste nell’accertare se l’invenzione sia avvenuta o meno nell’ambito lavorativo.

A riguardo, la dottrina e giurisprudenza non forniscono un’interpretazione univoca della norma, offrendo quindi delle tesi differenti in merito.

Una delle tesi maggioritarie distingue le prime due tipologie dalla terza in base all’oggetto del contratto di lavoro, cioè se il lavoratore è stato assunto per svolgere un’attività con scopo inventiva, mentre la previsione di un’apposita retribuzione differenzia la prima e la seconda ipotesi.

Tale posizione porta da un lato, a restringere i casi dei primi due commi dell’art. 64 C.P.I., dall’altro amplifica quelli del terzo comma.

Per quanto riguarda la retribuzione nell’invenzione di servizio, secondo la giurisprudenza, deve essere congrua, la quale non deve essere valutata ex post, ovvero in base al valore economico dell’invenzione realizzata, bensì ex ante con riferimento, quindi, al momento dell’assunzione delle mansioni assegnate.

Il problema più critico si ha quando il contratto di lavoro non fa alcuna menzione della retribuzione. In un caso del genere, vi è stata la sentenza della Cass. n. 1285/2006, la quale ha escluso che si potesse configurare come invenzione di servizio, disponendo che la presenza in busta paga di un superminimo individuale non esplicitamente qualificato come corrispettivo dell’attività inventiva non è idonea, di per sé, a provare il requisito sopra indicato.

Si comprende che è tutta una questione interpretativa del testo contrattuale e in merito, la giurisprudenza enfatizza l’indagine sulla volontà delle parti.

In ogni modo, è pacifico che è sul datore di lavoro che grava l’onere probatorio di dimostrare l’esistenza dei presupposti per configurare l’invenzione di servizio, altrimenti l’invenzione viene configurata come d’azienda, con conseguente diritto del dipendente all’equo premio.

Per evitare che si crei una situazione simile, è auspicabile che il datore di lavoro predisponga con cura il testo del contratto di lavoro chiarendo in modo inequivoco l’attribuzione delle mansioni di ricerca inventiva e di una retribuzione corrispondente, richiamando anche espressamente le previsioni di cui all’art. 64, comma 1 e precisando che, in caso venga realizzata un’invenzione brevettabile, non spetterà alcun compenso ulteriore.

Per quanto riguarda l’invenzione occasionale, i diritti patrimoniali spettano all’autore dell’invenzione, ma quest’ultimo è tenuto a informare il datore di lavoro dell’avvenuta invenzione, comunicandogli la domanda di brevetto. A quest’ultimo spetta il diritto di opzione sull’uso e sull’acquisto del trovato che però deve essere esercitato tempestivamente, pena la decadenza da tale posizione di vantaggio.

  • LE RISOLUZIONI DELLE CONTROVERSIE

In caso di controversie in materia di invenzioni, l’art. 134 C.P.I. attribuisce la competenza alle Sezioni Specializzate in materia di Impresa, che in precedenza spettava alle Sezioni lavoro, e riguardano quindi, anche i casi delle invenzioni del dipendente. Attribuzione confermata dall’art. 4, l. 22 maggio 2017, n. 81, il quale riguarda i casi di rapporti autonomi e parasubordinati. 

Il comma quarto dell’art. 64 C.P.I. prevede una procedura arbitrale obbligatoria per a determinazione del quantum relativa all’equo premio nelle invenzioni d’azienda, infatti dispone che ferma la competenza del giudice ordinario relativa all’accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, se non si raggiunga l’accordo circa l’ammontare degli stessi, anche se l’inventore è un dipendente di amministrazione statale, alla determinazione dell’ammontare provvede un collegio di arbitratori, composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo nominato dai primi due, o, in caso di disaccordo, dal Presidente della sezione specializzata del Tribunale competente dove il prestatore d’opera esercita abitualmente le sue mansioni. Si applicano in quanto compatibili le norme degli articoli 806, e seguenti, del codice di procedura civile.

Infine, al quinto comma, sempre del citato art. 64, si prevede che il collegio degli arbitratori può essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, ma, in tal caso, l’esecutività della sua decisione è subordinata a quella della sentenza sull’accertamento del diritto. Il collegio degli arbitratori deve procedere con equo apprezzamento. Se la determinazione è manifestamente iniqua od erronea la determinazione è fatta dal giudice.

In conclusione, in assenza di una normativa consolidata a riguardo e specificamente esaustiva, costituito soprattutto da rinvii alle legislazioni speciali, non mancano problematiche applicative e di coordinamento con le regole generali. Se è vero che sia la dottrina che la giurisprudenza sono intervenuti a formulare delle soluzioni in merito, è auspicabile in ogni modo, una valutazione ponderata da parte degli operatori e degli interpreti.

Lili Liu, studentessa di Giurisprudenza presso l’Università di Trieste.

Il contratto a termine stagionale. Vantaggi ed ammissibilità.

Il DLGS 81/2015 dopo le modifiche apportate dal C.D. decreto dignità DL 87/2018 impone limiti alquanto ristretti alla stipula di contratti a termine.

Interviene infatti l’articolo 19 del DLGS 81/2015 come novellato dal DL 87/2018 il quale impone stringenti limiti di forma e di sostanza per la stipula di contratti a termine della durata superiore a 12 mesi.

La norma conosce una eccezione mediante la previsione di attività stagionali con un rinvio al successivo articolo 21 comma 2  il quale prevede i requisiti di legge necessari per le proroghe e stabilisce contestualmente come i contratti per attività stagionali dette limitazioni non trovino applicazione.

Ciò significa in concreto che il termine massimo di ventiquattro mesi introdotto dal DL n.87/2018 non trova applicazione per i contratti stagionali.

Non interessano i contratti stagionali neppure i limiti percentuali.

Non trovano neppure applicazione le norme in tema di pause tra un contratto e l’altro, né i limiti sulle proroghe a meno che introdotti dalla contrattazione collettiva.

­A questo punto, le parti sociali si sono prodotte nella ricerca dei più ampli spazi dove individuare le attività stagionali.

Sul punto, il DLGS 81/2015 all’articolo 51 delega alla contrattazione collettiva anche aziendale anche l’individuazione dei contratti stagionali oltre che ad un decreto ministeriale. Ad oggi l’unico decreto in materia è dato dal DPR 1525/1963 le cui definizioni appaiono alquanto datate.

Si poneva quindi l’interrogativo se tale datato DPR risalente al 1963 sia l’unico definitore delle attività stagionali o se esso vi concorre assieme alla contrattazione collettiva e ciò anche dopo l’emanazione del nuovo provvedimento definitorio indicato dalla legge.

Sul punto è intervenuta una recente nota protocollo n.1733 del 10 marzo 2021 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che fornisce interessanti chiarimenti.

Il provvedimento conferma come le deroghe alla disciplina del contratto a termine stabilite per le attività stagionali dagli artt. 19 e ss. del DLGS n. 81/2015 trovano applicazione anche in riferimento alle ipotesi di stagionalità individuate dal CCNL di settore.

Lo stesso provvedimento ammette la possibilità di concludere contratti a tempo indeterminato per le imprese turistiche che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi ai sensi del D.P.R. n. 1525/1963.

Ritiene l’organo ispettivo del Ministero del Lavoro come il richiamo ai decreti che individuano le attività stagionali vada ad integrarsi con le disposizioni della contrattazione collettiva.

Va ricordato in proposito, come spesso la contrattazione collettiva abbia utilizzato un concetto molto lato di definizione della stagionalità comprendendo anche imprese che operano nel corso dell’intero a’no e che comunque si trovano ad affrontare improvvisi incrementi di produttività ( vedasi in proposito l’avviso comune sulla stagionalità firmato da CGIL, CISL,UIL, nel settore alberghiero).

Fabio Petracci.

Medici specializzandi, obbligo assicurazione INAIL

I medici specializzandi debbono essere assicurati presso l’INAIL e quindi l’Azienda Ospedaliera è destinataria dell’obbligo assicurativo.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n.443 del 13.1.2021.

Il DLGS 368/1999 all’articolo 41 prevede a carico dell’azienda sanitaria presso la quale il medico svolge la propria formazione l’onere della copertura assicurativa per i rischi professionali, per  la responsabilità civile verso terzi e gli infortuni connessi all’attività assistenziale, alle stesse condizioni dell’altro personale.

Il DLGS 368/1999 costituisce l’attuazione della direttiva comunitaria 93/16/CEE che impone uniformità di trattamento per i medici in formazione.

Sosteneva l’azienda sanitaria che la legge aveva previsto un generico obbligo assicurativo, ma non espressamente un obbligo di assicurazione all’INAIL non essendo i medici specializzandi neppure lavoratori subordinati. Sosteneva inoltre l’azienda sanitaria che i medici specializzandi non potevano neppure essere considerati studenti in base all’articolo 4 del DPR n.1124 del 1965.

La Corte di Cassazione ha smentito tale assunto difensivo, ritenendo come il dato testuale della legge di cui al DLGS 368/1999 articolo 4 impone per quanto riguarda la copertura antiinfortunistica l’uniformità di copertura riguardo al restante personale.