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In vigore il codice alfanumerico unico per indicare i CCNL con attribuzione affidata al CNEL

A partire da febbraio 2022, è in vigore l’attuazione del codice alfanumerico unico per indicare i CCNL (Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro), la cui attribuzione è demandata al CNEL.

Secondo l’articolo 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 (cioè il Decreto Semplificazioni), è stato istituito il codice alfanumerico unico per l’indicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) nel settore privato.

Tale disposizione, come annunciato dalla Circolare INPS numero 170 del 12/11/2021, prevede che, in sede di acquisizione del contratto collettivo nell’archivio nazionale dei contratti collettivi di lavoro, nelle comunicazioni obbligatorie al Ministero del Lavoro per le denunce retributive mensili all’INPS, il dato relativo al contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) che viene applicato al lavoratore, venga indicato attraverso il codice alfanumerico unico attribuito dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).

Tale informazione sul contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al lavoratore subordinato era precedentemente trasmessa attraverso il flusso di denuncia Uniemens.

Questo passaggio da Uniemens INPS a Codice alfanumerico unico ha previsto un periodo di transizione in cui era consentito utilizzare anche il codice INPS, per dare modo ai datori di lavoro, ai consulenti, agli intermediari, nonché ai loro applicativi utilizzati per suddette denunce di adeguarsi alla nuova direttiva istituita.

Per consentire una progressiva transizione verso la nuova modalità relativo al codice alfanumerico unico per i CCNL, come appena accennato, c’è stata una fase di passaggio di durata bimestrale (Dicembre 2021 e Gennaio 2022) in cui l’invio del dato poteva essere effettuato o con il nuovo codice alfanumerico unico del CNEL o con il codice INPS.

Da febbraio 2022 invece, la trasmissione di tali dati avviene solo ed esclusivamente per mezzo del codice alfanumerico unico del CNEL.

Dott. Gilberto Roma

PARERE – Doppia imposizione fiscale tra Belgio e Italia

Egregio dottore,

a seguito di attento esame, con riferimento alle Sue molteplici richieste in merito alla situazione della Sua compagna, possiamo significare quanto segue.

Appare doveroso premettere, trattandosi di tematiche estremamente delicate ed attinenti alla normativa fiscale sia fiscale sia internazionale, che il presente parere viene reso sulla base delle informazioni fornite e si invita il richiedente a rivolgersi ad un commercialista esperto nel settore della fiscalità internazionale al fine di ricevere una consulenza più specifica oltre che per la corretta gestione degli adempimenti previsti dalla normativa applicabile.

Ciò posto, innanzitutto Le confermiamo che è possibile aprire la partita IVA in regime forfettario per i non residenti in Italia, purché risiedano in uno degli Stati membri dell’Unione europea (come il Belgio) e producano in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato.

Procedendo all’esame delle Sue domande, in Italia la dichiarazione dei redditi dei non residenti deve essere presentata ogni qual volta si percepiscano redditi prodotti in Italia, anche se la residenza fiscale del contribuente è all’estero.

Ne consegue che, qualora vengano percepiti redditi sia in Italia sia in Belgio, dovrà essere presentata una dichiarazione dei redditi per ciascuno Stato.

La Convenzione del 1983 tra Italia e Belgio è stata stipulata proprio allo scopo di evitare la doppia imposizione fiscale relativamente alle imposte sui redditi.

Il fine delle convenzioni contro la doppia imposizione è duplice: da una parte esse permettono di evitare che lo stesso reddito venga tassato due volte (doppia imposizione in senso giuridico) e dall’altra provvedono a ripartire tra i due Stati contraenti le entrate tributarie derivanti dai redditi percepiti dal contribuente.

Pertanto, eventuali redditi conseguiti in Italia concorrono al reddito “complessivo”; peraltro, tendenzialmente negli Stati dell’UE lo svolgimento di attività di lavoro autonomo non è compatibile con la percezione dell’indennità di disoccupazione (sul punto, dovrà verificare la normativa belga).

La discriminante per individuare il paese di tassazione è la presenza o meno di una base fissa per l’esercizio delle attività del Professionista nello Stato diverso da quello di residenza, ovvero una sede o comunque un centro di attività di carattere fisso o permanente.

Ai fini dell’assoggettamento ad imposizione in Italia dei redditi da lavoro, l’articolo 3, comma 1, del TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi, D.P.R. n.917/1986), prevede che “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera d), del TUIR si considerano prodotti nel territorio dello Stato italiano i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato.

Tale trattamento fiscale potrebbe tuttavia essere modificato proprio in ragione della Convenzione per evitare le doppie imposizioni vigente tra Belgio e Italia.

Infatti, con particolare riferimento alle professioni indipendenti, l’art. 14 della Convenzione Italia-Belgio prevede che: “1. I redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato a meno che tale residente non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa.

  1. L’espressione “libera professione” comprende in particolare le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili”.

La citata disposizione convenzionale sancisce dunque la potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza, sempreché il professionista non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività.

In tale eventualità si applica la tassazione concorrente, che consente anche allo Stato della fonte (oltre allo Stato di residenza) di tassare i redditi attribuibili a tale base fissa.

Considerato quindi che la partita IVA verrebbe aperta in Italia e che l’attività verrebbe svolta esclusivamente verso clienti italiani a Milano, appare di conseguenza ipotizzabile che l’attività professionale, ai sensi della predetta norma convenzionale, sia considerabile come svolta esclusivamente in Italia attraverso una base fissa, con la conseguenza che il reddito derivante da tale attività sarà soggetto a tassazione nel nostro paese.

Sul punto e sullo svolgimento di attività di lavoro autonomo esclusivamente in Italia e nei confronti di clienti italiani, pare inoltre opportuno ribadire in questa sede che: “l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali” (Cass. 16634/2018).

In altri termini, al di là della formale residenza stabilita fuori dal territorio nazionale, il contribuente sarà considerato fiscalmente residente in Italia ove venga provato, in sede amministrativa o giudiziale, che egli abbia mantenuto o stabilito il proprio domicilio civilistico nel nostro paese.

In tal senso, l’iscrizione all’AIRE deve ritenersi un mero dato formale, con ciò assegnando maggior valore al domicilio attribuibile al contribuente, “inteso come la sede principale degli affari e degli interessi economici nonché delle relazioni personali come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dall’iscrizione del soggetto all’AIRE” (da ultimo, Cass. 21694/2020, 21695/2020, 21696/2020 e 21697/2020).

Quanto alla copertura sanitaria, gli iscritti AIRE non possono usufruire dell’assistenza sanitaria in Italia, beneficiando di quella del paese in cui risultano residenti.

In ogni caso, in quanto cittadina dell’UE, se la Sua compagna si dovesse ammalare nel corso di un soggiorno temporaneo – anche per motivi di lavoro – in Italia, avrà diritto alle cure mediche necessarie ed indispensabili.

L’apertura della partita IVA in Italia è condizione necessaria e sufficiente per poter regolarmente svolgere e fatturare attività di lavoro autonomo: considerata la situazione, Le consigliamo di rivolgersi ad un dottore commercialista esperto di fiscalità internazionale anche per tale adempimento.

Quanto al quesito sulla necessità o meno di coperture assicurative particolari, un tanto dipende dalla natura dell’attività consulenziale che andrà a svolgere la Sua compagna: qualora dovesse svolgere attività riservate agli iscritti ad albi professionali, oltre ad iscriversi all’albo di riferimento, dovrà altresì dotarsi di idonea assicurazione professionale.

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Rimaniamo a disposizione per eventuali chiarimenti e porgiamo cordiali saluti.

Trieste, 2 marzo 2022

 

Centro Studi Corrado Rossitto

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CONVEGNO – Quadri e Alte Professionalità nel Pubblico Impiego (meritocrazia e professionalità)

Il convegno, organizzato da CIU UNIONQUADRI, si terrà giovedì 10 marzo 2022 dalle ore 14:30 alle 17:30 a Roma presso il Parlamentino del CNEL, viale David Lubin n.2,  (scarica la locandina). 

Contestualmente, in orario da programmarsi, si terrà pure una riunione del Centro Studi.

Per i soci e consulenti del Centro Studi che provengono da fuori Roma, CIU Unionquadri troverà una sistemazione presso un hotel di propria fiducia e rimborserà le spese del viaggio.

Per fruire dell’agevolazione, sarà necessario comunicare la propria adesione entro la giornata del 4 marzo, telefonando dalle 9.00 alle 16.00 allo 06 320 04 27 oppure al 392 572 04 35, chiedendo della signora Zaira Odicino.

Il Presidente del Centro Studi
Fabio Petracci

Novità in materia di cessione del credito edilizio e sconto in fattura 2022

Pubblichiamo tre video descrittivi delle ultime novità in materia di bonus edilizi.

CESSIONE dei crediti edilizi 2022. STOP alle cessioni reiterate

CESSIONE dei crediti edilizi 2022. STOP alle cessioni reiterate

VISTO DI CONFORMITA’ per tutti i BONUS EDILIZI. Novità decreto ANTIFRODE

Cosa è e come funziona l’assistenza contrattuale del Centro Studi

Il Centro Studi Corrado Rossitto di Unionquadri fornisce supporto all’organizzazione sindacale CIU Unionquadri nell’ambito della consulenza in tema di lavoro e di contrattazione collettiva.

Di recente il Centro Studi è stato consultato e si è reso parte attiva nell’assistenza alla contrattazione di Assoposte, approfondendo diverse tematiche del  lavoro concernenti il settore del delivery tra cui l’istituto dello smart time, seguendo quindi la presentazione al CNEL del relativo contratto.

Importante è il supporto che il Centro studi ha offerto a CIU Unionquadri nelle trattative per quanto attiene il contratto di secondo livello dei quadri di TPER l’azienda Bolognese – Emiliana di trasporti locali. Le trattative hanno subito interruzione in ragione del COVID ed ora stanno riprendendo.

Un intesa attività di negoziazione di cui è protagonista CIU Unionquadri è in corso presso l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico orientale dove sono in corso trattative per il reinquadramento professionale delle alte professionalità.

In quest’ambito CIU Unionquadri con l’apporto del Centro Studi sta negoziando affinché le figure professionali dei quadri portuali non vengano svilite e non perdano il loro rilievo professionale.

Il Centro Studi è aperto alla collaborazione di tutte le professionalità interessate ai temi del lavoro e dell’economia che riguardano le professionalità medio alte del mondo del lavoro.

Il Presidente
Fabio Petracci.

 

Articolo 18 ed ipotesi di reintegra. Gli ultimi interventi della Consulta e della Suprema Corte.

L’articolo 18 quarto comma della legge 300/70 riconosce il diritto alla reintegra del lavoratore licenziato nel caso di insussistenza del fatto contestato.
Ciò avviene nel caso in cui non sussista proporzionalità alcuna tra la sanzione ed il fatto contestato, sia allorquando la contrattazione collettiva preveda per il caso contestato l’applicazione di una sanzione conservativa.
Interessante sul punto, Cassazione Sezione Lavoro 15 dicembre 2020 n.28630 in Il Lavoro nella giurisprudenza n.10, 1 ottobre 2021,p.943 con nota di Francesca Nardelli.
Come notato dall’autrice, la Corte di Cassazione con una pronuncia quanto mai sintetica affronta il tema della rilevanza da attribuire al fatto contestato ai fini del licenziamento disciplinare, nonché sulla valutazione giudiziale delle tipizzazioni contrattuali, nel caso in cui sia accertata l’illegittimità del licenziamento per irrilevanza disciplinare della condotta ed il CCNL preveda per la fattispecie contestata una mera sanzione conservativa.
Nel caso in commento, la Corte di Cassazione confermava l’illegittimità del licenziamento ed il conseguente diritto alla reintegra sul presupposto in base al quale la fattispecie contestata in base al CCNL era risultata suscettibile della sola sanzione conservativa.
La Corte di Cassazione, nella valutazione del fatto addebitato al lavoratore, ha aderito invece all’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui “l’insussistenza del fatto materiale va intesa come fatto disciplinarmente rilevante consistente in un comportamento astrattamente inadempiente corrispondente a quello considerato nella disposizione del codice disciplinare su cui di fonda la contestazione disciplinare elevata”.
Prevale in questo caso, l’indirizzo già prevalente nella giurisprudenza circa l’esatta portata da attribuire dopo le recenti riforme (Fornero e Jobs Act) all’espressione “insussistenza del fatto” ai fini della reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.
In un primo momento, la tutela consistente nella reintegra era limitata al solo caso dell’insussistenza sul piano materiale dell’addebito contestato.
Quindi il giudice avrebbe dovuto esclusivamente accertare sul piano fenomenologico l’esistenza del fatto contestato.
In questo orientamento alcuni dei principali autori (Persiani, Maresca, Vallebona).
Di seguito la giurisprudenza di legittimità ha fornito un diverso indirizzo chiarendo come l’insussistenza del fatto contestato comprenda anche le ipotesi della sussistenza materiale dello stesso priva però di valenza disciplinare (Cassazione n.20540/2015).
Di seguito, il legislatore mediante l’articolo 3 del DLGS 23/2015 aggiungeva alla parola “fatto contestato” il termine “materiale”.
Interveniva di seguito la pronuncia n.12174 del 2019 della Cassazione che ribadiva le conclusioni già prima assunte conferendo all’espressione insussistenza materiale del fatto contestato il significato di fatto non avente rilievo disciplinare ai fini del recesso.
Va notato inoltre che di recente la Corte Costituzionale con sentenza 1.4.2021 n.59 ha ritenuto confliggere con diverse disposizioni costituzionali e comunitarie il settimo comma dell’articolo 18 legge 300/70 nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo possa e non debba disporre la reintegrazione del lavoratore.
Fabio Petracci

Arrivano le elevate professionalità anche nella sanità pubblica.

Anche l’ordinamento professionale che sta per essere introdotto con il nuovo CCNL della Sanità Pubblica risente degli orientamenti volti a rivalutare le elevate professionalità non dirigenziali manifestati con il DL 80/2021 e con il successivo CCNL delle Amministrazioni Centrali.

Nell’ambito sanitario il tema dell’inquadramento e della professionalità è reso più importante anche per il grave ed attuale impegno del personale e dall’esistenza di professioni che si caratterizzano anche a livello autonomo ed ordinistico.

Con il nuovo contratto, il personale non dirigente è ripartito in n.5 aree così suddivise:

  1. Operatori ausiliari (A);
  2. Operatori (B);
  3. Assistenti (C);
  4. Professionista della salute e dei funzionari (D);
  5. Personale di elevata qualificazione (E)

Ogni area contiene dei profili riferibili.

Il sistema di classificazione di cui raggruppa funzionalmente i diversi ruoli come di seguito specificato:

  •  Ruolo sanitario – personale infermieristico e delle altre professioni sanitarie: caratterizzato dallo svolgimento di attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva; alla riabilitazione, all’esecuzione di procedure tecniche necessarie alla effettuazione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale; all’attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria;
  • Ruolo socio sanitario: caratterizzato dallo svolgimento di attività dirette prevalentemente ad erogare prestazioni sociosanitarie e azioni di protezione sociale nonché ad intervenire in attività di mantenimento dello stato di salute ed in attività di lotta all’emarginazione, devianza e dipendenza;
  • Ruoli amministrativo, tecnico e professionale: caratterizzati dallo svolgimento di attività proprie delle funzioni finalizzate al miglioramento dell’attività aziendale di loro competenza nell’ottica dell’efficienza, efficacia e semplificazione dell’azione amministrativa, gestionale e tecnico -professionale.

La principale novità come già accennato è data dall’introduzione dell’area del Personale ad Alta Professionalità che in qualche modo pare differenziarsi dalle altre categorie non dirigenziali e richiamare la figura del quadro.

La norma contrattuale prevede che l’accesso all’area possa avvenire dall’esterno o tramite una progressione tra aree.

In patica, stabilisce la norma contrattuale che i profili di quest’area corrispondono a quelli dell’area dei professionisti della salute e dei funzionari alla cui denominazione però è aggiunto il suffisso” ad elevata qualificazione”.

In realtà l’aspetto qualificante per quest’area è dato dal fatto che a ciascun appartenente sarà conferito un incarico a termine come ora avviene per i dirigenti.

Tale incarico naturalmente comporterà una valenza economica.

Il nuovo contratto disciplina inoltre i passaggi di profilo e le progressioni economiche all’interno delle aree.

I passaggi di profilo avverranno previa verifica dei requisiti ed in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni.

E’ prevista inoltre anche una progressione economica all’interno delle aree mediante “differenziali economici di professionalità.”

L’attribuzione di questo istituto non determina attribuzione di mansioni superiori ed avviene mediante procedura selettiva di area, con il requisito di precedenti disciplinari nel triennio che non siano la multa

I “differenziali economici di professionalità” sono attribuiti, fino a concorrenza del numero corrispondente all’importo fissato per ciascuna area, previa graduatoria dei partecipanti alla procedura selettiva, definita in base alla media aritmetica semplice degli ultimi tre punteggi conseguiti e riportati nella valutazione annuale di performance individuale, a partire dalla media più elevata e proseguendo in ordine decrescente

Fabio Petracci

Alte professionalità

Novità per il personale degli enti locali.

La normativa di cui al DL 80/2021 e la sua ricaduta sulla contrattazione degli enti locali.

Il recente DL 80/2021 contiene un insieme di norme destinate a disciplinare carriere ed assunzioni nell’ambito del pubblico impiego.

La normativa ha fornito la base legale per la contrattazione collettiva nell’ambito di tutto il pubblico impiego in primis per Amministrazioni Centrali, ma è destinata ad improntare anche la contrattazione nell’ambito degli enti locali.

L’introduzione dell’Area delle Elevate Professionalità – quarta area nell’ambito delle Amministrazioni Centrali è destinata a ripercuotersi anche sull’inquadramento contrattuale degli enti locali dove dovranno comunque individuarsi nell’ambito della contrattazione le alte professionalità, evitando automatiche trasposizioni da un’area all’altra.

La legge disciplina per la prima volta le progressioni orizzontali improntandole a propri criteri che andranno recepiti anche dalla contrattazione degli enti locali.

Contestualmente favorisce i passaggi di area per il personale interno subordinandolo esclusivamente a criteri selettivi e comparativi che paiono escludere il concorso.

La legge apre ad esperienze di contratti di formazione lavoro/apprendistato con giovani laureati e diplomati.

Espressamente per gli enti locali è prevista la costituzione di apposite liste di idonei / abilitati che possono essere assunti per interpello in caso di necessità.

Norme particolari attengono alle assunzioni di segretari e vice segretari comunali.

Fabio Petracci

Autorità Portuali di Sistema – Datori di lavoro pubblici o privati?

Il lavoro alle dipendenze delle Autorità Portuali di Sistema.

L’inquadramento giuridico delle Autorità Portuali di Sistema determina la natura del rapporto di lavoro con le stesse.

Con la legge 84/1994 all’articolo 6 come modificato dal DLGS n.169/2016 sono istituite le Autorità di Sistema Portuale, inizialmente 15.

Trattasi di raggruppamenti di Autorità Portuali attorno al porto principale di una determinata zona di mare.

La legge pone i seguenti compiti ed obiettivi per queste particolari strutture amministrative così individuandoli:

  1. indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo, anche mediante gli uffici territoriali portuali secondo quanto previsto all’articolo 6-bis, comma 1, lettera c), delle operazioni e dei servizi portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie di cui agli articoli 16, 17 e 18 e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle circoscrizioni territoriali. All’Autorità di sistema portuale sono, altresì, conferiti poteri di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi alle attività e alle condizioni di igiene sul lavoro ai sensi dell’articolo 24;
  2. manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell’ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali;
  3. affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’articolo 16, comma 1;
  4. coordinamento delle attività amministrative esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici nell’ambito dei porti e nelle aree demaniali marittime comprese nella circoscrizione territoriale;
  5. amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione, in forza di quanto previsto dalla presente legge e dal codice della navigazione, fatte salve le eventuali competenze regionali e la legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Per la gestione delle attività inerenti le funzioni sul demanio marittimo le Autorità di sistema portuale si avvalgono del Sistema informativo del demanio marittimo (S.I.D.);68
  6. promozione e coordinamento di forme di raccordo con i sistemi logistici retro portuali e interportuali.

Come dato a vedere, trattasi di compiti di natura amministrativa e regolatrice che si intersecano con compiti di natura maggiormente operativa.

Ne risulta quindi una struttura complessa per quanto riguarda la collocazione anche nell’ambito dei rapporti di lavoro.

Ne risente dunque anche la definizione giuridica, laddove il comma 5 del citato articolo 6 della legge 84/1994 definisce l’Autorità di Sistema Portuale come ente pubblico non economico di rilevanza nazionale ad ordinamento speciale dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria.

Per quanto riguarda i rapporti di lavoro, la legge stabilisce che ad esse si applicano i principi di cui al Titolo I del DLGS 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego). Quindi non l’intero testo unico.

In sostanza il Titolo I del Testo Unico del Pubblico Impiego riguarda i principi generali della legge, nonché gli articoli 6, 6 bis, 6 ter, che riguardano le assunzioni del personale ed il conferimento di incarichi a terzi.

Ciò in pratica significherà che le Autorità Portuali di Sistema dovranno ad uniformarsi alle norme vigenti in tema di organizzazione degli uffici e fabbisogni di personale, in tema di lavori flessibili, di assunzioni e di passaggio di area.

Le assunzioni come previsto dall’articolo 6 della legge 84/94 dovranno essere disciplinate da regolamenti che rispettino i criteri di imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 97 Costituzione. A procedure così ispirate dovranno pure attenersi i conferimenti di incarichi dirigenziali.

Non risulterebbero peraltro applicabili l’articolo 35 del DLGS 165/2001 in tema di concorsi nonché la normativa in tema di mansioni di cui all’articolo 52 DLGS 165/2001 e la parte disciplinare del testo unico articoli 55 bis e seguenti, nonché la parte che attiene alla rappresentanza sindacale ed alle relazioni sindacali.

Dunque una disciplina con connotati generali pubblicistici applicata a rapporti di lavoro che una volta instaurati mantengono la loro natura privatistica.

Sostanzialmente i rapporti di lavoro dovrebbero assumere una connotazione similare a quella prevista per le società partecipate pubbliche dal DLGS 175/2016.

A conferma del fatto che le norme concernenti nomine ed assunzioni partecipano alla normativa dell’impiego pubblico, la Cassazione, Sezione Lavoro Ordinanza 6.10.2020 n.21484 ha ritenuto che l’assunzione della qualifica dirigenziale presso le autorità portuali, aventi natura di enti pubblici economici, è sottratta alla disciplina di acquisizione automatica della qualifica superiore fissata dall’art. 2103 c.c., in quanto l’immissione nei ruoli dirigenziali, anche nel caso consegua ad una progressione verticale, è equiparabile al reclutamento esterno ed attiene alla fase della costituzione del rapporto di lavoro, retta dai principi fissati dall’art. 97 Costituzione.

Per quanto riguarda invece l’assunzione di un dirigente privo della cittadinanza italiana il TAR Puglia Lecce Sezione I sentenza 26.6.2012 n.1138 ha ritenuto che è’ illegittimo il decreto con il quale il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha nominato Presidente dell’Autorità Portuale un cittadino straniero, atteso che il possesso del requisito della cittadinanza italiana è indispensabile per accedere alla medesima carica.

Fabio Petracci.

 

 

 

 

 

 

Lvoro precario

Cosa sono le politiche attive del lavoro?

L’occupazione è un principio posto costituzionalmente dall’art. 4, che intende promuovere l’effettività del diritto al lavoro, imponendo al contempo al cittadino, sulla base delle proprie capacità e della propria scelta, un’attività utile.

Il d.lgs. n. 150/2015 costituisce il nucleo centrale per l’attuazione delle politiche attive per il lavoro ma la disciplina del mercato del lavoro rientra non solo tra le competenze dello Stato, ma anche delle regioni.

In particolare è l’ANPAL, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive per il Lavoro a coordinare le misure di politica attiva del lavoro, del collocamento dei disabili e delle misure di sostegno al reddito collegate alla cessazione del rapporto di lavoro.

Le strutture regionali per le politiche attive del lavoro sono invece costituite dai Centri per l’Impiego, che si occupano non solo di gestire i servizi di politica attiva del lavoro e gli ammortizzatori sociali ma anche di verificare l’effettivo stato di disoccupazione, provvedere alla profilazione dei disoccupati, stipulare il patto di servizio personalizzato, promuovere e garantire ausilio nella ricerca di esperienze lavorative, formative ed orientative.

Per collocamento mirato si intende il complesso degli strumenti e le procedure che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità in relazione all’effettiva possibilità di impiego. I destinatari del collocamento mirato sono i disabili con invalidità riconosciuta superiore al 45% e gli invalidi del lavoro con invalidità riconosciuta superiore al 35% (cfr. legge n. 68/1999).

Le politiche attive del lavoro hanno come obiettivo quello di far incontrare domanda e offerta di lavoro, al fine di creare nuova occupazione e di alleggerire il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Nell’ambito delle politiche attive del lavoro sono ricompresi anche l’instaurazione di tirocini o altre esperienze formative. Con specifico riferimento ai giovani dai 15 ai 18 anni, la legge n.107/2015 ha potenziato l’alternanza scuola lavoro, inserendo dei percorsi obbligatori nel all’interno della scuola secondaria di secondo grado.

Nell’ambito delle politiche attive del lavoro risulta fondamentale il ruolo, tanto determinante quanto complesso, della formazione. Anche in materia di formazione è rilevante la competenza e l’intervento regionale.

Per formazione professionale deve infatti intendersi una vasta gamma di interventi destinati a ripercuotersi sul rapporto di lavoro: non solo l’inserimento nel mercato del lavoro ma anche la tutela occupazionale ed il perseguimento di legittimi obiettivi di carriera e di guadagno.

Nell’auspicio del legislatore, la formazione dovrebbe infatti fornire al lavoratore la cosiddetta “occupabilità”, ovvero la possibilità di poter, nel corso della propria vita lavorativa, spendere diverse occasioni di lavoro senza soluzione di continuità.

Avvocato Alberto Tarlao