IL LAVORO AGILE – SMART WORKING
1. Il
lavoro agile (Smart Working) e il lavoro a domicilio (il telelavro): punti in
comune e differenze; 2. Il lavoro agile (Smart Working) nell’attuale
legislazione; 3. Contratti ed esperimenti di lavoro agile (Smart Working) già
in essere. Possibilità di applicazione; 4. Punti critici: come determinare la
retribuzione, controllo e potere disciplinare, riservatezza, personalità della
prestazione, aspetti previdenziali; 5. Il lavoro agile (Smart Working) nel
pubblico impiego: il testo unico e la normativa in materia, disposizioni
contrattuali, circolari, esperienze, la normativa dell’emergenza, regolamenti
degli enti pubblici.
1. Il
lavoro agile (Smart Working) e il lavoro a domicilio (il telelavro): punti in
comune e differenze
Il lavoro
agile – o Smart Working – viene introdotto nel nostro ordinamento con la legge
22 maggio 2017 n. 81, con il fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro e,
in questo modo, di aumentare la produttività. La legge lo definisce come una modalità
di prestazione del lavoro subordinato, riportante delle peculiarità delineate
dalla legge stessa.
La pratica
del lavoro agile porta dei vantaggi: il miglioramento della qualità della vita
del lavoratore, che ha più tempo libero a disposizione da dedicare a se stesso
e alla famiglia, comporta un miglioramento dei profitti aziendali poiché il
benessere del dipendente aumenta la produttività e riduce l’assenteismo.
Inoltre, la riduzione degli spostamenti per recarsi sul posto di lavoro riduce
l’impatto ambientale, oltre a ridurre gli infortuni in itinere (ridotti anche
grazie a una qualità della vita meno frenetica del lavoratore).
Il lavoro a
domicilio – o telelavoro – è stato introdotto invece dal DPR n. 70/1999 e
ripreso dall’articolo 1 dell’Accordo del 9 giugno del 2004. Per tale modalità
di lavoro si intende una prestazione lavorativa subordinata effettuata
regolarmente a distanza dal lavoratore, cioè al di fuori della sede di lavoro,
con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della
comunicazione.
Le due
modalità lavorative riportano dei punti in comune:
- Si
tratta di una prestazione di lavoro subordinato;
- La
prestazione lavorativa non avviene all’interno dei locali aziendali;
- La
possibilità di utilizzo di un supporto tecnologico;
- La
possibilità, tanto per il settore privato come per il settore pubblico, di
optare per tale modalità di lavoro.
Nonostante
le somiglianze, vengono riportate tuttavia delle differenze:
- La
disciplina dello Smart Working esclude l’applicazione della normativa sul
telelavoro, inadeguata di fronte alla veloce evoluzione degli strumenti
tecnologici, oltre ad essere più rigida e costosa;
- Il
luogo di lavoro nel caso dello Smart Working è flessibile e non deve svolgersi
obbligatoriamente sul luogo di lavoro, mentre nel caso il telelavoro è sì
disancorato dai locali aziendali, ma prefissato;
- Dalla
flessibilità del luogo di lavoro deriva che, nel caso dello Smart Working, il
datore di lavoro deve individuare nell’informativa periodica (con cadenza
almeno annuale) i rischi generali e specifici connessi alla modalità della
prestazione, mentre nel caso del telelavoro (di cui, a differenza dello Smart
Working, si conosce in anticipo il luogo della prestazione) il datore deve
anche garantire la sicurezza dei luoghi che il dipendente utilizza per lavorare;
- L’orario
di lavoro nel caso dello Smart Working è flessibile (comportando il diritto del
lavoratore alla disconnessione), mentre è definito nel telelavoro ed equivale
alla durata della prestazione in azienda.
Il tempo del lavoro assume quindi natura definitoria per distinguere le
due fattispecie.
2. Il
lavoro agile (Smart Working) nell’attuale legislazione
Come già
accennato sopra, il lavoro agile viene introdotto nel nostro ordinamento dalla
legge 22 maggio 2017 n. 81, con la finalità di aumentare la produttività
permettendo al lavoratore la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La
definizione di lavoro agile viene delineata dalla legge attraverso alcune
caratteristiche:
- L’esecuzione
della prestazione lavorativa avviene solo in parte all’interno dei locali
aziendali e con i vincoli di orario massimo derivanti da legge e contrattazione
collettiva;
- La
possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici;
- L’assenza
di postazione fissa nei periodi di lavoro svolti fuori dai locali aziendali;
- La
volontarietà della prestazione;
- La
necessarietà di un accordo scritto tra le parti, che definisca le modalità di
esecuzione della prestazione quando resa all’infuori dei locali aziendali e gli
strumenti utilizzati dal dipendente, oltre all’individuazione del tempo del
lavoro e del rispetto dei tempi di riposo e all’individuazione del periodo di
preavviso di recessione dell’accordo a tempo indeterminato che non sia
inferiore a 30 giorni;
- La
durata dell’accordo può essere a tempo determinato o indeterminato e ciascuno
dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine (se a tempo
determinato) o senza preavviso se sussiste una giusta causa (se a tempo
indeterminato). Se questa mancasse, l’accordo deve prevedere un periodo di
preavviso comunque non inferiore a 30 giorni.
3.
Contratti ed esperimenti di lavoro agile (Smart Working) già in essere.
Possibilità di applicazione
Diverse
grandi imprese, alla proposta di riforma che avrebbe introdotto lo Smart
Working nell’ordinamento italiano, si sono dimostrate poco interessate. Da un
lato, il quadro normativo non era certo ed interpretabile, e dall’altro lato
non era chiara la materia di modalità di utilizzo degli strumenti e di gestione
delle questioni riguardanti salute e sicurezza sul lavoro.
Altre
imprese, invece, avevano adottato già dal 2016 delle modalità di Smart Working.
Questo ha aperto le porte a delle opportunità, ad esempio gli uffici condivisi
di co-working, e può aprirne in futuro per combattere la discriminazione di
genere:
A. La
modalità dello Smart Working in spazi di co-working
Come già
evidenziato da Il Sole 24 ore nel 2015, sono stati sperimentati degli
spazi di co-working, ossia degli uffici in condivisione tra più professionisti
che lavorano con la modalità dello Smart Working. A Milano è stato aperto uno
di questi spazi che può ospitare fino a 5mila lavoratori, ma esistono anche
altre numerose realtà di co-working tra l’Italia e la Svizzera. Il vantaggio di
questo tipo di uffici, secondo Mauro Mordini (Country Manager di Regus) è
quello di pagare solo per ciò che effettivamente si usa (linee telefoniche,
WiFi ecc.) e di usufruire di spazi diversi per il lavoro a seconda delle
esigenze. L’abitazione del lavoratore non è un ambiente professionale e non dà
accesso a tutti gli strumenti che si possono trovare in uno spazio condiviso,
permettendo inoltre un risparmio sui costi fissi. Viene offerta un’occasione,
tra l’altro, di creare un network di contatti che si generano da un ufficio in cui coesistono più piani e più
realtà.
B. Lo Smart
Working come modalità per combattere la discriminazione di genere
I presupposti da prendere in
considerazione sono tre:
- l proposito
dell’introduzione dello Smart Working nell’ordinamento italiano con la legge
del 22 maggio 2017 n.81 è quello di aumentare la produttività permettendo al
lavoratore una più semplice conciliazione dei tempi del proprio lavoro e della
propria vita;
- Vantaggi
derivanti dalla stipulazione di tali accordi sono il miglioramento della
qualità della vita del lavoratore, poiché diventa meno frenetica vista anche la
riduzione degli spostamenti per recarsi al luogo di lavoro;
- Come evidenziato
a livello tanto nazionale quanto dai lavori degli ultimi anni della Commissione
Europea, molte donne italiane sono fin troppo spesso costrette ad optare per
soluzioni di riduzione dell’orario di lavoro (part-time), riducendo così anche
lo stipendio e i contributi previdenziali, se non addirittura lasciando il
lavoro per un periodo o definitivamente (comportando la mancanza di stipendio e
contributi previdenziali), poiché il carico della vita famigliare è tutto sulle
loro spalle. Questo comporta, ad esempio, una discriminazione indiretta di misure
in materia previdenziale, come ad esempio la legge 28 marzo 2019 n.26 che
istituisce la modalità di pensionamento anticipato Quota 100. Lavorando meno
ore rispetto agli uomini o dovendo lasciare il lavoro per un periodo o
definitivamente per prendersi cura della famiglia (oltre al discorso sul gender
pay gap), per le donne è più arduo versare i contributi per gli anni necessari
necessari per poter accedere alla pensione anticipata, nonostante la previsione
della c.d. opzione donna. Inoltre, le donne sono più esposte al rischio di
infortuni in itinere poiché il dover conciliare i tempi del lavoro con le
necessità famigliari le porta a muoversi più di fretta rispetto agli uomini.
Un accordo di Smart Working, quindi,
può essere un’occasione per la donna per non dover lasciare il lavoro o per non
essere costretta ad optare per una riduzione dell’orario di lavoro, siccome lo
stesso scopo che si propone l’introduzione della modalità è rendere facile al
lavoratore (la lavoratrice) la conciliazione tra il tempo del lavoro e della
propria vita. La lavoratrice, allora, non si troverebbe costretta ad
accontentarsi di un salario ridotto (o mancante) e potrebbe versare i
contributi previdenziali senza veder svanire la possibilità, ad esempio, di un
pensionamento anticipato.
Inoltre, la riduzione degli spostamenti
permetterebbe alla lavoratrice di non dover muoversi in fretta, riducendo gli
infortuni in itinere.
4. Punti
critici: come determinare la retribuzione, controllo e potere disciplinare,
riservatezza, personalità della prestazione, aspetti previdenziali
Il
dipendente, nello svolgimento della propria mansione con le modalità dello
Smart Working, ha diritto ad una retribuzione non inferiore a quella
corrisposta agli altri lavoratori subordinati a parità di mansioni svolte.
Il potere
disciplinare del datore di lavoro è lo stesso previsto dall’art. 7 della legge
20 maggio 1970 n. 300 (lo Statuto dei Lavoratori), dei limiti della legge e
dell’accordo raggiunto con il lavoratore. L’accordo tra le parti, oltretutto,
deve precisare eventuali altri comportamenti disciplinarmente rilevanti
ulteriori rispetto a quelli già individuati dal datore di lavoro nel codice
disciplinare esposto in azienda.
Il datore di
lavoro, inoltre, deve garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati
dal lavoratore che svolge la sua prestazione lavorativa in modalità di Smart
Working.
Dal punto di
vista della sicurezza sul lavoro, come già accennato nel primo capitolo, il
datore di lavoro ha l’obbligo generale di garantire la salute e la sicurezza
del lavoratore in modalità di lavoro agile, ma ha anche l’obbligo di
informativa periodica (almeno una volta all’anno) in cui deve individuare i
rischi generali e specifici connessi alla modalità di adempimento alla
prestazione lavorativa. Se dovesse verificarsi un infortunio durante lo
svolgimento dell’attività lavorativa all’infuori dei locali aziendali, connesso
con la prestazione lavorativa, la legge stabilisce il diritto alla copertura
INAIL.
5. Il
lavoro agile (Smart Working) nel pubblico impiego: il testo unico e la normativa
in materia, disposizioni contrattuali, circolari, esperienze, la normativa
dell’emergenza, regolamenti degli enti pubblici.
Il lavoro
agile nel settore pubblico
Il lavoro
agile era già stato previsto come applicabile al pubblico impiego con l’art. 14
della legge 7 agosto 2015 n. 124, Deleghe al
Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che introduceva nuove misure per la
promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che le varie
amministrazioni avrebbero dovuto applicare dal momento dell’entrata in vigore
della legge.
Queste,
infatti, con il limite delle risorse di bilancio disponibile con la
legislazione vigente e senza oneri ulteriori per la finanza pubblica, avrebbero
dovuto adottare misure per fissare gli obiettivi annuali per l’attuazione del
telelavoro, ma soprattutto sperimentare la modalità di prestazione lavorativa
dello Smart Working.
Misure,
queste, concernenti l’organizzazione del lavoro basate sulla flessibilità
lavorativa che tenga conto dei bisogni dei dipendenti in modo da conciliare i
loro tempi della vita e del lavoro, che permettano entro tre anni ad almeno il
10% dei dipendenti, che richiedano l’accordo per lavorate con tale modalità, di
avvalersi delle nuove e flessibili modalità lavorative, con la garanzia di non
subire penalizzazioni ai fini del riconoscimento della professionalità e della
progressione di carriera.
Destinatari
di tali misure sono tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, senza
discriminazioni. A tale proposito viene istituito un organo di controllo, il
Comitato Unico di Garanzia. I dirigenti, anch’essi potenziali fruitori della
misura, sono tenuti a salvaguardare le aspettative di chi utilizza le nuove
modalità in termini di formazione e crescita professionale e promuovano
percorsi informativi e formativi che non escludano i lavoratori dal contesto
lavorativo, dai processi di innovazione in atto e dalle opportunità
professionali.
Le varie
amministrazioni sono tenute a:
- Adottare
misure che permettano al lavoratore di conciliare i tempi del lavoro e della
propria vita, che non prevedano per forza la presenza del lavoratore nei locali
aziendali;
- Dare
la precedenza alla fruizione dei lavoratori che si trovino in condizioni di
svantaggio personale, familiare e sociale e dei dipendenti impegnati in
attività di volontariato;
- Individuare
le attività che non sono compatibili con la nuova modalità di lavoro, tenendo
conto dell’obbiettivo per il triennio successivo all’entrata in vigore della
legge della fruizione della misura da parte di almeno il 10% dei dipendenti che
lo richiedano;
- Individuare
degli obbiettivi prestazionali specifici, misurabili, coerenti e compatibili
con il contesto organizzativo che permettano di responsabilizzare il personale
e di valutare e valorizzare la prestazione in termini di risultati
effettivamente raggiunti, obbiettivi tanto quantitativi come qualitativi;
- Promuovere
dei corsi di formazione, in particolare per i dirigenti, per una maggiore
diffusione del ricorso alla nuova modalità lavorativa e per incrementare
produttività e modelli organizzativi più competitivi;
- Riprogettare
lo spazio fisico e virtuale del lavoro, creando anche degli spazi condivisi;
- Promuovere
l’uso della tecnologia per la prestazione lavorativa, anche per colmare il c.d.
digital divide per il consolidamento di una struttura amministrativa basata su
reti informatiche e tecnologicamente avanzate.
A tal
proposito, è necessaria un’attenta analisi del contesto dell’organizzazione del
lavoro interna all’amministrazione, la definizione degli obiettivi e delle caratteristiche del progetto
generale di Smart Working, avviare poi la sperimentazione, ed infine
monitorarla e valutarla.
La direttiva è vincolante per le
Amministrazioni dello Stato:
- Scuole;
- Aziende ed amministrazioni
dello Stato ad ordinamento autonomo;
- Regioni, Province,
Comuni, Comunità montane e loro consorzi e associazioni;
- Università;
- Istituti autonomi case
popolari;
- Camere di commercio e
loro associazioni;
- Tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali;
- Amministrazioni, aziende
ed enti del Servizio sanitario nazionale;
- Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie (ad
esempio, l’Agenzia delle Entrate).
La normativa
dell’emergenza
Vista la pandemia del virus COVID-19 che negli
ultimi mesi si sta diffondendo non solo in tutta Europa, ma anche in tutto il
mondo, si è vista la necessità di un distanziamento sociale per rallentare – e
poi fermare – il contagio. La necessità sottesa allo Smart Working, quindi, in
questo periodo non è tanto la conciliazione dei tempi del lavoro e della vita
del lavoratore, quanto la necessità di evitare contatti con le altre persone
nei locali aziendali.
La necessità di salvaguardare la salute e
sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro stato evidenziato dal DL 2 marzo 2020
n.9 (e successive modifiche) e dal Protocollo condiviso dal Governo e dalle
Parti Sociali del 14 marzo 2020 – Protocollo
condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della
diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro. Entrambe le fonti legali dispongono di preferire l’applicazione della
misura, ove possibile, dello Smart Working, tanto nel settore privato come nel
settore pubblico.
Il DL 25 marzo 2020 n.19 dedica al pubblico
impiego gli articoli 18 e seguenti e, incentrato sull’applicazione dello Smart
Working, è l’articolo 18:
- Art. 18 Misure di ausilio allo svolgimento del lavoro
agile da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli organismi
di diritto pubblico: per agevolare lo Smart
Working vengono incrementati del 50% i quantitativi massimi delle vigenti
convenzioni-quadro di Consip SPA per la fornitura di PC e tablet ai lavoratori,
fatta salva la facoltà, da parte dell’aggiudicatario, di recesso da esercitarsi
entro 15 giorni dalla comunicazione della modifica da parte della stazione
appaltante. Nel caso di recesso o aumento dei quantitativi non soddisfacente al
fabbisogno delle Pubbliche Amministrazioni, è possibile pubblicare dei bandi di
gara.
Tuttavia, come esposto nell’articolo Lavorare da casa sta
innalzando la produttività (ma si lavora anche di più). I primi dati, comparso sulla rivista Forbes
Italia il 2 aprile 2020, molti dei lavoratori alle dipendenze di aziende
pubbliche quanto di pubbliche amministrazioni ritengono di lavorare di più
rispetto alle ore di lavoro all’interno dei locali aziendali (ricerca condotta
da OnePoll per conto di Citrix Systems – fornitore statunitense di sistemi di
business continuity, coinvolgente 5mila lavoratori in tutto il mondo, Italia
compresa). Il 22,1% degli italiani intervistati sostiene di aver lavorato
almeno un giorno da casa anche prima dell’emergenza mondiale, il 70,8% sostiene
di lavorare le stesse ore lavorate in ufficio o superiori e il 78,9% sostiene
che i livelli di produttività sono uguali o superiori.
Questi dati,
probabilmente, saranno dovuti al fatto che la normativa dell’emergenza ha
velocizzato il passaggio dal lavoro nei locali aziendali al lavoro agile,
omettendo ad esempio la fase di formazione prevista invece dalla legge 7 agosto 2015 n. 124. La
differente ratio delle due fonti, tuttavia, non può giustificare la
restrizione del diritto del lavoratore al rispetto dell’orario di lavoro ed
alla disconnessione.
Fabio
Petracci
Chiara
Bassanese