La norma in
discussione.
L’articolo
1 del Decreto Liquidità DL 23/2020 all’articolo 1, comma 1 prevede
espressamente che “ L’impresa che
beneficia delle garanzie assume l’impegno a gestire i livelli occupazionali
attraverso accordi sindacali.”
Trattasi
di un rilevante limite non solo per la concessione del credito, ma anche per il
futuro della gestione aziendale.
La
norma è, come vedremo inedita, e presenta dei tratti del tutto sintetici che
necessitano di spiegazione.
Alcune ipotesi
similari, ma non identiche.
La
subordinazione dell’autonomia nella gestione dell’azienda soprattutto nell’ambito
degli eventi di ristrutturazione a cavallo tra gli anni 80/90 era spesso
caratterizzata dalla necessità di consultazione tra le parti che potevano
sfociare in accordi che andavano a regolamentare e qualche volta a lenire i
contraccolpi sul piano sociale ed occupazionale che tali eventi necessariamente
comportavano.
I
casi di maggior rilievo sono dati dal DLGS 148/2012 in tema di ammortizzatori
sociali e di cassaintegrazione guadagni, laddove all’articolo 14 impone in tali
casi, la preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali finalizzata
alla stipula di eventuale accordo sindacale per disciplinare la procedura.
Analoghe
procedure sono previste in tema di trasferimento d’azienda mediante l’articolo
47 della legge 428/1990 e dall’articolo 4 della legge 223/91 in tema di
procedure di mobilità.
In
pratica la necessaria informativa sindacale e l’eventuale accordo che ne segue
si inseriscono nella gestione delle crisi o delle ristrutturazioni o
riconversioni aziendali.
Si
parla in questo caso di ruolo gestionale della contrattazione collettiva.
Le criticità
rilevate.
La
norma in esame invece costituisce il presupposto per ottenere in un momento di
crisi contingente determinata da una grave pandemia, la garanzia dello stato
che prelude ad un finanziamento creditizio.
Qualche
voce allarmistica aveva lamentato come non avrebbe potuto accedere al credito
chi non avesse allegato alla richiesta il testo dell’accordo in tema di livelli
occupazionali.
Non
è proprio così, la lettera richiede esclusivamente la dichiarazione dell’impegno
a stipulare in sede sindacale degli accordi per gestire i livelli
occupazionali.
Serve allegare il
testo dell’accordo?
Infatti,
sul piano relativo alla concessione del credito, la circolare ABI del 9.4.2020
impone all’impresa che beneficia della garanzia pubblica, esclusivamente di
assumere l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi
sindacali.
Questa
precisazione non esclude però rilevanti perplessità sulla legittimità della
norma e sulla sua portata.
Legittimità della
norma – problemi.
Per
quanto attiene la legittimità costituzionale, va posta debita attenzione sull’articolo
39 della Carta Costituzionale che salvaguarda la libertà sindacale e sull’articolo
41 della stessa Carta Costituzionale che sancisce la libertà di impresa con i
limiti della sicurezza e dell’utilità sociale.
Imporre
l’obbligo non alla trattativa, ma a contrarre per qualunque delle parti
sociali, per ottenere un beneficio economico o la tutela dell’occupazione, può
rasentare la violazione di tali principi.
La portata dell’impegno.
I
dubbi poi sulla portata di tale normativa non sono pochi.
Nel tempo.
In
primo luogo la sua durata, il credito può avere una durata massima di sei anni
e ciò starebbe a significare che l’obbligo a definire con la contrattazione
ogni intervento sulla gestione dei livelli occupazionali avrebbe una simile
durata.
I casi di
applicazione.
Ulteriore
aspetto che meriterebbe una migliore definizione è dato dai casi di
applicazione della fattispecie.
Essa
trova applicazione ai soli fenomeni collettivi che toccano gli assetti
occupazionali o si estende anche ai licenziamenti individuali di natura
economica definiti come licenziamenti per giustificato motivo oggettivo?
A
prima vista, parrebbe che il termine livelli occupazionali indichi l’assetto
generale dell’occupazione e che quindi non possa interessare il singolo licenziamento,
ma la causale economica dello stesso è pur sempre il sintomo di una difficoltà
dei livelli occupazionali.
Inoltre
a considerare solo i casi che interessano una collettività di occupati, essi
già prevedono ipotesi di consultazione e di eventuale definizione contrattuale
collettiva.
Dunque
in base ad un concetto quanto mai generale e letterale di livelli
occupazionali, andrebbero compresi i licenziamenti collettivi, ogni forma di
mobilità, cassa integrazione e probabilmente anche il trasferimento d’aziende.
In
tutti questi casi, alla ordinaria convocazione sindacale, dovrebbe seguire l’inevitabile
e obbligatorio accordo con un sindacato che, come suo diritto, potrebbe anche
non voler essere vincolato da accordi.
Le conseguenze
negative.
D’altro
canto, a vedere la questione dalla parte sindacale, l’organizzazione dei
lavoratori potrebbe essere costretto ad accordi ingiusti a pena del mancato
conferimento del finanziamento e della chiusura dell’azienda.
La
mancanza dell’accordo potrebbe comportare la revoca della garanzia e nel caso
di licenziamento la nullità dello stesso, inoltre l’organizzazione dei
lavoratori, in caso di mancato accordo, potrebbe agire in base all’articolo 28
dello Statuto dei Lavoratori denunciando la condotta antisindacale.
I rimedi
Necessita
quindi un intervento chiarificatore in sede di conversione in legge del decreto
che ne chiarisca la durata, la portata ed affronti l’ipotesi in cui la
controparte non intenda sottoscrivere l’accordo.
Fabio
Petracci.