Le nuove progressioni verticali nella PA: a chi appartiene la giurisdizione?

Con il DL n.80/2021, sono state ampliate le modalità di ricorso alle progressioni verticali tra aree professionali nell’ambito del pubblico impiego.

E’ stata infatti attribuita amplia delega alla contrattazione collettiva per attuare progressioni verticali interne nell’ambito dell’inquadramento nella pubblica amministrazione, basate sulla valutazione di precisi criteri meritocratici indicati dalla legge – dl 80/2021- che è andata a modificare l’articolo 52 del DLGS 165/2001 stabilendo al comma 1 bis di quest’ultima disposizione di legge che: “le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono pertanto per il  tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti.”

Dunque le nuove progressioni verticali si realizzeranno attraverso procedure comparative che almeno in parte si discostano dalle procedure concorsuali.

Ciò, diversamente dai rigidi limiti imposti dal DLGS 150/2009, il quale consentiva le procedure di progressione verticale esclusivamente tramite l’espletamento di procedure concorsuali e con la riserva del 50% dei posti al personale interno.

Per quanto riguarda quest’ultimo limite, il TAR Sicilia con la sentenza 2406/2023 ha ritenuto che successivamente all’introduzione dell’articolo 52 bis del DLGS 165/2001 non sussiste obbligo alcuno di riserva in capo all’amministrazione nell’effettuare le progressioni verticali.

Quindi, se ne deduce che non si impone all’amministrazione di attuare una contestuale procedura concorsuale, ma di attuare nella misura del 50% altrettante procedure di assunzione per il personale esterno che può avvenire tramite concorso, ma anche mediante scorrimento delle graduatorie o mobilità volontaria nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni.

Diversi pareri dell’ARAN hanno ammesso la possibilità per gli enti, almeno nell’ambito della procedura transitoria sino al 31 dicembre 2025, di prevedere l’espletamento di un colloquio finalizzato ad accertare le competenze professionali (parere protocollo n.5318/2023).

Resta quindi da verificare, meglio puntualizzando la differenza tra procedura comparativa e procedura concorsuale, la sussistenza, in caso di controversia, della giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo.

Di recente, i giudici amministrativi hanno ribadito che anche nel caso di procedure per la progressione verticale permane la giurisdizione del giudice amministrativo.

In proposito, il TAR Lazio Sezione Roma con la sentenza n.10265/2023 ha stabilito la propria giurisdizione sul presupposto per cui nelle progressioni verticali le selezioni riservate ai dipendenti interni si considerano come rivolte all’assunzione, in quanto il passaggio ad aree qualitativamente diverse comporterebbe una novazione del rapporto di lavoro equiparabile ad una assunzione con conseguente giurisdizione giudice amministrativo.

Il TAR Lazio nel pronunciarsi in merito richiama la sentenza 8985/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ebbero però a pronunciarsi prima dell’entrata in vigore del DL 80/2021.

Quest’ultima pronuncia delle Sezioni Unite in tema di giurisdizione aveva già affermato il concetto in base al quale per “procedure concorsuali di assunzione” – attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, perché ascritte al diritto pubblico ed all’attività autoritativa dell’amministrazione – si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro (come le procedure aperte a candidati esterni, ancorché vi partecipino soggetti già dipendenti pubblici), ma anche i procedimenti concorsuali interni, destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in “aree” funzionali o categorie più elevate, con “novazione oggettiva” dei rapporti di lavoro (Cass., Sez. un., 26 marzo 2014, n. 7171; Cass., Sez. un., 20 dicembre 2016, n. 26270; Cass., Sez. un., 9 aprile 2010, n. 8424 e n. 8425);

In pratica di fronte al sicuro mutamento della procedura di accesso alla progressione verticale, non muta la giurisdizione in quanto quest’ultima non è tanto legata alla natura della procedura selettiva che può essere o meno concorsuale, ma all’esito della stessa finalizzato all’accesso in un nuovo contesto lavorativo equivalente ad una nuova assunzione.

Di conseguenza, qualora insorgano contenziosi in merito alle selezioni per le progressioni verticali, il giudice da adire, dovrebbe essere, salvo mutamenti degli orientamenti giurisprudenziali, il giudice amministrativo.

Fabio Petracci

Firmato il CCNL degli Studi Professionali Odontoiatrici e Medici Dentisti

Cinque organizzazioni sindacali normano il settore odontoiatria nazionale e le strutture sanitarie odontoiatriche

È stato siglato nella tarda mattinata di oggi (Giovedì 25 luglio), nella splendida cornice della Sala David Sassoli di Palazzo Valentini a Roma, da cinque organizzazioni sindacali (OO. SS.) il primo ed unico Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro specifico del settore odontoiatria.

Questo Contratto Collettivo Nazionale, oltre a garantire adeguati trattamenti per tutte le figure specifiche del settore odontoiatria, porta con sé importanti innovazioni nell’ambito della contrattazione collettiva, come la previsione, già a livello nazionale, di misure di promozione del welfare aziendale e della creazione delle reti di impresa, attraverso la disciplina del contratto di rete e della codatorialità.

A sottoscrivere il documento il Presidente Nazionale Gabriella Ancora della Confederazione Italiana di Unione delle professioni intellettuali – Unionquadri (CIU) con rappresentanza al CNEL; il Presidente Nazionale dell’ Associazione Italiana Odontoiatri (A.I.O) Gerhard Konrad Seeberger; i Consiglieri Nazionali dell’ Unione Autonoma Professionisti Italiani – confederata UNILAVORO PMI (UNAPRI) Adriano Paolo Bacchetta Mario Vianello; il Segretario Generale Davide Favero e la Vice Segretario Generale Simona Rossi Querin del Sindacato CLAS; il Segretario Generale Anthony Vitali ed il Segretario Nazionale Vicario Vivietta Anna Bellagamba della Federazione Italiana Responsabili e Addetti alla Sicurezza – Servizi di Protezione e Prevenzione – confederata UGL (FIRAS-SPP).

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro trova applicazione in tutto il settore libero professionale e si applica a tutti i dipendenti ed addetti, occupati o impiegati, con qualunque forma di rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato con contratto a tempo pieno o part-time degli studi professionali degli odontoiatri medici dentisti e strutture sanitarie odontoiatriche. «E’ stato un lavoro lungo e minuzioso che aveva l’obiettivo di creare un solo e specifico contratto di categoria per il comparto che fosse l’unico riferimento per tutte le figure professionali del settore, unendo le principali associazioni datoriali e sindacali competenti – ha affermato Anthony Vitali, Segretario Generale FIRAS-SPP – ogni sigla che è intervenuta nella realizzazione dell’accordo, sovrintende alla gestione operativa di competenza sincerandosi della corretta applicazione del contratto».

Al CNEL sta a cuore la tutela della salute del paziente e del lavoratore «siamo particolarmente soddisfatti del nuovo CCNL che riteniamo decisamente innovativo per la sua unicità – ha dichiarato Francesco Riva Consigliere e Presidente della giunta del regolamento del CNEL e Vice Presidente CIU-Unionquadri – grande importanza anche alla formazione del personale degli studi odontoiatrici che, per noi, costituisce il primo passo concreto per la tutela della salute del paziente e del lavoratore».

Il contratto è calibrato sugli studi odontoiatrici con le loro peculiarità e si applica a tutte le figure del settore, dal Direttore sanitario agli Assistenti (ASO). «È il primo contratto applicabile in tutti i tipi di studio dentistico, monoprofessionale, associato, Società tra Professionisti, studi polimedici e anche a strutture ‘ambulatori e poliambulatori’ e alle reti d’impresa, modello di business dove anche professionisti di studi singoli si possono collegare tra loro e con i fornitori, ad esempio per ampliare l’offerta al pubblico preservando nel contempo la loro autonomia – ha proseguito  Gerhard K. Seeberger Presidente AIO – Sono convinto si accorderà, in modo sorprendente con le normative italiane ed europee, a partire da quelle sul mercato del lavoro, offrendo grandi chance di sviluppo all’ASO e agli altri operatori del team, che per la prima volta in questo tipo di contratti fruiscono di un Welfare e di motivazioni di crescita personale. Ma aiuterà molto anche noi Odontoiatri, che grazie ad équipe sempre più efficienti e coese potremo offrire cure sempre migliori.

Posizioni organizzative per la copertura di posizioni dirigenziali: la normativa contrattuale trova applicazione parziale

La Cassazione civile, Sez. lavoro, con sentenza 30 ottobre 2023, n. 30097, cassa una sentenza di appello che aveva ritenuto illegittima la decurtazione dell’indennità di posizione in un ente privo di dirigenza, ritenendo che la decurtazione fosse illegittima in quanto il relativo decreto sindacale non era stato preceduto da concertazione con le OOSS e che i motivi addotti non fossero validi (ente di piccole dimensioni, minore carico di lavoro del dipendente e difficile situazione finanziaria dell’ente).

I giudici di legittimità osservano come la Corte territoriale non abbia tenuto conto delle disposizioni del contratto collettivo applicabili. In particolare, osserva la Suprema Corte che  “per i Comuni di minori dimensioni demografiche non si procede dunque alla formazione del Fondo di cui all’art. 10, e gli oneri della retribuzione di posizione sono determinati nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai medesimi Comuni a carico dei rispettivi bilanci; ne consegue che nel caso in cui il Comune versi in una situazione deficitaria è giustificata la riduzione della retribuzione di posizione, purché tale riduzione avvenga nel rispetto dei limiti minimi”. Inoltre, precisa la Suprema Corte, “l’art. 16 del CCNL 31 marzo 1999 non si applica dunque ai Comuni di piccole dimensioni, per i quali non si procede alla formazione del Fondo di cui all’art. 10”; gli oneri della retribuzione di posizione “sono determinati nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai Comuni di minori dimensioni demografiche a carico dei rispettivi bilanci”.

In pratica, nel caso in cui un comune di piccole dimensioni voglia sostituire un dirigente con una posizione organizzativa, la comune normativa contrattuale che prevede il concorso di apposito fondo e la concertazione con le organizzazioni sindacali, trova delle rilevanti eccezioni che andremo ad esaminare.

Il CCNL del 1999 per le funzioni locali relativo al sistema di classificazione del personale all’articolo 9 prevede l’istituzione delle “posizioni organizzative” definite come posizioni di lavoro che richiedono assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e di risultato.

Non si tratta quindi di un diverso inquadramento, ma di una funzione che pur appartenendo sempre all’area apicale, implica l’assunzione di maggiore responsabilità.

Il successivo articolo 9 del medesimo contratto collettivo (Conferimento e revoca degli incarichi per le posizioni organizzative) stabilisce le modalità per il conferimento della posizione organizzativa prevedendo come le posizioni organizzative siano conferite dai dirigenti per un periodo non superiore a cinque anni (quindi a termine) previa determinazione di criteri generali da parte degli enti, con atto scritto e motivato.

Gli incarichi possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi.

Il successivo articolo 10 stabilisce invece il trattamento economico che spetta a chi è attribuita la posizione organizzativa.

E’ previsto che Il trattamento economico accessorio del personale della categoria D titolare delle posizioni di cui all’art. 8 è composto dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato. Il trattamento è omnicomprensivo in quanto esso assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario.

Per quanto riguarda la retribuzione di posizione, essa varia da un minimo di L. 10.000.000 ad un massimo di L. 25.000.000 annui lordi per tredici mensilità. E’ previsto come ciascun ente stabilisce la graduazione della retribuzione di posizione in rapporto a ciascuna delle posizioni organizzative previamente individuate.

L’importo della retribuzione di risultato varia da un minimo del 10% ad un massimo del 25% della retribuzione di posizione attribuita. Essa è corrisposta a seguito di valutazione annuale.

Il tema affrontato dall’ordinanza della Corte di Cassazione trova riscontro nel successivo articolo 11 (Disposizioni in favore dei Comuni di minori dimensioni demografiche) dove è previsto che i comuni privi di posizioni dirigenziali nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai rispettivi bilanci applicano la disciplina delle posizioni organizzative ai dipendenti ai quali, in assenza della dirigenza, sia attribuita la responsabilità degli uffici e dei servizi.

Il successivo articolo 16 (relazioni sindacali) prevede apposita procedura di concertazione tra gli enti e le rappresentanze sindacali in merito ai criteri generali per il conferimento degli incarichi relativi alle posizioni organizzative e relativa valutazione periodica.

Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha ritenuto definiti dalla legge l’individuazione degli incarichi e dei compensi per le posizioni organizzative destinate a ricoprire le posizioni dirigenziali.

Fabio Petracci

Lvoro precario

Nuovo Codice degli Appalti – Contrattazione Collettiva applicabile.

Le associazioni sindacali dotate di rappresentatività

Il precedente codice degli appalti, DLGS 50/2016 all’articolo (Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni), stabilisce al comma 4 dopo aver indicato i principi generali per l’affidamento degli appalti, come al personale impiegato nei lavori (servizi e forniture)) oggetto di appalti pubblici e concessioni debba essere applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

Il Nuovo Codice degli Appalti in vigore dal 1 luglio 2023, DLGS 36/2023 all’articolo 11, in maniera maggiormente estesa e dettagliata stabilisce che

  1. al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.
  2.   Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, in conformità al comma 1.
  3.   Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
  4.   Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110.
  5.   Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto.

Come dato a vedere, la nuova normativa pur stabilendo il medesimo obbligo, stabilisce a completamento una serie di oneri e di adempimenti per gli adempimenti della procedura.

In tal modo il contratto collettivo applicato deve essere indicato nei bandi e negli inviti delle stazioni appaltanti individuato nel contratto stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

La dichiarazione di voler partecipare alla gara d’appalto deve inoltre contenere l’indicazione del contratto collettivo applicato.

La nuova normativa nel tentativo di non contraddire il principio di libertà sindacale di cui all’articolo 39 della Costituzione, consente agli operatori economici di indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo applicato, a patto che quest’ultimo garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.

Sul punto sarebbe interessante approfondire nella concreta applicazione della normativa cosa si intende per il requisito della medesima tutela.

Sicuramente dovranno intendersi i minimi retributivi che però non esauriscono il concetto di tutela.

In punto retribuzione, va ricordato come già il DL 7.12.1989 n.389 stabilisca l’ammontare della retribuzione imponibile ai fini dell’accreditamento della contribuzione.

L’articolo 1 del menzionato DL stabilisce come la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non possa essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto.

Il concetto di maggiore rappresentatività (vedasi Ordine dei Consulenti del Lavoro, Consiglio Provinciale di Napoli XVIII Master in Diritto Del Lavoro, Dal Diritto Pandemico a quello della Ripartenza. Il PNRR. Le Proposte dei Consulenti del Lavoro, mercoledì 3 novembre 2021 WEBINAR – La maggiore rappresentatività comparata: L’incompiuta la distinzione tra sindacato maggiormente rappresentativo e comparativamente – Avvocato Raffaele Riccardi).

Sul punto, in merito alla differenziazione tra sindacato maggiormente rappresentativo e comparativamente più rappresentativo, il primo criterio fa riferimento ad un sindacato che possa in termini assoluti considerarsi maggiormente rappresentativo a seguito di una verifica in termini assoluti e di fatto, il secondo invece accenna ad una selezione ed a una comparazione tra i sindacati.

Il concetto di maggiore rappresentatività espresso dall’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori ha subito importanti evoluzioni.

Con il referendum del 1995 l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori perdeva il riferimento generale alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Restava esclusivamente il riferimento a tutte le confederazioni che, seppure non affiliate alle predette confederazioni, fossero firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali applicati nell’unità produttiva.

Il predetto referendum del 1995 abrogava inoltre in tale riferimento anche le parole “nazionali o provinciali”: In tal modo, anche la sottoscrizione di un contratto aziendale era idoneo a conferire la rappresentatività al sindacato.

Quindi, la Corte Costituzionale con la sentenza 231/2013, dichiarava l’illegittimità sindacale della residua parte dell’articolo 19 della legge 300/70 nella parte in cui non prevedeva che la rappresentatività spettasse pure alle organizzazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, avessero comunque partecipato alla negoziazione degli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda, pur non avendoli poi sottoscritti.

Il DM 15 luglio 2014 n.14280 ter in tema di composizione della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro ha individuato sulla scorta degli orientamenti giurisprudenziali i criteri per la valutazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali, nei seguenti termini:

  1. Consistenza numerica degli associati;
  2. Ampiezza e diffusione sul territorio nazionale;
  3. Partecipazione alla formazione ed alla stipulazione del contratto collettivo di lavoro;
  4. Intervento dell’organizzazione nelle controversie di lavoro, individuali, plurime e collettive.

Mediante l’introduzione del codice alfanumerico unico attribuito dal CNEL a ciascun CCNL depositato possono essere dedotti i dati concernenti la diffusione dell’organizzazione sindacale nel territorio ed il numero e la tipologia dei contratti sottoscritti.

Fabio Petracci

CASSAZIONE – Determinazione dei contributi previdenziali.

Cassazione Civile Sezione Lavoro, ordinanza 8.3.2023 n.13840.

Base di Calcolo – Contratto Collettivo stipulato dalle Associazioni Sindacali Maggiormente Rappresentative.

“In presenza di una pluralità di fonti contrattuali applicabili alla medesima categoria, la Corte territoriale ha ritenuto che il c.c.n.l. Confcooperative – Lega Coop – AGCI e Filt Cgil – Fit Cisl – Uil Trasporti dovesse essere considerato quale “contratto leader” ai fini della determinazione del minimale contributivo ai fini previdenziali, in virtù della superiore rappresentatività in termini comparativi delle associazioni sindacali stipulanti, requisito adeguatamente provato in giudizio dall’INPS sulla base di indici quali la consistenza associativa, la diffusione territoriale ed il numero di contratti collettivi stipulati;”

La Corte di Cassazione con la recente sentenza che segue stabilisce come l’onere contributivo vada parametrato sulla base del cosiddetto “contratto leader” da intendersi come quello stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative della categoria.

Il pagamento effettuato sulla base del contratto collettivo non dotato di rappresentatività deve essere valutato a titolo di evasione contributiva e non di mera omissione.

Giova ricordare che si definisce omissione contributiva il mancato o ritardato pagamento dei contributi rilevabile da denunce e registrazioni obbligatorie.

Si parla invece di evasione contributiva in caso di denunce non conformi al vero. In questo ultimo caso, rileva l’intenzione specifica del dichiarante di non versare i contributi o di occultare il rapporto di lavoro.

Nel caso di semplice omissione contributiva è applicato un tasso del 5,5% sul dovuto, nel caso, di evasione contributiva una sanzione pari al 30% del debito, nel limite del 60% dei contributi non corrisposti.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – Con la sentenza n.4808 del 7.3.2005, era stata chiamata a comporre il contrasto emerso nell’ambito delle Sezioni Lavoro.

Le Sezioni Unite partono dall’esame dell’articolo 116, comma 8 della legge 23 dicembre 2000 n.388 secondo cui:

“I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti:

  1. a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge;
  2. b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5, 5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

Nel caso di specie, si trattava di valutare o meno la sussistenza dell’evasione invece della semplice omissione, di fronte alla condotta di un soggetto che aveva omesso il pagamento dei contributi previdenziali non compilando la relativa denuncia.

Con una prima pronuncia (Cassazione 15.1.2003 n.533) la Corte di Cassazione aveva ritenuto come in tal caso, sussistesse la mera omissione, essendo in grado l’INPS di verificare il dovuto.

La seconda pronuncia (Cassazione 2.10.2003 n.14727) aveva invece espresso un orientamento maggiormente restrittivo, considerando il caso come vera e propria evasione.

Ritenevano le Sezioni Unite come anche il mancato invio della necessaria documentazione o la carenza assoluta di documentazione fossero idonee ad ostacolare ed a compromettere i compiti spettanti all’Istituto e che quindi anche la mancata o tardiva presentazione del modello DM 10 poteva configurare l’ipotesi dell’evasione contributiva.

Dunque pagare il dipendente in misura inferiore ai contratti leader e corrispondere i contributi su tale base, costituisce evasione contributiva.ù

Fabio Petracci

Lvoro precario

Alcune considerazioni sul lavoro che cambia

Quali cambiamenti ci aspettano e come influiranno sul lavoro. All’inizio degli anni 2000, gli assetti che mutano rapidamente dell’economia inducevano ad istanze di flessibilità orientate a prevenire o assecondare i bisogni della produzione e della concorrenza.

Si assisteva ad un ricorso a criteri di flessibilità che permettevano il mutare degli elementi temporali della prestazione, nonché l’instaurazione di rapporti non sottoposti alle regole del lavoro dipendente (parasubordinati).

In parte questi assetti rispondevano a nuove esigenze delle imprese in parte, essi spesso mascheravano a fini di evasione normali rapporti di lavoro.

Si confidava che questi nuovi assetti del lavoro avrebbero ridato vita al mercato ed all’occupazione, ma così non fu.

Si considerava quindi ancora troppo rigide le regole del lavoro sia in entrata che in uscita e con il Jobs Act del 2015, si dava luogo ad una operazione inversa.

Venivano così eliminate molte delle fattispecie atipiche di cui al DLGS 276/2003 legge Biagi, e si favoriva l’instaurazione di un unico rapporto di lavoro cui erano tolte numerose rigidità in entrata ed in uscita. Neppure questa rapida conversione dava frutti sul piano dell’occupazione.

Ci troviamo ora di fronte ad ulteriori evoluzioni ed innovazioni che questa volta solo in parte provengono dall’economia e dalla globalizzazione.

L’elemento catalizzatore è dato ora da cambiamenti di natura tecnica che si ripercuotono direttamente sugli elementi di spazio, tempo, autonomia tipici del rapporto di lavoro.

Premettiamo che questo fenomeno non è ancora generale e non lo sarà, destinato sicuramente a convivere con forme maggiormente datate e comuni di prestazione. Per tale motivo, ci troveremo di fronte ad un quadro estremamente complesso.

Permane e permarrà comunque lo squilibrio contrattuale tra chi rende la prestazione e chi la utilizza.

Si tratta di costruire anche in questi casi un punto di equilibrio.

L’esperienza sin qui vissuta ci induce a ritenere che gli interventi normativi non assumono in tal senso effetti miracolosi.

Si tratta quindi di capire quali strade intraprendere per regolamentare il lavoro nel prossimo futuro.

Di fronte ad un panorama così variegato, due sono le tentazioni, da un lato dar corso ad una legislazione di dettaglio che cerchi di disciplinare ogni aspetto delle novità in atto, d’altro lato, creare una normativa ampia leggera ed adattabile articolata nei seguenti interventi:

Definizione di lavoro dipendente

Evitare la proliferazione di nuove tipologie e ricondurre ad unica disciplina tutte le prestazioni caratterizzate da continuità e mono committenza.

Rappresentanza e retribuzione

In ragione della sempre maggiore complessità del mondo del lavoro, occorre assolutamente evitare sistemi rigidi di rappresentanza. Quindi non si dovrebbero assumere con  legge gli accordi interconfederali sulla rappresentatività, in mancanza della piena attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. Serve invece assicurare una retribuzione basilare introducendo per legge un minimo retributivo orario.

Disciplina della prestazione

Accanto al binomio ore lavorate /retribuzione, andrebbero introdotte per il lavoro sganciato dai requisiti di orario e sede della prestazione, forme di retribuzione accessoria collegata al raggiungimento di obiettivi da definire in sede di contrattazione aziendale.

Andrebbe normata ove possibile una riduzione a retribuzione invariata dell’orario di lavoro.

Formazione

Andrebbero valorizzate le competenze professionali e la formazione mediante l’inclusione della professionalità della sua spendita e della sua manutenzione nell’oggetto del contratto di lavoro.

La formazione professionale andrebbe almeno in parte ricondotta tra le competenze statali per evitare le sfasature in ambito regionale.

Andrebbe quindi istituita un’anagrafe delle competenze certificate per ciascun lavoratore.

L’inclusione della professionalità raggiunta nel concetto di scambio del contratto di lavoro, consentirebbe un rapido accesso al mercato stesso.

Diritto al maggior benessere possibile nell’ambito del lavoro

Il mobbing affrontato con un recente disegno di legge rappresenta la punta d’iceberg di un diffuso malessere dei rapporti anche interpersonali sul lavoro.

Andrebbe opportunamente in tale ambito, considerato lo stress lavoro correlato ed ogni grave problema connesso a diffusa mancanza di organizzazione, oltre alle discriminazioni di ogni tipo.

Si potrebbe ipotizzare un testo unico sul benessere lavorativo.

In tal modo, il primo vantaggio deriverebbe alle aziende.

I controlli

Stante la complessità del mondo del lavoro, necessita favorire i controlli. Si tratta pertanto di superare la normativa in tema di accessi e controlli che ha unificato i ruoli degli ispettori di INPS INAIL Ispettorato del Lavoro.

Serve innovare le procedure di controllo in materia antinfortunistica rafforzando le competenze dell’INAIL

La pubblica Amministrazione

L’avanzare della tecnologia interesserà sempre di più anche la pubblica amministrazione. Quivi dovrebbe trovare finalmente realizzazione la riforma della dirigenza, istituendo figure professionali idonee a definire esperti e ricercatori, modificando i ruoli della dirigenza, l’accesso alla stessa ed istituendo apposita area di quadri ed esperti.

Fabio Petracci

I prossimi obiettivi di CIU – UNIONQUADRI nel mondo del lavoro

Il sindacato CIU UNIONQUADRI che opera da lungo tempo nell’ambito del lavoro pubblico e privato ed è rappresentato presso il CNEL e presso il CESE, suggerisce una serie di interventi ad ampio respiro nel mondo del lavoro, sottolineando inoltre alcuni punti già sostenuti e fatti propri.

Riteniamo di grande rilievo generale il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese in quanto le alte professionalità sono le più sensibili all’argomento in quanto normalmente coinvolte nella gestione.

Di seguito il tema della professionalità e della formazione congeniale ad un sindacato come il nostro che considera la professionalità come un elemento centrale nel rapporto di lavoro

Di seguito, il riconoscimento dei quadri nell’ambito del pubblico impiego, argomento, a nostro avviso fondamentale, per un vero cambiamento della Pubblica Amministrazione all’insegna della competenza e della professionalità.

Esaminiamo in breve questi punti:

1. Realizzazione del principio sancito dall’articolo 45 della Costituzione – Partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale.

L’argomento era tornato alla ribalta con la delega contenuta nell’articolo 4 della legge 28 giugno 2012 n.92, ma di seguito la delega non venne attuata nei tempi previsti.

Riteniamo come una simile misura anche se attuata in maniera flessibile, gradata e variabile, apporterebbe sensibili benefici alla produttività, all’occupazione e sarebbe in grado di favorire il benessere aziendale, nonché ad evitare spesso confronti spesso conflittuali ed ideologici.

La misura è presente in Germania, in Francia ed altri paesi e trova già avvallo anche in sede comunitaria.

Essa potrebbe trovare attuazione primaria nelle aziende a partecipazione pubblica e quindi anche in forme diverse e modulate in altre realtà produttive.

Una normativa finalizzata alla partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale potrebbe essere attuata in maniera flessibile a diversi livelli.

In primo luogo mediante apposite procedure in grado di rendere informati e partecipi i lavoratori alle decisioni strategiche per l’azienda.

In secondo luogo, con lo sviluppo dell’azionariato dei dipendenti, ed in maniera più completa creando o nell’ambito dei consigli di amministrazione o in apposite strutture di controllo e co – decisione una gestione comune.

CIU UNIONQUADRI sin da ora si dichiara disponibile ad approfondire il tema ed a fornire ogni collaborazione.

2. Miglioramento del rapporto Scuola – Mondo del Lavoro. – Formazione.

Scuola – Alta formazione professionale.

Riteniamo utili alcune misure atte a migliorare il mercato del lavoro ed in particolare il rapporto domanda offerta, come pure gli investimenti in tema di ricerca e di sviluppo.

In tal senso vediamo con favore il consolidamento dei rapporti formazione professionale anche continua, istruzione professionale anche di alto livello.

Consideriamo strategica ed importante la funzione degli Istituti Tecnici Superiori dotati di un corpo docente proveniente in maniera rilevante dalla categoria dei quadri aziendali in grado di offrire specializzazioni che il sistema scolastico da solo non è in grado di offrire.

Formazione professionale.

Sempre in tema di formazione professionale riteniamo come la stessa per quanto riguarda la formazione in entrata debba trovare stretto contatto con l’auspicato sistema integrato di formazione tecnica e scolastica anche di alto livello di cui sopra superando talune riserve di competenza regionale a favore della concorrenza con le competenze statali.

Per quanto invece riguarda, la formazione in corso di rapporto di lavoro, auspicandone pure l’integrazione nel sistema nazionale di formazione, essa dovrebbe trovare adeguata registrazione e pubblicità a livello di ciascun lavoratore ed essere trattata e considerata come oggetto contrattuale nell’ambito del rapporto di lavoro.

In tema di formazione ed istruzione professionale, siamo disponibili ad approfondire ed istituzionalizzare l’inserimento dei quadri aziendali in progetti di istruzione e formazione.

Ricercatori.

Per quanto riguarda la ricerca nell’ambito delle aziende ed istituzioni private di ricerca, stiamo lavorando per addivenire ad un contratto collettivo per la categoria dei ricercatori che ne colga la specificità e le esigenze.

3. Retribuzioni

Facciamo propria la preoccupazione dell’intero mondo del lavoro per il basso livello retributivo offerto dal nostro paese.

Quale sindacato dei quadri, auspichiamo per la categoria l’istituzione di istituti premiali anche legati all’andamento aziendale non sottoposti e gravati da tassazione.

4. Pubblico Impiego

 Questo sindacato ha apprezzato le recenti misure che hanno istituito l’area EP Elevate Professionalità nell’ambito dell’Impiego Pubblico.

Auspica però misure maggiormente incisive atte a favorire l’ingresso dei giovani laureati nella Pubblica Amministrazione, rendendolo vantaggioso e prestigioso.

Per tali motivi ritiene utili sistemi innovativi di ingresso nella pubblica amministrazione anche per i giovani appena laureati anche mediante periodi di formazione con la scuola della pubblica amministrazione o in aziende private a partecipazione pubblica.

Ritiene altresì utile forme di circolazione del personale altamente qualificato tra il pubblico ed il privato anche mediante esperienze all’estero.

Quanto esposto dovrebbe essere sorretto dall’esistenza di una specifica area di contrattazione o perlomeno a livello integrativo per le alte professionalità del settore pubblico.

In merito al riconoscimento di una specifica area dei quadri nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Il nostro sindacato ha avuto diverse interlocuzioni a livello istituzionale ed offre ogni possibile collaborazione sul tema.

La Direttiva UE in materia di retribuzioni minime

È entrata in vigore la Direttiva UE 19 ottobre 2022 n.2041 sulle retribuzioni minime che tocca anche il fenomeno inflazionistico ormai divenuto esplosivo.

La direttiva non riveste carattere cogente e non intende interferire con i rapporti sindacali esistenti in ciascun paese.

In ogni caso, agli Stati membri è lasciato uno spazio temporale pari a due anni per valutarne ed operarne il recepimento.

La direttiva è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 ottobre 2022.

La direttiva ora approvata dalla Commissione Europea è identica a quella approvata dal Parlamento UE il 14 settembre 2022.

Nell’attuale momento di inflazione ad alto livello, nonché di bassi salari, una retribuzione minima imposta su base oraria potrebbe portare ad un generale aumento delle retribuzioni anche per le professionalità medio alte, agendo da stimolo per la contrattazione collettiva.

Diverso sarebbe invece e viene qui ribadito, considerare come salario minimo esclusivamente quello inserito nei contratti collettivi stipulati dai sindacati CGIL, CISL, UIL, in quanto una normativa che preveda un tanto rischierebbe di collidere con la normativa costituzionale ed in particolare con l’articolo 39 della Carta Costituzionale stessa.

Va ricordato che l’attuale governo non crede nell’introduzione del salario minimo in qualunque forma, ma ritiene come le politiche di aumento delle retribuzioni possano essere perseguite, abbattendo la tassazione del lavoro (cfr. videomessaggio del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Festival del Lavoro di Bologna – giugno 2022).

Fabio Petracci

Alte professionalità

CONVEGNO: Quadri ed elevate professionalità nel pubblico impiego e nella contrattazione dopo il D.L. 80/2021

Venerdì 20 gennaio 2023  presso l’Hotel Coppe di via Mazzini n.24 a Trieste si terrà il convegno “Quadri ed elevate professionalità nel pubblico impiego e nella contrattazione delle funzioni centrali e degli enti locali dopo il D.L. 80/2021”.

Il convegno segue l’inaugurazione della nuova sede CIU UNUONQUADRI per il Friuli Venezia Giulia sita a Trieste in via Coroneo n.5.

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

SALUTI ISTITUZIONALI
Dott.ssa Gabriella ANCORA
Presidente CIU UNIONQUADRI

RELATORI
Prof. Nicola de MARINIS
Consigliere della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione

Dott. Fulvio CARLI
Segretario Regionale Friuli-Venezia Giulia di CIU UNIONQUADRI

Dott. Liano CAPICOTTO
Docente Link Campus

MODERA
Avv. Fabio PETRACCI
Vicepresidente CIU UNIONQUADRI

 

DIBATTITO

Seguirà Cocktail

CCNL Enti Locali: il nuovo inquadramento del personale

In data 4 agosto 2022 è stata sottoscritta la pre – intesa del nuovo contratto collettivo nazionale del Comparto Enti Locali.

Importanti sono le novità attinenti all’inquadramento che fanno seguito al decreto legge 9.6.2021 n.80 che introduce alcune importanti modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001 che riguarda l’inquadramento del personale.

È quivi stabilito come i dipendenti pubblici, ad esclusione dei dirigenti e del personale della scuola, debba essere inquadrato in almeno 3 distinte aree funzionali con l’aggiunta, come vedremo, di una quarta area per le elevate professionalità.

È così abolito il tradizionale schema di inquadramento per categorie e, al posto delle precedenti categorie A, B, C, D, è stato introdotto un inquadramento per aree.

Il nuovo sistema di inquadramento parte dalla categoria degli operatori che svolgono attività di mero supporto sulla base di conoscenze generali.

Immediatamente sopra, troviamo l’area degli Operatori Esperti ex B con maggiori conoscenze professionali, ma operanti sempre in attività non discrezionali.

Nell’area Istruttori, troviamo gli appartenenti all’ex area C che svolgono quella che in precedenza era definita come attività di concetto e quindi dotati di competenze teoriche da applicarsi in attività di media complessità e discrezionalità.

All’apice dell’inquadramento, troviamo la quarta area dei Funzionari e delle Elevate professionalità. Trattasi di personale munito di laurea in grado di svolgere attività complesse per il raggiungimento di obiettivi.

Il passaggio verticale da un’area all’altra avviene per procedura valutativa.

Per i dipendenti della quarta area è prevista la possibilità di assegnazione di specifici incarichi a tempo determinato on corresponsione di una retribuzione di posizione e di risultato.

Come si potrà notare, nell’ambito di questo contratto non viene creata un’apposita quarta area delle Elevate Professionalità.

Nel caso del nuovo contratto collettivo degli enti locali, l’area funzionari comprende anche le elevate professionalità, in quanto questo contratto già prevedeva l’esistenza delle quattro aree così come previsto dal decreto legge 80/2021.

Fabio Petracci