Incontro di studio: “Le novità del sistema pensionistico”

Pubblichiamo di seguito la locandina dell’incontro di studio dedicato, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 4/2019 convertito in legge n. 26/2019, alle principali novità del sistema pensionistico.

Nel corso dell’incontro, che si terrà in data giovedì 19 settembre in Udine dalle ore 15 alle ore 18 presso la Sala Scrosoppi di viale Ungheria 22, sarà presentato il volume “Previdenza sociale e lavoro – Il nuovo sistema pensionistico: tutele e contenzioso” degli autori Fabio Petracci ed Alberto Tarlao.

Inapplicabilità del termine di decadenza ex art.32 c.4 legge 183/2010 nel caso il lavoratore non contesti ma persegua il di trasferimento d’azienda

Riportiamo di seguito la massima ed il testo integrale della sentenza n. 13648/2019 della Suprema Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso proposto dagli avv. Fabio Petracci ed Alessandra Marin.

In caso di trasferimento di azienda la domanda del lavoratore volta all’accertamento del passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario non è soggetta al termine di decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. c), della l. n. 183 del 2010, applicandosi tale disposizione ai soli provvedimenti datoriali che il lavoratore intenda impugnare, al fine di contestarne la legittimità o la validità.

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2019, (ud. 07/02/2019, dep. 21/05/2019), n.13648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5553/2017 proposto da:

D.L., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO PETRACCI, ALESSANDRA MARIN;

– ricorrente –

contro

                   , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,                 , presso lo studio dell’avvocato L. M. C., che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

                   .;

– intimata –

avverso la sentenza n. 271/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 27/12/2016 R.G.N. 164/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2019 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato FABIO PETRACCI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 271 pubblicata il 27.12.16, in accoglimento dell’appello proposto da                       e                  e in riforma della pronuncia di primo grado ha dichiarato inammissibile per intervenuta decadenza, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, la domanda di D.L. di impugnazione della risoluzione del rapporto di lavoro con la                ; ha respinto l’appello incidentale con cui era stata riproposta l’impugnazione del contratto a termine concluso con                   ed ha accertato l’insussistenza di un vincolo di solidarietà tra quest’ultima società e la             per il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato dalla lavoratrice nel rapporto di lavoro intercorso con ciascuna delle appellanti.

2. La Corte territoriale ha premesso in fatto come la D. fosse stata dipendente dell’             . dall’8.11.99; che a partire dal 4.2.13 la stessa era stata distaccata, insieme alle colleghe V.L. e V.E., presso la sede della                   ; che il 30.6.13 la stessa aveva risolto consensualmente il rapporto di lavoro con                    e dall’1.7.13 era stata assunta con contratto a tempo determinato da               ; analoga sorte avevano avuto le due colleghe, che avevano cessato il rapporto di lavoro con la                 ed erano state assunte a tempo determinato dalla             

3. La sentenza d’appello ha ritenuto che l’impugnativa stragiudiziale proposta dalle lavoratrici, tra cui la D., avente ad oggetto i distacchi, l’asserito trasferimento d’azienda e i contratti a termine, in quanto pervenuta alle società appellanti nelle date 13 e 14 gennaio 2014 non fosse rispettosa del termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 e fosse quindi tardiva. Ha sottolineato come il dies a quo del termine di 60 giorni per l’impugnativa stragiudiziale, in una fattispecie come quella in esame in cui non vi era un atto formale di trasferimento di azienda, dovesse individuarsi nel momento in cui il predetto trasferimento, invocato dalla lavoratrice, fosse stato nei fatti esteriorizzato. Ha precisato che tale momento dovesse coincidere con l’inizio del distacco, che la lavoratrice assumeva come simulatorio di un trasferimento di azienda, e che in ogni caso la decorrenza dei 60 giorni non potesse traslarsi in avanti oltre la formale assunzione alle dipendenze della società           , posto che in questo momento risultava certa la cessazione del rapporto di lavoro con              e l’inizio di un autonomo rapporto con l’altra società, a tempo determinato.

4. Nel respingere l’appello incidentale della lavoratrice, la Corte di merito ha dato atto di come il primo contratto a termine fosse stato concluso nella vigenza del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 bis, che ne consentiva la stipulazione senza indicazione della causale giustificativa.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la D. affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso la                .

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la sig.ra D. ha censurato la sentenza per violazione della L. n. 183 del 2010, art. 1, comma 1 bis e dell’art. 2112 c.c..

2. Ha contestato il ragionamento della Corte di merito secondo cui il lavoratore che agisca per far accertare l’avvenuto trasferimento d’azienda ed invochi il passaggio in capo al cessionario del proprio rapporto di lavoro, debba formulare un’impugnazione ai sensi del citato art. 32, pur in assenza di un provvedimento datoriale da impugnare.

3. Ha sostenuto come la L. n. 183 del 2010, art. 1, comma 1 bis, che ha esteso la disciplina di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato, alla “cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c., con termine decorrente dalla data del trasferimento”, dovesse trovare applicazione nella sola ipotesi in cui il lavoratore contesti la “cessione del contratto”; con la conseguenza non solo che il termine di decadenza non potrebbe decorrere in mancanza di comunicazione della “cessione del contratto” per effetto del trasferimento d’azienda ma che l’ipotesi del lavoratore che intendesse avvalersi dell’avvenuta “cessione” sarebbe estranea alla previsione di cui alla lett. c).

4. Secondo la ricorrente, il caso in esame non potrebbe neanche essere ricondotto dell’art. 32 cit., lett. d), che comunque presuppone l’impugnativa della risoluzione del rapporto di lavoro formale, anche se unitamente all’accertamento della costituzione del rapporto in capo a soggetto diverso, risultando non conforme a Costituzione (Corte Cost. n. 143 del 1969) il decorso del termine di decadenza in costanza di rapporto.

5. Ha censurato l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto maturata la decadenza anche in relazione all’impugnativa del contratto a termine ed ha sottolineato come il dies a quo di decorrenza del termine dovesse individuarsi nella data di scadenza del contratto, nel caso di specie il 31.12.13 (con proroga fino al 30.6.14), risultando tempestiva l’impugnativa stragiudiziale con lettera dell’8.1.14.

6. Ha affermato l’illegittimità del contratto a termine, se pure acausale, in quanto stipulato da chi, in base all’avvenuto trasferimento di azienda, doveva considerarsi già datore di lavoro.

7. Il motivo di ricorso è fondato e deve trovare accoglimento quanto alla censura di violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c).

8. La questione in diritto che occorre affrontare attiene all’applicabilità della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c), all’ipotesi in cui il lavoratore, sul presupposto della configurabilità di un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., chieda l’accertamento del passaggio del proprio rapporto di lavoro in capo al cessionario.

9. La Corte d’appello di Trieste ha ritenuto tale fattispecie ricompresa nella previsione della citata lett. c) dell’art. 32 e, nel caso in esame, verificata la decadenza per essere stata tardivamente proposta la relativa impugnativa stragiudiziale.

10. Questa Corte reputa erronea l’interpretazione data dalla Corte di merito.

11. La L. n. 183 del 2010, art. 32, ha esteso ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione della L. n. 604 del 1966, art. 6(previamente modificato) sull’impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento.

12. I commi 3 e 4 del citato art. 32 sono formulati proprio nel senso di estendere (“le disposizioni di cui all’art. 6… si applicano anche..”) alle ipotesi ivi specificamente elencate l’onere di impugnativa stragiudiziale nei sessanta giorni.

13. Posto che impugnare equivale a contestare o confutare, l’estensione attuata dal citato art. 32, deve intendersi come diretta ad attrarre nella disciplina, prima limitata al solo licenziamento, una serie ulteriore di provvedimenti datoriali che il lavoratore intenda, appunto, impugnare, nel senso di contestarne la legittimità o la validità.

14. Con la conseguenza che fuoriescono dal perimetro del citato art. 32, tutte le ipotesi in cui non vi siano provvedimenti datoriali da impugnare, per denunciarne la nullità o l’illegittimità.

15. Questa Corte (Cass. n. 13179 del 2017) ha, ad esempio, escluso che fosse assoggettata al termine di decadenza di cui all’art. 32 cit. l’azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l’azienda subentrante nell’ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice; si è affermato come tale fattispecie non rientrasse “nella previsione di cui alla lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, nè in quella di cui alla lett. d) del medesimo articolo; detta norma presuppone, infatti, non il semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi l’illegittimità o l’invalidità con azioni dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente datore, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale”.

16. L’analisi delle ipotesi enumerate dall’art. 32, avvalora la ricostruzione proposta. Il comma 3 sottopone all’onere di impugnativa stragiudiziale, oltre al licenziamento (e al contratto a termine, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 81 del 2015), il recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa” anche nella modalità a progetto, di cui all’art. 409 c.p.c., n. 3), ed il trasferimento disposto ai sensi dell’art. 2103 c.c..

17. Dell’art. 32, comma 4, include, tra l’altro, “la cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c., con termine decorrente dalla data del trasferimento” (lett. c) e “ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 27, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto” (lett. d).

18. Anche dell’art. 32, comma 4, al pari del comma 3, estende l’onere di impugnativa stragiudiziale a specifici provvedimenti datoriali, quali appunto il passaggio del rapporto di lavoro del dipendente in capo al cessionario per effetto del trasferimento d’azienda deciso dal datore (dovendo intendersi in senso atecnico, estraneo cioè alla previsione degli artt. 1406 c.c. e segg., il riferimento alla “cessione del contratto” contenuto nella lett. c) dell’art. 32, logicamente incompatibile con l’art. 2112 c.c.), e le fattispecie interpositorie che, se pure azionabili attraverso una domanda di costituzione del rapporto in capo all’effettivo utilizzatore, sono logicamente legate alla contestazione del rapporto fittizio costituito con il soggetto interposto (lett. d).

19. L’interpretazione dell’art. 32, come sopra delineata si impone, oltre che per la coerenza con i criteri letterale e logico sistematico, anche in ragione dell’esigenza di una lettura rigorosa della disposizione suddetta che ha introdotto, per fattispecie prima sottoposte unicamente ai termini di prescrizione, un nuovo e ristretto termine di decadenza per l’impugnativa stragiudiziale e per la successiva azione in giudizio (cfr. Cass. n. 13179 del 2017 in motivazione; Cass., S.U. n. 4913 del 2016).

20. D’altra parte, se si seguisse la tesi della Corte di merito e si ritenesse sottoposta al termine di decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. c), la domanda volta ad ottenere il riconoscimento del passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario, ai sensi dell’art. 2112 c.c., risulterebbe oltremodo difficile stabilire il dies a quo di decorrenza del termine; la stessa sentenza impugnata ha individuato in modo impreciso e alternativo tale dies a quo “nel momento in cui il… trasferimento risulta, nei fatti, esteriorizzato”, e lo ha collegato al distacco della dipendente (sul presupposto della simulazione dello stesso) oppure alla conclusione del contratto (a termine) con la società che la lavoratrice assume cessionaria.

21. In conclusione, la previsione di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c), deve intendersi come relativa alle ipotesi in cui il lavoratore contesti la “cessione del contratto”, o meglio il passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario per effetto di un trasferimento d’azienda posto in essere dal suo datore di lavoro, mentre restano estranee alla stessa le ipotesi in cui il lavoratore voglia avvalersi del trasferimento d’azienda (formalmente deliberato dal datore di lavoro cedente) e quindi ottenere il riconoscimento del passaggio e della prosecuzione del rapporto di lavoro in capo al cessionario oppure chieda di accertare l’avvenuto trasferimento d’azienda che assuma realizzato in fatto, come nel caso di specie, e quindi la prosecuzione del rapporto di lavoro col cessionario.

22. Tale conclusione non esclude l’onere di impugnare i provvedimenti datoriali che siano compresi nell’elenco di cui all’art. 32 cit., o il cui onere di impugnativa sia altrimenti previsto (cfr. art. 2113 c.c.), eventualmente posti in essere al fine di mascherare il trasferimento d’azienda che il lavoratore assuma, nei fatti, realizzato.

23. Nel caso in esame, è fondata anche la censura mossa alle statuizioni della sentenza d’appello sul contratto a tempo determinato concluso dalla ricorrente con la                   , quanto alla erronea individuazione del dies a quo del termine per l’impugnativa stragiudiziale.

24. Ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. d), “Le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre… d) all’azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, artt. 1,2 e 4 e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo”.

25. Il dies a quo deve essere individuato nella scadenza del termine e non nella data di conclusione del contratto a tempo determinato; la Corte di merito ha male applicato la disposizione in esame in quanto ha giudicato tardiva l’impugnativa stragiudiziale del 13-14 gennaio 2014 in relazione al contratto concluso tra la ricorrente e la           l’1.7.2013, con scadenza il 31.12.2013.

26. La residua censura che desume l’illegittimità dell’apposizione del termine, nonostante l’applicazione ratione temporis del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 bis, che legittimava la stipulazione di contratti a termine acausali, dagli effetti del dedotto trasferimento di azienda, deve ritenersi assorbita in ragione dell’accoglimento del motivo di ricorso in ordine alla violazione dell’art. 32, comma 4, lett. c) cit..

27. Per le considerazioni finora svolte, il ricorso deve trovare accoglimento in relazione alle censure come sopra esaminate, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie alla luce dei principi sopra enunciati, oltre che alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

RSA e RSU: gli accordi interconfederali

Le RSA sono previste dall’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori e sono costituite ad iniziativa dei lavoratori, maesclusivamente nell’ambito di organizzazioni sindacali aventi determinati requisiti di rappresentatività.

La Corte costituzionale, con sentenza del 3 luglio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 nella parte in cui non prevede che la Rappresentanza Sindacale Aziendale sia costituita anche da associazioni sindacali che, pur non avendo sottoscritto contratti collettivi applicati nell’azienda, abbiano partecipato alla trattativa.

Le RSU sono state introdotte dall’accordo interconfederale del 1993 tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL. Da ultimo è intervenuto il T.U. sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, disciplina specificatamente le rappresentanze sindacali nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, prevedendo che ha stabilito che dovrà essere adottata una sola forma di rappresentanza (o RSU o RSA).

L’iniziativa per la costituzione di RSU e per la presentazione di liste elettorali spetta sia alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2010, del Protocollo 31 maggio 2013 e dello stesso T.U., che alle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL applicato nell’unità produttiva interessata. In alternativa, le stesse facoltà sono riconosciute alle associazioni sindacali che hanno aderito formalmente al contenuto degli accordi di cui sopra e la cui lista elettorale, nelle aziende con più di 60 dipendenti, è corredata da un numero di firme dei lavoratori impiegati in quell’unità produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto (oppure almeno tre firme nelle imprese di dimensione compresa tra 16 e 59 dipendenti). Nel caso di rinnovi successivi, l’iniziativa può essere esercitata anche dalle RSU già esistenti.

Le RSU vengono elette mediante elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto tra liste concorrenti.

Le RSU subentrano alle RSA e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e all’esercizio delle funzioni loro spettanti.

Di seguito il Testo Unico sulla Rappresentanza Confindustria – firmato da Cgil, Cisl e Uil a Roma il 10 gennaio 2014:

“PARTE PRIMA MISURA E CERTIFICAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA AI FINI DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE DI CATEGORIA

Per la misura e la certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria, si assumono i dati associativi (deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori) e i dati elettorali ottenuti (voti espressi) in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. Il datore di lavoro provvederà, alle condizioni e secondo le modalità contenute nel presente accordo, ad effettuare la rilevazione del numero delle deleghe dei dipendenti iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo 31 maggio 2013 e del presente Accordo. La delega dovrà contenere l’indicazione della organizzazione sindacale di categoria e del conto corrente bancario al quale il datore di lavoro dovrà versare il contributo associativo. Il contributo associativo non potrà essere inferiore ad un valore percentuale di una retribuzione convenzionale costituita dal minimo tabellare in vigore, nel mese di gennaio di ciascun anno, che ogni singolo Ccnl individuerà. Il lavoratore che intenda revocare la delega, dovrà rilasciare apposita dichiarazione scritta e la revoca, ai fini della rilevazione del numero delle deleghe, avrà effetto al termine del mese nel quale è stata notificata al datore di lavoro. La raccolta delle nuove deleghe dovrà avvenire mediante l’utilizzo di un modulo suddiviso in due parti, la prima delle quali, contenente l’indicazione del sindacato beneficiario del contributo, sarà trasmessa al datore di lavoro e la seconda, sempre a cura del lavoratore, sarà inviata al medesimo sindacato. Le imprese accetteranno anche le deleghe a favore delle organizzazioni sindacali di categoria che aderiscano e si obblighino a rispettare integralmente i contenuti del presente Accordo nonché dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo 31 maggio 2013. Il numero delle deleghe viene rilevato dall’Inps tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens). Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, tramite apposita convenzione, definiranno con l’Inps l’introduzione nelle dichiarazioni mensili Uniemens di un’apposita sezione per la rilevazione annuale del numero delle deleghe sindacali relative a ciascun ambito di applicazione del Ccnl. Per questo scopo, le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo procederanno a catalogare i contratti collettivi nazionali di categoria, attribuendo a ciascun contratto uno specifico codice, che sarà comunicato anche al Cnel. Le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo attribuiranno uno specifico codice identificativo a tutte le organizzazioni sindacali di categoria interessate a partecipare alla rilevazione della propria rappresentanza per gli effetti della stipula dei contratti collettivi nazionali di lavoro e ne daranno tempestiva informativa all’Inps, alla Confindustria e al Cnel. Ciascun datore di lavoro, attraverso il modulo Uniemens, indicherà nell’apposita sezione, il codice del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato e il numero delle deleghe ricevute per ogni singola organizzazione sindacale di categoria con relativo codice identificativo nonché la forma di rappresentanza presente nelle unità produttive con più di quindici dipendenti. Ulteriori dati potranno essere rilevati secondo le modalità definite nella convenzione con l’Inps. In forza della specifica convenzione, l’Inps elaborerà annualmente i dati raccolti e, per ciascun contratto collettivo nazionale di lavoro, aggregherà il dato relativo alle deleghe raccolte da ciascuna organizzazione sindacale di categoria relativamente al periodo gennaio – dicembre di ogni anno. Il numero degli iscritti, ai fini delle rilevazioni della rappresentanza di ciascuna organizzazione sindacale di categoria su base nazionale, sarà determinato dividendo il numero complessivo delle rilevazioni mensili, effettuate in virtù delle deleghe, per dodici. Per l’anno 2014 si rileveranno le deleghe relative al secondo semestre. I dati raccolti dall’Inps saranno trasmessi – previa definizione di un protocollo d’intesa con i firmatari del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo – al Cnel che li pondererà con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle Rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni tre anni. I dati degli iscritti rilevati dall’Inps in relazione alle unità produttive che superino i quindici dipendenti e in cui siano presenti Rsa ovvero non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale saranno trasmessi, entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di rilevazione, al Cnel. Per consentire la raccolta dei dati relativi ai consensi ottenuti dalle singole organizzazioni sindacali di categoria in occasione delle elezioni delle Rsu Nei singoli luoghi di lavoro, copia del verbale di cui al punto 19 della sezione terza della Parte Seconda del presente accordo dovrà essere trasmesso a cura della Commissione elettorale al Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo). L’invio dei verbali è previsto sia per le rappresentanze sindacali unitarie che verranno elette successivamente all’entrata in vigore del presente accordo sia per quelle elette antecedentemente ancora validamente in carica. Il Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) raccoglierà tutti i dati relativi alle Rsu validamente in carica alla data del 31 luglio di ogni anno, desumendoli dai singoli verbali elettorali pervenuti al Comitato medesimo, raggruppandoli per ciascuna organizzazione sindacale di categoria, e li trasmette al Cnel entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di rilevazione. Il Cnel provvederà a sommare ai voti conseguiti da ciascuna organizzazione sindacale di categoria, il numero degli iscritti risultanti nelle unità produttive con più di 15 dipendenti ove siano presenti Rsa ovvero non sia presente alcuna forma di rappresentanza sindacale. Entro il mese di aprile il Cnel provvederà alla ponderazione del dato elettorale con il dato associativo – con riferimento ad ogni singolo Ccnl – secondo quanto previsto ai punti 4 e 5 del Protocollo d’Intesa 31 maggio 2013, ossia determinando la media semplice fra la percentuale degli iscritti (sulla totalità degli iscritti) e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle Rsu sul totale dei votanti, quindi, con un peso del 50% per ciascuno dei due dati. Effettuata la ponderazione, il Cnel comunicherà alle parti stipulanti il presente accordo il dato di rappresentanza di ciascuna organizzazione sindacale di categoria relativo ai singoli contratti collettivi nazionali di lavoro. I dati sulla rappresentanza saranno determinati e comunicati dal Cnel entro il mese di maggio dell’anno successivo a quello della rilevazione e, per l’anno 2015, saranno utili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5%: a) per la verifica della maggioranza del 50%+1, per tutti i rinnovi contrattuali che saranno sottoscritti dopo la comunicazione effettuata dal Cnel; b) ai fini della misurazione delle maggioranze relative alle piattaforme di rinnovo per i contratti che scadono dal novembre 2015. Successivamente e di regola, i dati comunicati dal Cnel saranno validamente utilizzabili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5% anche per la determinazione della maggioranza del 50%+1: a) ai fini della sottoscrizione dei Ccnl, in base all’ultimo dato disponibile; b) ai fini della presentazione delle piattaforme, in base al dato disponibile sei mesi prima della scadenza del contratto.

PARTE SECONDA REGOLAMENTAZIONE DELLE RAPPRESENTANZE IN AZIENDA

Sezione prima. Regole generali sulle forme della rappresentanza in azienda

Le parti contraenti il presente accordo concordano che in ogni singola unità produttiva con più di quindici dipendenti dovrà essere adottata una sola forma di rappresentanza. Nel caso di unità produttive con più di quindici dipendenti ove non siano mai state costituite forme di rappresentanza sindacale, le organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo concordano che, qualora non si proceda alla costituzione di rappresentanze sindacali unitarie ma si opti per il diverso modello della rappresentanza sindacale aziendale: a) dovrà essere garantita l’invarianza dei costi aziendali rispetto alla situazione che si sarebbe determinata con la costituzione della rappresentanza sindacale unitaria; b) alla scadenza della rsa, l’eventuale passaggio alle Rsu potrà avvenire se deciso dalle organizzazioni sindacali che rappresentino, a livello nazionale, la maggioranza del 50%+1 come determinata nella parte prima del presente accordo. In tutti i casi in cui trova applicazione l’art. 2112 del Codice civile e che determinino rilevanti mutamenti nella composizione delle unità produttive interessate, ferma restando la validità della Rsu in carica fino alla costituzione della nuova Rsu, si procederà a nuove elezioni entro tre mesi dal trasferimento. Sezione seconda. Modalità di costituzione e di funzionamento delle Rappresentanze sindacali unitarie Premessa Le seguenti regole in materia di Rappresentanze sindacali unitarie, riprendono la disciplina contenuta nell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 con gli adeguamenti alle nuove intese interconfederali. Le seguenti regole trovano applicazione per le procedure di costituzione delle nuove Rsu e per il rinnovo di quelle già esistenti.

1. Ambito e iniziativa per la costituzione Rappresentanze sindacali unitarie possono essere costituite nelle unità produttive nelle quali il datore di lavoro occupi più di 15 dipendenti, a iniziativa delle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo interconfederale. Ai fini del computo del numero dei dipendenti i lavoratori con contratto di lavoro a part time saranno computati in misura proporzionale all’orario di lavoro contrattuale mentre i lavoratori con contratto a tempo determinato saranno computati in base al numero medio mensile di quelli impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. Hanno potere di iniziativa anche le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del Ccnl applicato nell’unità produttiva ovvero le associazioni sindacali abilitate alla presentazione delle liste elettorali ai sensi del punto 4, sezione terza, a condizione che abbiano comunque effettuato adesione formale al contenuto dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo. L’iniziativa di cui al primo comma può essere esercitata, congiuntamente o disgiuntamente, da parte delle associazioni sindacali come sopra individuate. La stessa iniziativa, per i successivi rinnovi, potrà essere assunta anche dalla Rsu ove validamente esistente.

2. Composizione Alla costituzione della Rsu si procede mediante elezione a suffragio universale e a scrutinio segreto tra liste concorrenti. Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi, le associazioni sindacali terranno conto delle categorie degli operai, impiegati e quadri di cui all’art. 2095 del Codice civile, nei casi di incidenza significativa delle stesse nella base occupazionale dell’unità produttiva, per garantire un’adeguata composizione della rappresentanza. Nella composizione delle liste si perseguirà un’adeguata rappresentanza di genere, attraverso una coerente applicazione delle norme antidiscriminatorie.

3. Numero dei componenti Il numero dei componenti le Rsu sarà pari almeno a: a) 3 componenti per la Rsu costituita nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti; b) 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti; c) 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero di cui alla precedente lett. b).

4. Diritti, permessi, libertà sindacali, tutele e modalità di esercizio I componenti delle Rsu subentrano ai dirigenti delle Rsa nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già loro spettanti; per effetto delle disposizioni di cui al titolo 3° della legge n. 300/1970. Sono fatte salve le condizioni di miglior favore eventualmente già previste nei confronti delle associazioni sindacali dai Ccnl o accordi collettivi di diverso livello, in materia di numero dei dirigenti della Rsa, diritti, permessi e libertà sindacali. Nelle stesse sedi negoziali si procederà, nel principio dell’invarianza dei costi, all’armonizzazione nell’ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota eventualmente da trasferire ai componenti della Rsu. In tale occasione, sempre nel rispetto dei principi sopra concordati, le parti definiranno in via prioritaria soluzioni in base alle quali le singole condizioni di miglior favore dovranno permettere alle organizzazioni sindacali con le quali si erano convenute, di mantenere una specifica agibilità sindacale. Sono fatti salvi in favore delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie il Ccnl applicato nell’unità produttiva, i seguenti diritti: a) diritto a indire, singolarmente o congiuntamente, l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro, per 3 delle 10 ore annue retribuite, spettanti a ciascun lavoratore ex art. 20, Legge n. 300/1970; b) diritto ai permessi non retribuiti di cui all’art. 24, Legge n. 300/1970; c) diritto di affissione di cui all’art. 25 della Legge n. 300 del 1970.

5. Clausola di armonizzazione Le Rsu subentrano alle Rsa e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto di disposizioni di legge.

6. Durata e sostituzione nell’incarico I componenti della Rsu restano in carica per tre anni, al termine dei quali decadono automaticamente. In caso di dimissioni, il componente sarà sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista. Le dimissioni e conseguenti sostituzioni dei componenti le Rsu non possono concernere un numero superiore al 50% degli stessi, pena la decadenza della Rsu con conseguente obbligo di procedere al suo rinnovo, secondo le modalità previste dal presente accordo. Il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente della Rsu ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.

7. Decisioni Le decisioni relative a materie di competenza delle Rsu sono assunte dalle stesse, a maggioranza, in base a quanto previsto nella parte terza del presente accordo che recepisce i contenuti dell’Accordo interconfederale 28 giugno 2011. Le Rsu costituite nelle unità produttive di imprese plurilocalizzate potranno dare vita a organi o a procedure di coordinamento fissandone espressamente poteri e competenze. 8. Clausola di salvaguardia Le organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo o che, comunque, aderiscano alla disciplina in essi contenuta partecipando alla procedura di elezione della Rsu, rinunciano formalmente ed espressamente a costituire Rsa ai sensi dell’art. 19, della Legge 20 maggio 1970, n. 300. In particolare, le organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, o che comunque ad essi aderiscano, si impegnano a non costituire Rsa nelle realtà in cui siano state o vengano costituite Rsu. Il passaggio dalle Rsa alle Rsu potrà avvenire solo se definito unitariamente dalle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie del Protocollo 31 maggio 2013. Sezione terza. Disciplina della elezione della Rsu

1. Modalità per indire le elezioni Almeno tre mesi prima della scadenza del mandato della Rsu, le associazioni sindacali di cui al punto 1, sezione seconda, del presente accordo, congiuntamente o disgiuntamente, o la Rsu uscente, provvederanno ad indire le elezioni mediante comunicazione da affiggere nell’apposito albo che l’azienda metterà a disposizione della Rsu e da inviare alla Direzione aziendale. Il termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui sopra; l’ora di scadenza si intende fissata alla mezzanotte del quindicesimo giorno.

2. Quorum per la validità delle elezioni Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente accordo favoriranno la più ampia partecipazione dei lavoratori alle operazioni elettorali. Le elezioni sono valide ove alle stesse abbia preso parte più della metà dei lavoratori aventi diritto al voto. Nei casi in cui detto quorum non sia stato raggiunto, la Commissione elettorale e le organizzazioni sindacali operanti all’interno dell’azienda prenderanno ogni determinazione in ordine alla validità della consultazione in relazione alla situazione venutasi a determinare nell’unità produttiva.

3. Elettorato attivo e passivo Hanno diritto di votare tutti gli apprendisti, gli operai, gli impiegati e i quadri non in prova in forza all’unità produttiva alla data delle elezioni. Hanno altresì diritto al voto i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato che prestino la propria attività al momento del voto. Ferma restando l’eleggibilità degli operai, impiegati e quadri non in prova in forza all’unità produttiva, candidati nelle liste di cui al successivo punto 4, la contrattazione di categoria, che non abbia già regolato la materia in attuazione dell’Accordo del 20 dicembre 1993, dovrà regolare l’esercizio del diritto di elettorato passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato.

4. Presentazione delle liste All’elezione della Rsu possono concorrere liste elettorali presentate dalle: a) organizzazioni sindacali di categoria aderenti a confederazioni firmatarie del presente accordo oppure dalle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva; b) associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo a condizione che: 1) accettino espressamente, formalmente ed integralmente i contenuti del presente accordo, dell’Accodo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013; 2) la lista sia corredata da un numero di firme di lavoratori dipendenti dall’unità produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto nelle aziende con oltre 60 dipendenti. Nelle aziende di dimensione compresa fra 16 e 59 dipendenti la lista dovrà essere corredata da almeno tre firme di lavoratori. Non possono essere candidati coloro che abbiano presentato la lista ed i membri della Commissione elettorale. Ciascun candidato può presentarsi in una sola lista. Ove, nonostante il divieto di cui al precedente comma, un candidato risulti compreso in più di una lista, la Commissione elettorale di cui al punto 5, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle liste e prima di procedere alla affissione delle liste stesse ai sensi del punto 7, inviterà il lavoratore interessato a optare per una delle liste. Il numero dei candidati per ciascuna lista non può superare di oltre 2/3 il numero dei componenti la Rsu da eleggere nel collegio.

5. Commissione elettorale Al fine di assicurare un ordinato e corretto svolgimento della consultazione, nelle singole unità produttive viene costituita una Commissione elettorale. Per la composizione della stessa ogni organizzazione abilitata alla presentazione di liste potrà designare un lavoratore dipendente dall’unità produttiva, non candidato.

6. Compiti della Commissione La Commissione elettorale ha il compito di: a) ricevere la presentazione delle liste, rimettendo immediatamente dopo la sua completa integrazione ogni contestazione relativa alla rispondenza delle liste stesse ai requisiti previsti dal presente accordo; b) verificare la valida presentazione delle liste; c) costituire i seggi elettorali, presiedendo alle operazioni di voto che dovranno svolgersi senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale; d) assicurare la correttezza delle operazioni di scrutinio dei voti; e) esaminare e decidere su eventuali ricorsi proposti nei termini di cui al presente accordo; f) proclamare i risultati delle elezioni, comunicando gli stessi a tutti i soggetti interessati, ivi comprese le associazioni sindacali presentatrici di liste.

7. Affissioni Le liste dei candidati dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori, a cura della Commissione elettorale, mediante affissione nell’albo di cui al punto 1, almeno otto giorni prima della data fissata per le elezioni.

8. Scrutatori È in facoltà dei presentatori di ciascuna lista di designare uno scrutatore per ciascun seggio elettorale, scelto fra i lavoratori elettori non candidati. La designazione degli scrutatori deve essere effettuata non oltre le 24 ore che precedono l’inizio delle votazioni.

9. Segretezza del voto Nelle elezioni il voto è segreto e diretto e non può essere espresso per interposta persona.

10. Schede elettorali La votazione ha luogo a mezzo di scheda unica, comprendente tutte le liste disposte in ordine di presentazione e con la stessa evidenza. In caso di contemporaneità della presentazione l’ordine di precedenza sarà estratto a sorte. Le schede devono essere firmate da almeno due componenti del seggio; la loro preparazione e la votazione devono avvenire in modo da garantire la segretezza e la regolarità del voto. La scheda deve essere consegnata a ciascun elettore all’atto della votazione dal Presidente del seggio. Il voto di lista sarà espresso mediante crocetta tracciata sulla intestazione della lista. Il voto è nullo se la scheda non è quella predisposta o se presenta tracce di scrittura o analoghi segni di individuazione.

11. Preferenze L’elettore può manifestare la preferenza solo per un candidato della lista da lui votata. Il voto preferenziale sarà espresso dall’elettore mediante una crocetta apposta a fianco del nome del candidato preferito, ovvero scrivendo il nome del candidato preferito nell’apposito spazio della scheda. L’indicazione di più preferenze date alla stessa lista vale unicamente come votazione della lista, anche se non sia stato espresso il voto della lista. Il voto apposto a più di una lista, o l’indicazione di più preferenze date a liste differenti, rende nulla la scheda. Nel caso di voto apposto ad una lista e di preferenze date a candidati di liste differenti, si considera valido solamente il voto di lista e nulli i voti di preferenza.

12. Modalità della votazione Il luogo e il calendario di votazione saranno stabiliti dalla Commissione elettorale, previo accordo con la Direzione aziendale, in modo tale da permettere a tutti gli aventi diritto l’esercizio del voto, nel rispetto delle esigenze della produzione. Qualora l’ubicazione degli impianti e il numero dei votanti lo dovessero richiedere, potranno essere stabiliti più luoghi di votazione, evitando peraltro eccessivi frazionamenti anche per conservare, sotto ogni aspetto, la segretezza del voto. Nelle aziende con più unità produttive le votazioni avranno luogo di norma contestualmente. Luogo e calendario di votazione dovranno essere portati a conoscenza di tutti i lavoratori, mediante comunicazione nell’albo esistente presso le aziende, almeno 8 giorni prima del giorno fissato per le votazioni.

13. Composizione del seggio elettorale Il seggio è composto dagli scrutatori di cui al punto 8, parte terza, del presente Accordo e da un Presidente, nominato dalla Commissione elettorale.

14. Attrezzatura del seggio elettorale A cura della Commissione elettorale ogni seggio sarà munito di un’urna elettorale, idonea ad una regolare votazione, chiusa e sigillata sino alla apertura ufficiale della stessa per l’inizio dello scrutinio. Il seggio deve inoltre poter disporre di un elenco completo degli elettori aventi diritto al voto presso di esso.

15. Riconoscimento degli elettori Gli elettori, per essere ammessi al voto, dovranno esibire al Presidente del seggio un documento di riconoscimento personale. In mancanza di documento personale essi dovranno essere riconosciuti da almeno due degli scrutatori del seggio; di tale circostanza deve essere dato atto nel verbale concernente le operazioni elettorali.

16. Compiti del Presidente Il Presidente farà apporre all’elettore, nell’elenco di cui al precedente punto 14, la firma accanto al suo nominativo.

17. Operazioni di scrutinio Le operazioni di scrutinio avranno inizio subito dopo la chiusura delle operazioni elettorali di tutti i seggi dell’unità produttiva. Al termine dello scrutinio, a cura del Presidente del seggio, il verbale dello scrutinio, su cui dovrà essere dato atto anche delle eventuali contestazioni, verrà consegnato – unitamente al materiale della votazione (schede, elenchi, ecc.) – alla Commissione elettorale che, in caso di più seggi, procederà alle operazioni riepilogative di calcolo dandone atto nel proprio verbale. La Commissione elettorale al termine delle operazioni di cui al comma precedente provvederà a sigillare in un unico piego tutto il materiale (esclusi i verbali) trasmesso dai seggi; il piego sigillato, dopo la definitiva convalida della Rsu Sarà conservato secondo accordi tra la Commissione elettorale e la Direzione aziendale in modo da garantirne la integrità e ciò almeno per tre mesi. Successivamente sarà distrutto alla presenza di un delegato della Commissione elettorale e di un delegato della Direzione.

18. Attribuzione dei seggi Ai fini dell’elezione dei componenti della Rsu, il numero dei seggi sarà ripartito, secondo il criterio proporzionale, con applicazione del metodo dei resti più alti, in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti. Nell’ambito delle liste che avranno conseguito un numero di voti sufficiente all’attribuzione di seggi, i componenti saranno individuati seguendo l’ordine dei voti di preferenza ottenuti dai singoli candidati e, in caso di parità di voti di preferenza, in relazione all’ordine nella lista.

19. Ricorsi alla Commissione elettorale La Commissione elettorale, sulla base dei risultati di scrutinio, procede alla assegnazione dei seggi e alla redazione di un verbale sulle operazioni elettorali, che deve essere sottoscritto da tutti i componenti della Commissione stessa. Trascorsi 5 giorni dalla affissione dei risultati degli scrutini senza che siano stati presentati ricorsi da parte dei soggetti interessati, si intende confermata l’assegnazione dei seggi di cui al primo comma e la Commissione ne dà atto nel verbale di cui sopra, che sarà trasmesso al comitato provinciale dei Garanti (o analogo organismo costituito per lo scopo di rilevare i risultati elettorali). Ove invece siano stati presentati ricorsi nei termini suddetti, la Commissione deve provvedere al loro esame entro 48 ore, inserendo nel verbale suddetto la conclusione alla quale è pervenuta. Copia di tale verbale e dei verbali di seggio dovrà essere notificata a ciascun rappresentante delle associazioni sindacali che abbiano presentato liste elettorali, entro 48 ore dal compimento delle operazioni di cui al comma precedente e notificata, a mezzo raccomandata con ricevuta ovvero a mezzo posta elettronica certificata, nel termine stesso, sempre a cura della Commissione elettorale, al Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) e alla Associazione industriale territoriale, che, a sua volta, ne darà pronta comunicazione all’azienda.

20. Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo) Contro le decisioni della Commissione elettorale è ammesso ricorso entro 10 giorni ad apposito Comitato provinciale dei garanti (o analogo organismo che dovesse essere costituito per lo scopo). Tale Comitato è composto, a livello provinciale, da un membro designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali, presentatrici di liste, interessate al ricorso, da un rappresentante dell’associazione industriale locale di appartenenza, ed è presieduto dal Direttore della Dtl o da un suo delegato. Il Comitato si pronuncerà entro il termine perentorio di 10 giorni.

21. Comunicazione della nomina dei componenti della Rsu La nomina dei componenti della Rsu, una volta definiti gli eventuali ricorsi, sarà comunicata per iscritto alla Direzione aziendale per il tramite della locale organizzazione imprenditoriale d’appartenenza a cura delle organizzazioni sindacali di rispettiva appartenenza dei componenti.

22. Adempimenti della Direzione aziendale La Direzione aziendale metterà a disposizione della Commissione elettorale l’elenco dei dipendenti aventi diritto al voto nella singola unità produttiva e quanto necessario a consentire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali.

PARTE TERZA TITOLARITÀ ED EFFICACIA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE DI CATEGORIA E AZIENDALE

Il contratto collettivo nazionale di lavoro ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle Organizzazioni sindacali firmatarie del presente Accordo e dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013, che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media fra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale voti ottenuti su voti espressi) come risultante dalla ponderazione effettuata dal Cnel. Nel rispetto della libertà e autonomia di ogni Organizzazione sindacale, le Federazioni di categoria – per ogni singolo Ccnl – decideranno le modalità di definizione della piattaforma e della delegazione trattante e le relative attribuzioni con proprio regolamento. In tale ambito, e in coerenza con le regole definite nella presente intesa, le Organizzazioni sindacali favoriranno, in ogni categoria, la presentazione di piattaforme unitarie. Ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali previsti dalla legge, ai sensi dell’articolo 19 e seguenti della Legge 20 maggio 1970, n. 300, si intendono partecipanti alla negoziazione le organizzazioni che abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza, secondo i criteri concordati nel presente accordo, e che abbiano partecipato alla negoziazione in quanto hanno contribuito alla definizione della piattaforma e hanno fatto parte della delegazione trattante l’ultimo rinnovo del Ccnl definito secondo le regole del presente accordo. Fermo restando quanto previsto al secondo paragrafo, in assenza di piattaforma unitaria, la parte datoriale favorirà, in ogni categoria, che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50%+1. I contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 50%+1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, a maggioranza semplice – le cui modalità saranno stabilite dalle categorie per ogni singolo contratto – saranno efficaci ed esigibili. La sottoscrizione formale dell’accordo, come sopra descritta, costituirà l’atto vincolante per entrambe le Parti. Il rispetto delle procedure sopra definite comporta che gli accordi in tal modo conclusi sono efficaci ed esigibili per l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici nonchè pienamente esigibili per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa. Conseguentemente le parti firmatarie e le rispettive Federazioni si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti. La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge. I contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci ed esigibili per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali, espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, operanti all’interno dell’azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali convenute con il presente Accordo. In caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della Legge n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati ai sensi della presente intesa. Ai fini di garantire analoga funzionalità alle forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, come previsto per le rappresentanze sindacali unitarie anche le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, quando presenti, durano in carica tre anni. Inoltre, i contratti collettivi aziendali approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali con le modalità sopra indicate devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle rappresentanze sindacali aziendali a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una organizzazione sindacale espressione di una delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti. I contratti collettivi aziendali possono attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi. I contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro. Ove non previste ed in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’azienda, i contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le relative organizzazioni sindacali territoriali di categoria espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo.

PARTE QUARTA DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE CLAUSOLE E ALLE PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO E ALLE CLAUSOLE SULLE CONSEGUENZE DELL’INADEMPIMENTO

Le parti firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 ovvero del presente Accordo convengono sulla necessità di definire disposizioni volte a prevenire e a sanzionare eventuali azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processi negoziali come disciplinati dagli accordi interconfederali vigenti nonché l’esigibilità e l’efficacia dei contratti collettivi stipulati nel rispetto dei principi e delle procedure contenute nelle intese citate. Pertanto i contratti collettivi nazionali di categoria, sottoscritti alle condizioni di cui al Protocollo d’intesa 31 maggio 2013 e del presente accordo, dovranno definire clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantire, per tutte le parti, l’esigibilità degli impegni assunti con il contratto collettivo nazionale di categoria e a prevenire il conflitto. I medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro dovranno, altresì, determinare le conseguenze sanzionatorie per gli eventuali comportamenti attivi od omissivi che impediscano l’esigibilità dei contratti collettivi nazionali di categoria stipulati ai sensi della presente intesa. Le disposizioni definite dai contratti collettivi nazionali di lavoro, al solo scopo di salvaguardare il rispetto delle regole concordate nell’accordo del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e nel presente accordo, dovranno riguardare i comportamenti di tutte le parti contraenti e prevedere sanzioni, anche con effetti pecuniari, ovvero che comportino la temporanea sospensione di diritti sindacali di fonte contrattuale e di ogni altra agibilità derivante dalla presente intesa. I contratti collettivi aziendali, approvati alla condizioni previste e disciplinate nella parte terza del presente accordo, che definiscono clausole di tregua sindacale e sanzionatorie, finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, hanno effetto vincolante, oltre che per il datore di lavoro, per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori nonché per le associazioni sindacali espressioni delle confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo, o per le organizzazioni che ad esso abbiano formalmente aderito, e non per i singoli lavoratori.

CLAUSOLE TRANSITORIE E FINALI Le parti firmatarie della presente intesa si impegnano a far rispettare le regole qui concordate e si impegnano, altresì, affinché le rispettive organizzazioni di categoria ad esse aderenti e le rispettive articolazioni a livello territoriale e aziendale si attengano a quanto pattuito nel presente accordo. In via transitoria, e in attesa che i rinnovi dei contratti nazionali definiscano la materia disciplinata dalla parte quarta del presente accordo, le parti contraenti concordano che eventuali comportamenti non conformi agli accordi siano oggetto di una procedura arbitrale da svolgersi a livello confederale. A tal fine, le organizzazioni di categoria appartenenti ad una delle Confederazioni firmatarie del presente accordo, ovvero che comunque tale accordo abbiano formalmente accettato, sono obbligate a richiedere alle rispettive Confederazioni la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato composto, pariteticamente, da un rappresentante delle organizzazioni sindacali confederali interessate e da altrettanti rappresentanti della Confindustria, nonché da un ulteriore membro, che riveste la carica di Presidente, individuato di comune accordo o, in mancanza di accordo, a sorteggio fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo, entro 30 giorni, dalle parti stipulanti il presente accordo. Nella decisone del collegio, che dovrà intervenire entro dieci giorni dalla sua composizione, dovranno essere previste le misure da applicarsi nei confronti delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro in caso di inadempimento degli obblighi assunti con il presente accordo e, in particolare, dell’obbligo di farne rispettare i contenuti alle rispettive articolazioni, a tutti i livelli. Viene poi istituita, a cura delle parti firmatarie del presente accordo, una Commissione Interconfederale permanente con lo scopo di favorirne e monitorarne l’attuazione, nonché di garantirne l’esigibilità. La Commissione sarà composta, pariteticamente, da sei membri, designati da Confindustria e dalle tre organizzazioni sindacali più rappresentative al momento della composizione della Commissione, tra esperti in materia di diritto del lavoro e di relazioni industriali. Un settimo componente della Commissione Interconfederale, che assumerà funzioni di Presidente, sarà individuato fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo. La Commissione potrà avvalersi della consulenza di esperti. Ai componenti non spetta alcuna indennità. La Commissione è nominata per un triennio e i suoi membri possono essere confermati una sola volta. Fatte salve le clausole che disciplinano l’esigibilità per i singoli contratti collettivi nazionali di categoria, la Commissione Interconfederale stabilisce, con proprio regolamento, da definire entro tre mesi dalla stipula del presente accordo, le modalità del proprio funzionamento ed i poteri di intervento per garantire l’esigibilità dei contenuti del presente accordo, definendo ogni controversia anche attraverso lo svolgimento di un giudizio arbitrale. La Commissione Interconfederale provvede all’autonoma gestione delle spese relative al proprio funzionamento, nei limiti degli stanziamenti previsti da un apposito fondo istituito a tale scopo dalle parti stipulanti il presente accordo. Il presente accordo potrà costituire oggetto di disdetta e recesso ad opera delle parti firmatarie, previo preavviso pari a 4 mesi”.

Proposte di intervento su rappresentatività, salario minimo e contratti “pirata”

Riconduzione ad ordine del campo contrattuale – Salario Minimo – Interventi sulla rappresentatività. La linea di CIU – Unionquadri

E’ forte il richiamo mediatico ai cosiddetti “Contratti Pirata” ed alla violazione dei minimi contrattuali, realtà che imporrebbero l’adozione di un minimo orario legale e più stringenti normative per la rappresentanza sindacale e la contrattazione.

Ha fatto discutere mesi orsono la circolare n.3/2018 dell’Ispettorato del Lavoro che negava qualunque tipo di riconoscimento ai contratti collettivi che non riportavano la sottoscrizione dei tradizionali sindacati definiti “maggiormente rappresentativi.”

La situazione reale.

In realtà, il lavoro subordinato trova un ampia copertura contrattuale con il conseguente rispetto del salario minimo.

Sussiste comunque una rilevante proliferazione dei contratti collettivi che spesso presentano minimi tabellari inferiori rispetto a quelli sottoscritti dalle associazioni maggiormente rappresentative.

Trattasi di sistemi contrattuali che presentano un livello salariale molto più basso rispetto alla normalità dei contratti collettivi.

Il fenomeno appare accentuato e rilevante sino al 50% nel settore del tessile. La stipula di contratti sotto il trattamento minimo può toccare anche la regolamentazione di altri istituti soprattutto in tema di flessibilità.

Questa tipologia di contrattazione sorgeva all’inizio degli anni 90 nel settore del turismo e dell’agricoltura. Spesso convergevano in un nuovo contratto declaratorie contrattuali tratte da altri settori produttivi.

I primi fenomeni si manifestavano all’ inizio degli anni 90 nel  settore del turismo e dell’ agricoltura mediante la trasposizione nei contratti di mansioni tratte da altri settori produttivi ed inserite in altri contratti collettivi o in altra contrattazione all’uopo creata. Si verificava così un significativo decentramento settoriale.

Questo sistema era destinato ad allargarsi dalle piccole imprese verso sistemi produttivi di maggiori dimensioni, con l’avanzare della crisi e l’aumento del livello di competizione tra le imprese, con ripercussioni anche sulla concorrenza.

La vera emergenza.

La vera emergenza è verificata però tra i lavoratori a rischio povertà che non coincidono quasi mai con le categorie toccate da questi contratti, ma che si identificano in coloro che subiscono un impiego part time involontario con una notevole riduzione delle ore lavorate e retribuite.

Il contratto “pirata”

In ogni caso, la contrattazione così definita come “pirata” presenta due indici di riferimento.

Da una parte, il riscontro oggettivo di clausole non rispettose dei minimi contrattuali e di trattamenti legalmente imposti.

Dall’altra parte, le caratteristiche dei sottoscrittori che non sempre appaiono soggetti dotati di rappresentatività.

In merito al primo aspetto, l’indagine può in termini relativamente semplici acclarare la natura del contratto e dei suoi contenuti.

In tema all’insussistenza dei requisiti di rappresentatività in capo alle parti stipulanti, il requisito dovrebbe ritenersi un mero indice, salvo che, non ci si addentri nelle problematiche ancora aperte concernenti i requisiti di rappresentatività che ancora non hanno trovato piena definizione legale.

Va anche valutata la reale portata del fenomeno contrattuale all’esame anche in relazione ai rimedi già esperibili ed esistenti contro la violazione dei minimi contrattuali.

Rimedi attuabili.

Un primo correttivo seppure non sempre efficace e di agevole soluzione, è dato dall’articolo 36 della Costituzione, esso è definito come un rimedio residuo dal momento che richiede l’intervento giudiziale.

Ulteriore rimedio e non di poco conto è individuato nella disciplina previdenziale che stabilisce il minimo contributivo nei termini di cui articolo 1 DL 338/1989 e articolo 2, comma 25, legge n.549 del 1995).

Trattasi di normative che uniformano il calcolo dei contributi previdenziali ad un trattamento minimo individuabile nella legge e nei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale.

Consiglia inoltre l’applicazione di minimi salariali conformi anche la normativa in tema di appalti che impone il principio di solidarietà tra appaltante ed appaltatore e consiglia quindi l’applicazione di un contratto al riparo di contestazioni dell’INPS.

Inoltre anche le norme concernenti la detassazione di premi ed incentivi di cui all’articolo 51 del DLGS 81/2015 consigliano l’applicazione dei contratti stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi o dalle RSA aziendali.

Dunque non è tanto il mancato rispetto dei minimi contrattuali a determinare l’esiguità di molti trattamenti retributivi, quanto piuttosto l’uso forzato e talora truffaldino del part time che talvolta cela veri e propri rapporti a tempo pieno sottratti ad ogni disciplina contrattuale e di legge.

Quali interventi.

Il controllo amministrativo.

I possibili rimedi debbono tener conto di queste considerazioni.

Il primo e possibile rimedio è dato da un assiduo e costante controllo da parte della pubblica amministrazione che non appare particolarmente difficile dal momento che all’esame è principalmente la clausola contrattuale che riguarda i minimi contributivi.

Il salario minimo.

Il secondo rimedio è individuato nell’imposizione di un salario minimo.

La legge delega 183/2014 (delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali all’articolo 1, comma 7, lettera g) prevedeva  l’introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Un eventuale soluzione normativa di questo tipo pur presentando problematiche connesse al rispetto della concorrenza, nonché aspetti critici concernenti l’adattamento alle varie congiunture economiche, dovrebbe imporre dei minimi che siano effettivamente tali e che non impongano ai fini del loro rispetto un appiattimento del sistema retributivo soprattutto a sfavore delle categorie a maggiore specializzazione, comprimendo trattamenti accessori, incentivanti e benefits aziendali.

Si potrebbe ad evitare un tanto stabilire un minimo orario particolarmente limitato che comprenda al proprio interno anche il valore di benefits e welfare.

Una migliore definizione della rappresentatività e della legittimazione a contrattare.

Un ulteriore via da percorrere per selezionare gli attori contrattuali è quella di stabilire dei criteri certi di rappresentatività tali da non violare i principi contenuti all’articolo 39 della Costituzione e di resistere di fronte a dissociazioni e resistenze di altre associazioni sindacali.

Numerosi sono stati gli interventi delle principali confederazioni sindacali per attuare delle regole atte a legittimare i soggetti e le rappresentanze sindacali e quindi a fornire alla contrattazione quelle caratteristiche di stabilità e certezza che da molte parti sono auspicate.

Contiamo numerosi accordi intersindacali intervenuti sul tema nel tentativo di disciplinare la materia.

Appare quanto mai difficile che i soggetti destinati ad essere regolamentati e legittimati possano da soli e senza il concorso dei soggetti terzi dar luogo a delle regole complete ed inoppugnabili.

Ciò significa che dovrebbe rendersi necessario l’intervento legislativo che per dare totale stabilità al sistema dovrebbe essere profondo partendo dall’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione.

Il superamento del dato quantitativo.

Lo stesso intervento dovrebbe partire da un concetto di rappresentatività basato non solo su di un dato numerico e quantitativo, ma che dovrebbe invece tener adeguatamente conto di una rappresentatività garantita per quelle realtà lavorative o per quelle categorie con connotazioni specifiche anche in assenza di numeri di grande entità che le stesse proprio per la loro stessa natura non possono raggiungere.

Nel caso dei quadri, la contrattazione collettiva dei sindacati maggiormente rappresentativi, dovrebbe coesistere con uno spazio contrattuale riservato alle clausole di interesse per la categoria gestito da specifiche rappresentanze degli stessi.

Su questa strada va muovendosi il sindacato CIU – Unionquadri con il manifesto contrattuale dei quadri che vuole esaltare la specificità contrattuale e professionale della categoria.

Alla legge, si chiede poi di individuare specifici spazi elettorali e di rappresentanza per la categoria dei quadri.

La nostra posizione.

In sostanza, la posizione di CIU – Unionquadri è la seguente:

  • Contratti “pirata” – assoluta volontà di affrontare e risolvere il problema nei suoi limiti reali non coinvolgendovi fittiziamente tutte le associazioni sindacali minoritarie o non aderenti a CGIL – CISL – UIL.

Quindi individuazione di tali contratti esclusivamente sulla base dell’individuazione di minimi contrattuali manifestamente difformi e di clausole contrarie alle vigenti leggi, e non sulla base delle associazioni firmatarie.

  • Salario minimo.   Ciu Unionquadri non è convinta della necessità di questa misura, in quanto l’imposizione di un minimo di paga oraria soprattutto nei termini elevati prospettati, coinvolgerebbe risorse destinate a premiare il merito e la professionalità, ad incrementare gli istituti premiali e finirebbe, come già accaduto con la contingenza a dar luogo ad un insopportabile appiattimento retributivo. Ove la misura trovasse accoglimento, nel minimo di legge andrebbe computato il welfare aziendale ed ogni istituto premiale non tassato.
  • Revisione della rappresentatività sindacale.  Interesse di CIU Unionquadri per una contrattazione su clausole specifiche della categoria con un riconoscimento sul punto di rappresentatività e nel caso di intervento legislativo, adozione di norme di protezione/riserva che garantiscano la rappresentanza al di là del mero dato numerico.