Alte professionalità

Ceto Medio, Lavoro, Economia.

Il sindacato CIU Unionquadri come noto, opera nel campo del lavoro e della sicurezza sociale, nell’interesse delle professionalità medio al fine di veder loro riconosciuto il ruolo e la posizione sociale ed economica.

Il tema in maniera più ampia politica e sociologica involve il ceto medio italiano.

Partiremo nell’inquadrare l’argomento da una recente ricerca del CENSIS (Il valore del ceto medio per l’economia e la società Rapporto finale Roma, 20 maggio 2024 FONDAZIONE CENSIS 2).

Si ritiene che di fronte all’erosione del benessere economico, il ceto medio che sin qui ha svolto un ruolo fondamentale nel progresso del paese e nelle aspettative di ascesa sociale stia subendo un profondo declassamento economico e sociale, anche se un reponderante maggioranza di italiani ritiene ancora di appartenere al ceto medio, come collocazione più sociale che economica.

La percezione è pero quella di chi si rende conto come ormai, nella scala sociale, sia molto difficile salire, ma molto facile scivolare in basso. Assistiamo quindi alla fragilizzazione della condizione del ceto medio italiano.

Del resto molti dei processi globali ed internazionali che generano la ricchezza, appaiono quanto mai lontani ed impenetrabili. Le conseguenti azioni dei governi sono sempre più interdipendenti da contesti internazionali non sempre allineati con le aspirazioni dei cittadini appartenenti al ceto medio.

Vi concorre inoltre a livello nazionale un fisco non sempre orientato a premiare impegno e capacità ed un welfare volto quasi esclusivamente a favore dei redditi più bassi e per nulla orientato ad una copertua anche parziale dei redditi medi.

L’impoverimento della classe media certamente è dovuto sia blocco dell’ascensore sociale  ma anche alla precarizzazione del lavoro non solo quello operaio ma anche quello intellettuale, inoltre la globalizzazione  con la ricerca del massimo profitto senza conoscenza ed innovazione ha determinato l’allontanamneto di parte della produzione industriale dai paesi occidentali ai paesi in via di sviluppo senza che si sia bilanciatà questa scelta nefasta e pseudo colonialista, con lo sviluppo dei settori ITC e di centri di ricerca ed innovazione tecnologica.

Non facilita la creazone e l’incremento di una classe manageriale una scuola altamente burocratizzata con un corpo insegnante non sempre adeguatamente selezionato. Questo perdita di ruolo della scuola sia valoriale che di contenuto tende a far percepire l’istruzione come diplomificio necessario per lavorare ma poi alla fine del ciclo anche i ragazzi/e si rendono consapevoli dello itao tra istruzione emondo del lavoro.

Si accompagna a tali considerazioni, la condizione di pensionati anche longevi e di buon reddito che vedono realizzarsi una costante diminuzione del potere d’acquisto e la riduzione di ogni forma di indicizzazione.

La stessa rigidità delle opzioni pensionistiche non tiene affatto conto di chi, come spesso gli appartenenti al ceto medio, vuole e può ancora lavorare.

Aspetto non secondario che manca nel dibattito politico-sindacale è la problematica sociale determinata dall’inflazione, si ipotiza ingenuamente che baterebbe aumentare i salari  e questo automaticamente  determinerebbe un recupero di potere di acquisto e di ruolo sociale dei ceti medi oggi fortemente penalizzati, ma ciò è falso e ci fa comprendere che la globalizzazione ha fatto e fa credere che l’economia sia un fenomeno determinatistico. L’aspetto principe non è il salario in sè ma il suo potere di acquisto dunque il rapporto salario prezzi senza creare falsi automatismi. Per controllare l’inflazione non si può lasciare al libero mercato tout court visto le storture determinalte dalla globalizzazione.  Serve un intervento dello stato e delle parti sociali  nel determinare il controllo dei prezzi e dunque norme a tutela di tali accordi con una burocrazia che se da un lato dovrebbe snellirsi dall’altro deve aumentare le competenze rigurdo i controlli anche in questo settore dove la speculazione parissatiria è alta.

Sotto l’aspetto culturale e sociologico, notiamo la caduta di valori tradizionali, ma non superati, come il merito il talento, l’ascesa sociale ed il lavoro in genere, sta determinando giovani demotivati per una rottura di quei valori che determinano il senso di appartenza e di saqudra che valorizzano quei sentimenti umani di solidarietà e di appartenenza e che sono parte integrante del bisogno umano di sentirsi utili per se e per gli altri, coloro che hanno queste sensibilità purtroppo si  allontanano dal nostro paese in cerca di fortuna altrove. Il dinamismo sociale ancora presente tra i giovani non trova risposte adegute nel nostro paese.

Lo stesso concetto di ricchezza è spesso demonizzato, collegato al malaffare, mentre dovrebbe costituire un obiettivo legittimo dentro regole condivise.

L’ossessione per il ritorno al passato sempre ritenuto migliore ed osannato da certi media (non sempre disinteressati), crea diffidenza per la scienza e per progetti di innovazione dovuto anche ad un fenomeno oggettivo che i figli oggi stanno peggio dei padri

Un diverso orientamento socio – culturale potrebbe assumere un ruolo fondamentale per motivare le persone in grado di guidare il rilancio del paese.

Un rilancio della pubblica amministrazione e della managerialità e non solo a livello di dirigenza, potrebbe contribuire a superare almeno certi vincoli burocratici ed a favorire le nuove tecnologie che spesso diventano solo oggetto di occhiuta regolamentazione.

Secondo la ricerca che abbiamo citato in fase di introduzione, la fase di declino del ceto medio che viene segnalata inizia con la crisi economica del 2007 / 2012 ed ha mutato spesso a livello non adeguatamente percepito gli stili di vita di coloro che ancora in maggioranza si sentono ceto medio.

Va evidenziato in proposito come l’asse della creazione del reddito che interessava in primo luogo il ceto medio ed i lavoratori altamente professionalizzati, con la rivoluzione digitale si sia spostato fuori dai confini nazionali ed addirittura europei.

Contestualmente, avviene una rilevante dislocazione dei processi di creazione della ricchezza fuori dall’Italia e dalla UE verso economie di recente sviluppo che vedono specularmente dei processi di formazione di un ceto medio, simili a quelli che a suo tempo si sono verificati in Italia.

Nel nostro paese, si verifica una rapida concentrazione della ricchezza che amplia le disparità sociali.

Le misure comunitarie imposte dalla necessità di un governo sovranazionale dei processi globali come ad esempio la lotta al riscaldamento globale e la relativa transizione energetica ha posto ulteriori problemi ad un ceto medio già impoverito e non in grado economicamente di assecondare queste scelte.

Quindi oggi, il 65% degli italiani si sente ceto medio, ma più nominalmente che economicamente. ( trattasi infatti di redditi che vanno dai 15.000 euro annui  ai 34 milae dai 35.000 euro ai 50.000.

In questi gruppi rilevante è la presenza di anziani (over 65) e di persone in possesso di diploma o laurea.

Del resto gli ultra sessantacinquenni in possesso di titolo di studio superiore hanno avuto un ruolo da protagonisti nella fase alta dello sviluppo economico sociale del nostro paese.

Nella fase attuale, prevale nell’ambito del ceto medio la propensione a difendersi dai rischi di caduta in basso, piuttosto che a migliorare il proprio status.

Di fronte a questa realtà, è quanto mai necessario modificare l’assetto professionale e retributivo nei contratti di lavoro e prima ancora migliorare gli assetti scolastici ed universitari, incrementando le fasce di lavoratori che, anche se non dirigenti, sono portatori di professionalità come i quadri, i professionisti sia liberi che dipendenti, i ricercatori.

Fabio Petracci

Roberto Giuliano