La partecipazione dei lavoratori all’impresa

L’art. 46 della Costituzione cita testualmente “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.

Ogni forma di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende si fonda sull’idea e sulla valorizzazione dell’interesse comune tra i lavoratori e l’imprenditore alla prosperità dell’impresa stessa.

Nel tempo tuttavia vi sono stati forti resistenze alla diffusione delle forme partecipative e pertanto l’art. 46 della Carta Costituzionale deve considerarsi come una norma rimasta sostanzialmente inapplicata.

Ciclicamente, soprattutto nei periodi di crisi economica, si è tornati spesso ad insistere sulla necessità di promuovere la partecipazione dei lavoratori, con la presentazione di diverse iniziative e la costituzione di appositi gruppi di lavoro, senza tuttavia ottenere risultati concreti.

In particolare, deve essere ricordato il tentativo operato dalla c.d. “Riforma Fornero”, legge n. 92/2012, la quale aveva delegato il governo ad adottare uno o più decreti finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, nel rispetto di principi e criteri direttivi previsti dalla legge (art. 4 c. 62 legge n. 92/2012).

Tuttavia, anche tale intervento non ha trovato concreta e capillare attuazione.

Oggi, anche grazie alle nuove sfide della digitalizzazione ed i recenti sviluppi dell’economia, con un passaggio a quella che è stata definita l’era della “condivisione” (sharing economy), potrebbero essere state gettate le basi per la revisione del modello conflittuale su cui, storicamente, si sono rette le relazioni industriali e dunque vi sarebbero concrete possibilità di un recupero dello strumento della partecipazione dei lavoratori all’impresa.

In effetti, con l’avvento della c.d. quarta rivoluzione industriale, uno degli effetti più rilevanti è stato quello di considerare non più la prestazione lavorativa nella sua mera esecuzione materiale, quindi come mera collaborazione passiva, strettamente legata alle mansioni assegnate al lavoratore bensì la necessità di una vera e propria partecipazione attiva da parte dei lavoratori nella generazione dei valori aziendali.

In effetti, il modello storico delle relazioni industriali è principalmente basato sulla forte asimmetria tra potere direttivo e dovere di collaborazione, fondato sulla prerogativa dell’imprenditore di dirigere l’azienda in coerenza al principio di libertà di iniziativa economica privata, considerando i rischi assunti esclusivamente a carico dell’impresa stessa.

Oggi, la possibilità di partecipazione dei lavoratori alle vicende d’impresa potrebbe da un lato attenuare gli effetti del disequilibrio in termini di condizioni di lavoro e, dall’altro, essere ulteriore strumento di eventuale modifica dell’esercizio del potere direttivo in una chiave maggiormente collaborativa, tenuto dovuto conto altresì dell’evoluzione ed attenuazione del concetto di subordinazione registratosi negli ultimi anni.

Per chiarezza, si possono individuare almeno quattro differenti tipologie di possibile partecipazione dei lavoratori all’azienda:

  • quella di tipo “organizzativo/gestionale”, da intendersi come presenza di una rappresentanza dei lavoratori all’interno degli organi di controllo e decisionali dell’azienda (es. presenza di un rappresentante indicato o eletto dai lavoratori all’interno del Consiglio di Amministrazione);
  • quella di tipo “informativo/consultivo”, che può essere considerata come il diritto dei lavoratori (o meglio, dei loro rappresentanti) alla conoscenza dei piani aziendali passati, presenti e futuri, anche come condizione vincolante rispetto alle decisioni da assumere, con altresì possibilità di elaborare suggerimenti e controproposte;
  • quella di tipo “economico”, che mira a far partecipare i lavoratori meritevoli dei risultati e del benessere dell’azienda, promuovendo una parziale redistribuzione degli utili aziendali sulla base delle prestazioni effettivamente svolte dagli stessi lavoratori, rendendoli partecipi del successo dell’azienda;
  • quella di tipo “finanziario”, con la possibilità di accedere ad un azionariato diretto dei dipendenti delle aziende per cui lavorano, in modo da indirizzarle anche verso un assetto proprietario più condiviso, con forte responsabilizzazione e creazione di spirito d’appartenenza in capo ai singoli lavoratori.

Rimane allora da registrare che altri paesi europei hanno già adottato modelli partecipativi dei lavoratori all’impresa: ad esempio Francia e Germania che, sin dagli inizi del secolo scorso, hanno realizzato forme di partecipazione economica fondate sui piani aziendali di risparmio e sull’azionariato dei dipendenti (anche attraverso il fenomeno del c.d. workers buy-out, vale a dire l’azione di salvataggio dell’azienda, o di una sua parte, realizzata dai dipendenti che subentrano nella proprietà).

In particolare, il modello tedesco, noto come Mitbestimmung, è una vera e propria parte caratterizzante del sistema di relazioni industriali del paese.

Mitbestimmung potrebbe essere tradotto come “co-determinazione” e si riferisce ad una partecipazione paritaria di dipendenti, azionisti e dirigenti alla gestione della politica aziendale ed alle conseguenti decisioni.

In effetti, il modello tedesco prevede che l’economia e le strutture produttive non costituiscano luogo di scontro di interessi configgenti tra capitale e lavoro ma anche una vera e propria “Gemeinschaft”, una “comunità” avente il fine comune di garantire benessere e prosperità per i suoi componenti.

La partecipazione dei lavoratori in Germania si compone di due livelli:

  • la “betriebliche Mitbestimmung”, partecipazione a livello di unità produttiva, che in Italia si potrebbe tradurre o intendere come “partecipazione o cogestione aziendale”;
  • la “unternehmerische Mitbestimmung”, partecipazione a livello di organi societari d’impresa, che indica la parte gestionale che è adibita all’impiego delle risorse prodotte dalla parte produttiva, traducibile come “partecipazione o cogestione societaria”.

A sottolineare il valore e l’importanza della partecipazione dei lavoratori, lo stesso art. 9 del GrundGesetz, la Carta costituzionale varata nel 1949, dispone l’ordinamento e la pacificazione del mondo del lavoro mettendo sullo stesso piano sia la contrapposizione degli interessi sia la volontà comune di collaborazione.

Per tale motivo, le società in Germania sono soggette alla Mitbestimmung (co-determinazione) se impiegano più di 500 dipendenti.

I lavoratori partecipano alle decisioni della società attraverso due organi: il c.d. Consiglio di Fabbrica ed il c.d. Consiglio di Sorveglianza.

Se il primo rappresenta i lavoratori nelle singole sedi aziendali ed è formato interamente da dipendenti, il secondo è invece un organo aziendale che fa capo alla sede centrale, composto per metà dai rappresentanti dei lavoratori e per metà dagli azionisti.

Il più noto modello di partecipazione dei lavoratori all’impresa è quello del Gruppo Volkswagen.

Uno dei punti di forza del modello Volkswagen è sicuramente l’elevato grado di percentuale di lavoratori iscritti al sindacato IG METALL, che rappresenta buona parte dei dipendenti.

Il modello di relazioni industriali del Gruppo Volkswagen è improntato sulla Carta dei diritti dei lavoratori che la multinazionale tedesca ha sottoscritto a livello globale e che prevede forme intense di coinvolgimento partecipativo in tutte le aziende che fanno capo al gruppo, anche nei paesi diversi dalla Germania.

Detta Carta definisce i diritti d’informazione e di partecipazione e si pone come obiettivo quello di instaurare un rapporto di reciproca fiducia e rispetto tra le parti.

Tra i molti principi contenuti nella Carta, che richiama nei contenuti e nei principi gran parte delle Convenzioni OIL stipulate, è interessante leggere come il Gruppo Volkswagen riconosca espressamente il diritto di contrattazione collettiva e che di conseguenza il Gruppo Volkswagen e i sindacati o le rappresentanze dei lavoratori conducano insieme un dialogo sociale, di cui le contrattazioni collettive rappresentano una particolare forma.

Avv. Alberto Tarlao

Alte professionalità

Legge di bilancio 2024 e nuovo CCNL Funzioni Centrali. Le novità per il pubblico impiego. Cancellati gli incarichi per le Elevate Professionalità?

  1. In generale il tema delle elevate professionalità e dei quadri nella Pubblica Amministrazione.

Collegata al tema del rinnovamento della nostra Pubblica Amministrazione è l’individuazione di un’area di dipendenti caratterizzata da una spiccata professionale e di un altrettanto spiccata specializzazione.

La riforma cosiddetta “privatizzazione” avviata agli inizi degli anni 90 aveva riposto le proprie aspettative nell’area ben individuata della dirigenza cui faceva da contraltare una vasta e generica area non dirigenziale suddivisa in tre aree professionali e disciplinata da un unico contratto collettivo.

  1. Il DL 80/2021.

Con la pandemia e con la necessità di ottemperare agli importanti impegni connessi all’ attuazione del PNRR, era sentita la necessità di una Pubblica Amministrazione ampliamente professionalizzata non solo nei vertici e pronta a recepire le nuove tecnologie.

Era così emanato il DL 44/2021 poi convertito in legge che arrecava notevoli innovazioni anche in funzione emergenziale connessa alla pandemia e che introduceva, innovando la materia concorsuale,  dei principi di selezione in funzione di accrescimento e rinnovamento della professionalità di fronte ai rilevanti impegni connessi all’attuazione del PNRR.

Successivamente con l’emanazione del DL 9.6.2021 n.80, titolato   “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.” Era messa mano proprio all’obiettivo della professionalizzazione della Pubblica Amministrazione.

A differenza del precedente DL 44/2021, questa volta lo spunto all’efficienza non veniva dall’emergenza pandemica, ma dal piano nazionale PNRR che per essere attuato abbisogna di risorse oggetto di particolare selezione, destinate quindi ad inserirsi una volta compiuta la missione assegnata, nell’organico della pubblica amministrazione, in un ambito apicale destinato a prendere corpo per dar vita ad una classe di pubblici dipendenti non dirigenti, ma ad alta qualificazione.

Il provvedimento avviava numerosi interventi in materia di assunzioni innovando in tema di contratti di formazione e lavoro, apprendistato, rilievo nelle procedure assuntive del dottorato di ricerca, assunzioni specifiche di personale ad elevata specializzazione.

Ma, per quanto qui d’interesse, importanti interventi riguardano l’inquadramento del personale pubblico e le progressioni di carriera con significative modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001.

Erano infatti codificate nell’ambito dell’articolo 52 del DLGS 165/2001 (inquadramento e mansioni) le aree di inquadramento del personale che ammontano a tre, oltre ad una quarta area da definirsi per il tramite della contrattazione collettiva e che riguarderà il personale ad alta professionalità non dirigente, quello che potrebbe intendersi un’area quadri.

  1. Nella contrattazione collettiva.

La contrattazione collettiva della Amministrazioni Centrali faceva propri questi principi.

Quivi, l’articolo 13 articolava l’inquadramento del personale in quattro aree, riservando la quarta area alle elevate professionalità.

Il successivo allegato A conteneva la definizione professionale (declaratoria) dell’area delle Elevate Professionalità.

Al successivo articolo 15 (Posizioni organizzative e professionali) era previsto come nell’ambito dell’area dei funzionari potevano essere conferiti incarichi di natura organizzativa e professionale che, pur rientrando nell’ambito delle funzioni di appartenenza, richiedessero lo svolgimento di compiti di maggiore responsabilità e professionalità, anche implicanti iscrizione ad albi professionali, per i quali è attribuita una specifica indennità di posizione organizzativa.

Il successivo articolo 16 (Incarichi al personale dell’area EP) prevedeva invece l’attribuzione generale di specifici incarichi al personale dell’area EP ad elevato contenuto professionale ed autonomia decisionale con durata minima di un anno e massima di tre anni.

Con il nuovo CCNL 2022/2024 è introdotto l’articolo 17 che modifica ed espressamente abroga il predetto articolo 15 innovando taluni punti in tema di posizioni organizzative da conferire agli appartenenti all’area dei funzionari.

Sparisce invece nel testo redatto dall’ARAN e definito “Ipotesi di Contratto Collettivo di Lavoro del Comparto Funzioni Centrali Triennio 2022 – 2024 il testo del menzionato articolo 16 (Incarichi al personale dell’area EP) contratto collettivo 2019 – 2021.

Ci si chiede a questo punto, se si tratti di un semplice problema di redazione e coordinamento del nuovo contratto o se, invece, l’articolo 16 sia stato tacitamente abrogato, riconducendo così l’area delle Elevate Professionalità al regime delle Posizioni Organizzative di cui al nuovo articolo 17.

  1. Nella legge di bilancio 2025.

Sul punto si impone qualche riflessione volta a chiarire i dubbi in merito ad un eventuale “depotenziamento” all’introduzione dell’area delle Elevate Professionalità.

In tema, la legge di bilancio per il 2025 che impone un limite al turn over pari al 75% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente, oltre alla possibilità di trattenimento in servizio del personale che lo richieda sino al settantesimo anno di età, inducono a ritenere compromessa l’immissione di giovani generazioni nella pubblica amministrazione e l’assunzione di personale da inserire nell’area delle elevate professionalità (EP).

Per reperire in tale ambito le risorse al fine di implementare l’area delle Elevate Professionalità, sarebbe opportuna la riduzione di una parte delle posizioni dei posti vacanti dei dirigenti di seconda fascia, indirizzando così le risorse reperite verso l’area delle elevate professionalità. In tal modo, per ogni dirigente in meno, si potrebbero assumere due super esperti da inserire nella quarta area.

Inoltre tale misura contenuta nella legge di bilancio 2025 e relativa alla capacità assunzionale viene ad interferire sulla programmazione delle assunzioni in corso (PIAO) stante anche l’assenza di un diritto transitorio.

La norma non presenta collegamento alcuno con la programmazione del personale ed inoltre numerosi concorsi indetti nel 2024 sono destinati a concludersi nel 2025. In tal senso andrebbe comunque adottata una disciplina transitoria.

Fabio Petracci

Legge di bilancio 2025: luci ed ombre oltre che zone grigie.

Il DDL è entrato in Commissione Bilancio alla Camera.

Come CIU UNIONQUADRI, data anche la vastità del provvedimento, toccheremo quegli aspetti che involgono l’interesse dei lavoratori intesi in primo luogo come quadri, alte professionalità e ceto medio.

  1. Taglio del cuneo fiscale

Toccheremo in primo luogo la misura fiscale di carattere generale che riguarda il taglio del cuneo fiscale.

Notiamo con favore che essa è destinata a trasformarsi in misura strutturale.

Essa ora è stata estesa ai redditi sino ai 40.000 euro , ma con delle percentuali destinate a calare in funzione dei redditi superiori.

Compatibilmente con l’andamento dei conti pubblici ed altre forme di risparmio, vediamo con favore ogni estensione di questa misura.

Diventa strutturale anche l’accorpamento su tre scaglioni delle aliquote IRPEF.

Quivi è prevista una tassazione pari al 23% fino a 28.000 euro, 28.000-50.000 euro 35%, oltre 50.000 euro siamo al 43%.

La riduzione al 43% per i redditi medio alti è compensata dall’esclusioni di questi redditi da talune detrazioni.

Quindi, diviene strutturale l’accorpamento su tre scaglioni come elemento non trascurabile di semplificazione con pochi altri mutamenti di nostro interesse.

Altre misure riguardano ulteriori strette sulle detrazioni per chi supera i 75 mila euro destinate ad attenuarsi secondo il numero di figli.

In sostanza favorevoli al mantenimento strutturale della misura, auspichiamo ogni ulteriore misura atta ad attenuare la pressione fiscale sul ceto medio, senza naturalmente penalizzare le categorie più basse.

Riteniamo inoltre che provvedimenti di riduzione fiscale (detrazioni) dovrebbero riguardare non solo le famiglie in relazione al numero dei figli, ma anche i genitori anche singoli monoreddito con figli a carico (a prescindere dal numero degli stessi).

  1. Misure concernenti le retribuzioni.

E’ prorogata la riduzione al 5% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili di impresa.

La misura viene valutata positivamente.

Sulla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa ed alla gestione di quest’ultima, auspichiamo più coraggiosi interventi.

Facilitazioni in forma di benefits riguardano i neo assunti con un reddito non superiore a 35.000 euro  dal 1 gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 che debbano affrontare trasferimenti superiori ai 100 chilometri con detassazione delle somme pagate a titolo di locazione per un massimo di 5.000 euro annui.

La misura potrebbe garantire un minimo di sostegno alle professionalità interessate anche per loro natura. alla mobilità.

Altre riduzioni seppure in maniera ridotta riguardano la tassazione di benefits per consumi domestici di altri lavoratori.

Si auspica che la misura concernente i neo assunti nell’anno in corso sia destinata a stabilizzarsi sino a ricomprendere tutti i lavoratori interessati a fenomeni di mobilità professionale.

Sul punto, valutiamo positivamente ogni forma di riduzione fiscale sui compensi destinati a premiare la professionalità ed il raggiungimento di obiettivi.

In merito al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale, ricordiamo come l’articolo 45 della Costituzione stabilisca il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale.

Ricordiamo come l’articolo 4 della legge 92/2012 conteneva una delega per il governo a realizzare un tanto. La delega in realtà decadde per il mancato intervento del Governo.

Auspichiamo altresì che la misura concernente la defiscalizzazione dei benefits destinati ai trasferimenti dei giovani neo assunti possa assumere un carattere più generale idoneo a tutelare le professionalità medio alte che spesso debbono seguire anche in ambito nazionale le domanda della loro prestazione, nonché le categorie dei lavoratori delle aziende in crisi nel riposizionamento per la ricerca di un nuovo lavoro.

  1. Tutela della maternità.

Ulteriori misure vanno ad aggiungersi a quelle di sostegno alle famiglie con figli minori rafforzando la disciplina in materia di congedi parentali elevando all’80% l’indennità durante il congedo di maternità entro il sesto anno del bambino.

E’ prospettata anche la decontribuzione per le lavoratrici madri in termini che saranno definiti dal Ministero per il Lavoro.

E’ riconosciuto per incentivare la natalità un bonus pari a 1000 euro per ogni figlio nato.

Sul punto, riteniamo la generale bontà di queste misure, ma anche nell’interesse delle donne destinate a percorrere obiettivi di carriera, auspichiamo il miglioramento di asili e scuole con agevolazioni anche di orario.

Come sindacato delle professionalità medio alte, riteniamo come debba essere data anche alle donne madri la possibilità in luogo di assentarsi, di continuare il loro percorso lavorativo, incentivando anche con il sistema della leva fiscale soluzioni in grado di facilitare il ricorso a scuole ed asili anche con orario prolungato ed il ricorso a personale domestico di sostegno.

  1. Le misure che riguardano il pubblico impiego.

La manovra torna ad introdurre un limite al turn over nella pubblica amministrazione pari al 75% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Esprimiamo forti perplessità sul punto, stante l’età avanzata del personale della pubblica amministrazione, l’avviamento del PNRR e l’introduzione della quarta area EP che dovrebbe trovare alimentazione anche con nuove risorse.

Riorganizzazione dell’INPS.

Solleva interrogativi anche la misura di riorganizzazione dell’INPS con l’istituzione di nuove figure dirigenziali di livello generale, di fronte alla necessità di rafforzare il middle management anche mediante significativi poteri.

Incentivo al mantenimento in servizio.

E’ prevista la possibilità per i lavoratori in possesso dei requisiti per l’accesso a Quota 103 ( 62 anni di età e 41 di contributi) di optare per rimanere in servizio sino ai 70 anni di età, ricevendo in busta paga una quota dei contributi.

Contestualmente, è altresì previsto che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi del trattenimento volontario in servizio di personale dipendente per attività di tutoraggio ed affiancamento ai neo assunti.

Sul punto si nota positivamente come debba essere affermata il principio di una libera scelta, una volta verificatisi i presupposti del pensionamento, in merito alla prosecuzione del servizio.

A maggior ragione anche nell’interesse della formazione delle elevate professionalità può giovare l’attività di affiancamento e tutoraggio.

E’ inoltre abrogata la norma che consente alle pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente il contratto di lavoro con un preavviso di sei mesi, , a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento.

Perplessità sul punto possono essere indotte da un ridotto ricambio generazionale soprattutto nell’area delle elevate professionalità (in particolare area EP) dove la riduzione del turn over al 75% e l’esiguità delle risorse possono addirittura paralizzare l’accesso dei giovani laureati e dei dipendenti meritevoli all’area apicale.

Sui punti che riguardano il Pubblico Impiego, il nostro sindacato non può non guardare che con favore quelle misure che consentono al lavoratore la libertà nel determinare il momento di cessazione del rapporto di lavoro.

Ancor più favorevolmente è da noi vista la possibilità di trattenimento volontario in servizio per attività di tutoraggio ed accompagnamento dei nuovi assunti.

Resta irrisolto il problema di voler conciliare questa normativa con la riduzione del turn over al 75% delle risorse.

La riduzione del turn over acuisce il proprio effetto con il trattenimento in servizio di una parte del personale.

Temiamo in questo modo, possa essere compromessa l’immissione di giovani generazioni nella pubblica amministrazione e l’assunzione di personale da inserire nell’area delle elevate professionalità (EP).

Suggeriremo una qualche modifica specifica sul punto alla previsione che limita al 75% il turn over nella pubblica amministrazione, in riferimento al personale adibito a funzioni di tutoraggio e di accompagnamento.

L’audizione di CIU UNIONQUADRI da parte del Governo per valutare la legge di bilancio 2025.

Ieri a Palazzo Chigi il governo ha illustrato alle organizzazioni sindacali il testo della Legge di Bilancio 2025 che a breve sarà presentato al parlamento.

Era presente all’incontro pure una delegazione di CIU UNIONQUADRI che è intervenuta principalmente sui temi d’interesse della categoria dei quadri e conseguentemente del ceto medio.

In merito alle misure fiscali, CIU UNIONQUADRI si è dichiarata favorevole alla trasformazione in misura strutturale della normativa a termine attinente il taglio del cuneo fiscale, auspicando l’estensione della misura anche ai redditi superiori ai 40.000 euro ricomprendendovi la generalità dei redditi del ceto medio e di quelli generati dall’attività dei quadri.

Analoghe considerazioni sono state svolte per quanto attiene l’accorpamento delle aliquote IRPEF e le detrazioni fiscali.

Per quanto riguarda gli interventi fiscali sulle retribuzioni, CIU UNIONQUADRI ha valutato positivamente la riduzione al 5% dei prelievi fiscali sui compensi destinati a premiare la professionalità ed il raggiungimento di obiettivi, nonché la partecipazione agli utili di impresa, auspicando un trattamento sempre più favorevole per questi compensi.

In merito alla partecipazione dei lavoratori non solo agli utili delle imprese, ma anche alla loro gestione, CIU UNIOQUADRI ha aperto una parentesi nel dibattito, rilevando come la nostra Costituzione 46 preveda il principio della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa e come di seguito l’articolo 4 della legge 92/2012 contenesse una delega a realizzare un tanto, delega decaduta per il mancato intervento dei governi dell’epoca.

Sul punto, il governo ha assicurato essere in corso la valutazione di un progetto di legge presentato in parlamento.

In merito alla defiscalizzazione per i neo assunti con reddito non superiore a 35.000 euro dal primo gennaio 2025 al 31 gennaio 2025 delle spese inerenti i trasferimenti superiori ai 100 chilometri, CIU UNIONQUADRI nel sottolineare la positività dell’intervento di legge ha auspicato che la misura concernente i neo assunti nell’anno in corso sia destinata a stabilizzarsi sino a ricomprendere tutti i lavoratori interessati a fenomeni di mobilità professionale.

Ha altresì auspicato CIU UNIONQUADRI che la misura concernente la defiscalizzazione dei benefits destinati ai trasferimenti dei giovani neo assunti possa assumere un carattere più generale idoneo a tutelare le professionalità medio alte che spesso debbono seguire anche in ambito nazionale le domanda della loro prestazione, nonché le categorie dei lavoratori delle aziende in crisi nel riposizionamento per la ricerca di un nuovo lavoro.

Sono state esaminate quindi le novità concernenti i trattamenti di maternità, dove è stata elevata all’80% l’indennità durante il congedo entro il sesto anno del bambino, assieme ad ulteriori misure di decontribuzione a favore delle lavoratrici madri.

CIU UNIONQUADRI ha rilevato la bontà della misura, anche tenendo conto delle donne che non intendono fruire del beneficio, intendendo continuare a lavorare, ha richiesto l’adozione di misure atte a favorire anche l’utilizzazione di scuole ed asili, agevolando le madri impegnate nel lavoro.

CIU UNIONQUADRI come misura di reale eguaglianza tra i sessi atta a permettere anche alle donne quadro di completare il percorso lavorativo intrapreso, ha invitato il governo a favorire con idonee misure le donne intenzionate ad affiancare e rendere compatibile la maternità con il lavoro.

In materia di pubblico impiego è stata oggetto di particolare attenzione da parte di CIU UNIONQUADRI il limite alle assunzioni contenute nel 75% del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.

Il sindacato CIU UNIONQUADRI ha notato come questa misura vada ad interferire con la prevista possibilità per i lavoratori aventi diritto alla pensione di trattenersi in servizio sino al settantesimo anno di età, anche svolgendo attività di tutoraggio per i nuovi assunti, di fatto impedendo l’afflusso di nuove e qualificate energie nell’ambito della pubblica amministrazione.

Premesso di guardare con favore a misure che consentano l’accrescimento della professionalità e la libertà di prolungare la permanenza sul posto di lavoro, ha rilevato CIU UNIONQUADRI come queste misure nel loro insieme possano limitare il rinnovamento nell’ambito della pubblica amministrazione, impedendo tra l’altro l’immissione di nuove professionalità e di esperti nell’ambito dell’area EP – Elevate professionalità di nuova creazione.

Sul punto è stata suggerita al governo una rimodulazione della norma volta ad attenuare le conseguenze paventate.

In conclusione, CIU UNIONQUADRI, rilevando dei segnali positivi nella legge di bilancio 2025 chiede in primo luogo lo sviluppo di ulteriori misure atte a sorreggere la professionalità e la premialità nella logica di un adeguato sostegno alla classe media. Nel contempo auspica un’attenta revisione della limitazione parziale del turn over nel pubblico impiego, l’attuazione di politiche atte a favorire la creazione di una fascia intermedia di lavoratori pubblici con una propria caratterizzazione, nonché il rinnovamento e l’avanzamento tecnologico della pubblica amministrazione medesima.

Alte professionalità

La mancanza nella PA di un corpo intermedio tra dirigenza e personale non dirigente. Un problema non solo sindacale, ma anche organizzativo.

Un interessante e recente articolo del dottor Naddeo titolato – Capitale umano, CCNL, corso-concorso, dirigenti, Elevate professionalità, giovani, giovani laureati, Ministeri, PA, Pubblica amministrazione – tratto dal Blog di Antonio Naddeo – mira a conferire effettiva e pratica attuazione alla normativa concernente l’inquadramento nelle pubbliche amministrazioni di cui al decreto legge 9.6.2021 n.80 che in particolare creando lo spazio per l’area contrattuale EP (elevate professionalità) ha cercato di rivalutare le professionalità medio alte troppo spesso schiacciate tra il ruolo preminente della dirigenza e quello generale delle altre categorie non dirigenziali valorizzando inoltre in funzione della professionalità acquisita la dinamica di progressione tra le diverse aree.

L’autore suggerisce una serie di accorgimenti per valorizzare l’Area delle Alte Professionalità.

In chiave che potremmo definire “negativa” o meglio “restrittiva” egli mira ad evitare che questa posizione lavorativa diventi un’ulteriore area che si aggiunge a quelle già previste, dove prima o poi ci arrivano tutti. L’obiettivo è invece di fare dell’elevata professionalità non solo un traguardo di carriera, ma soprattutto un punto di partenza per aspiranti dirigenti.

E così affrontato il tema della selezione ipotizzando l’istituzione di un corso – concorso annuale della SNA, simile a quello adottato per i dirigenti, fermo restando il 50% dei posti riservato alle selezioni dei funzionari interni in possesso del titolo di studio.

Ai fini di finanziare adeguatamente tale posizione, il Presidente dell’ARAN suggerisce di operare una riduzione delle troppe posizioni dirigenziali presenti soprattutto nei ministeri frutto di una crescita continua nel tempo del numero delle posizioni dirigenziali senza una reale necessità organizzativa, accrescendo così il numero e la retribuzione dell’area intermedia.

Ritiene così l’autore che il trattamento economico dei una EP – Elevata Professionalità potrebbe arrivare a 70.000 euro e quindi, con la soppressione di un posto da dirigente si potrebbero finanziare due posizioni di Elevata Professionalità, ricostruendo così un ordinamento con una struttura piramidale.

Allargando il campo di indagine e di azione.

Le considerazioni cui perviene l’autore sono ampiamente condivisibili ed ispirate da una precisa analisi dell’attuale situazione della Pubblica Amministrazione in relazione all’inquadramento ed alla valorizzazione delle professionalità.

Ciò non toglie che CIU UNIONQUADRI – sindacato dei quadri intermedi che ha avviato numerosissime azioni sul piano sindacale, politico e giudiziario per l’introduzione o meglio forse il riconoscimento dei quadri nell’ambito del Pubblico Impiego, abbia qualcosa da puntualizzare e da aggiungere.

L’obiettivo del sindacato dei quadri è sempre stato quello della costituzione di un’area professionale intermedia nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato collocata tra la dirigenza e l’area definita non dirigenziale, non solo come risposta ad una legittima aspettativa di molti pubblici dipendenti, ma come adeguamento alle esigenze di buon funzionamento della pubblica amministrazione.

L’obiettivo principale e diretto era quello di veder applicato anche nell’ambito del pubblico impiego, dopo le riforme a cavallo tra gli anni 90 e 2000, l’articolo 2095 del codice civile che vede i prestatori di lavoro suddivisi in operai, impiegati, quadri, dirigenti.

La Corte di Cassazione invece, riteneva, stante la specialità della disciplina del pubblico impiego, non applicabile al pubblico impiego l’articolo 2095 del codice civile laddove prevede l’esistenza della categoria dei quadri accanto a quelle dei dirigenti, degli impiegati e degli operai, in nome della specialità del pubblico impiego anche dopo l’avvenuta contrattualizzazione.

Detta specificità trovava effettivamente qualche riscontro nell’allora articolo 40 del DLGS 165/2001 che prevedeva sino all’entrata in vigore del DLGS 150/2009 che per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi o compiti scientifici dovevano essere stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto.

Anche questo sottile barlume di specificità professionale era limitato con l’entrata in vigore del DLGS 150/2009,  la norma di cui all’articolo 40, era modificata dall’articolo 54 del decreto nei seguenti termini: Nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità.

Era quindi eliminata la possibilità di costituire un’apposita area dei quadri e ciò anche in ragione della netta opposizione delle confederazioni sindacali generaliste.

Già nel 2002 con la legge 145 (Frattini) era stata introdotta la Vice Dirigenza.

La legge che dapprima non trovava pratica attuazione da parte della contrattazione collettiva, stante la forte opposizione in particolare di alcune sigle sindacali confederali, era definitivamente abrogata.

La mancata attuazione di un’area quadri nell’ambito dell’impiego pubblico non si limitava a vanificare le istanze delle alte professionalità, ma causava e rivelava criticità nell’ambito del funzionamento della pubblica amministrazione.

L’esigenza di un’area intermedia e vicaria si manifestava infatti, allorquando con sentenza del 25 febbraio 2015, la Corte Costituzionale censurava le Agenzie Fiscali che nella mancanza di quadri intermedi in grado di coprire determinate posizioni, aveva attribuito incarichi dirigenziali a propri funzionari per assicurare la funzionalità delle misure di contrasto all’evasione.

La mancanza di un adeguato riconoscimento della categoria dei quadri era a suo tempo notato (siamo nel 1994) dal noto sociologo Aris Accornero che scriveva:

Il riconoscimento giuridico dei quadri non ha risolto i problemi dei quadri e tre sono le ragioni:

mancanza di una organizzazione rappresentativa;

gli imprenditori non vedono di buon occhio l’emergere della categoria;

poca considerazione da parte dei sindacati tradizionali; “

Nel mese di aprile, in piena pandemia, il Comitato Colao, era presentato dall’allora Presidente del Consiglio come un gruppo di esperti con il compito di ripensare i radicati modelli organizzativi sociali e di vita economica per la ripartenza del paese.

Per questo il Piano invocava una rapida trasformazione della nostra Pubblica Amministrazione verso l’auspicata efficienza e modernizzazione.

Si voleva così attuare un’attenta gestione e valutazione delle politiche attuate con fondi europei e rafforzare la cyber difesa.

Per raggiungere questi obiettivi, Il piano reputava fondamentale la costituzione ed il rafforzamento di un middle – management pubblico.

Nello specifico auspicava come le diverse amministrazioni avrebbero dovuto identificare le figure del middle management più suscettibili di beneficiare di interventi formativi di tipo manageriale.

Il piano considerava come il «middle-management» soprattutto nel settore pubblico fosse lo snodo chiave perché iniziative di modernizzazione e digitalizzazione abbiano successo. Alle competenze tecniche dei dipendenti si devono affiancare competenze manageriali diffuse.

Il «middle management» era ribadito, poteva così divenire un acceleratore dell’innovazione invece che costituire, come da molti temuto, un freno insuperabile sui processi rispetto alle competenze esterne.

Rilevava il Comitato come già esistessero quadri intermedi validi e facilmente professionalizzabili con interventi formativi, ma spesso ignorati e non premiati.

Di seguito, anche la necessità di attuare il PNRR metteva in luce la mancanza di risorse professionali qualificate non dirigenziali nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Il Sole 24 Ore in un articolo del 26 novembre 2023, evidenziava il problema relativo alla mancanza di figure professionali adeguate alla gestione di progetti complessi come quelli previsti dal piano, sottolineando come questo – unito all’aumento del costo delle opere – sia un fattore di rischio per la buona riuscita degli interventi.

Le esigenze appena sottolineate erano fatte proprie dal legislatore il quale con il decreto legge 9.6.2021 n.80 introduceva importanti modifiche all’articolo 52 del DLGS 165/2001 riguardante l’inquadramento del personale.

Era quivi stabilito come i dipendenti pubblici, ad esclusione dei dirigenti e del personale della scuola, debba essere inquadrato in almeno 3 distinte aree funzionali con l’aggiunta, come vedremo, di una quarta area per le elevate professionalità.

Vengono così introdotti dei principi di legge sul tema specifico dell’inquadramento del personale.

Fermi questi principi, la norma stessa delega la contrattazione collettiva ad un individuare un’ulteriore aerea per inquadrarvi il personale ad elevata qualificazione.

Quindi ad evitare, come spesso accade, un generale trascinamento verso l’alto, la norma stabilisce come la contrattazione collettiva a venire per il periodo 2020 – 2021 potrà effettuare nuovi inquadramenti per il tramite di tabelle di corrispondenza, ad esclusione dell’area per le elevate professionalità.

Segue sul punto la contrattazione collettiva nel caso di specie quella del Comparto delle Amministrazioni Centrali.

Nel tradurre le disposizioni di legge appena indicate, essa individua la suddivisione del personale non dirigente in numero quattro aree di inquadramento.

Esso stabilisce in primo luogo l’inquadramento in quattro aree professionali per il personale non dirigente.

La titolazione delle aree è mutata nelle seguenti:

Area degli operatori;

Area degli assistenti;

Area dei funzionari;

Area delle elevate professionalità.

Il medesimo contratto delle Amministrazioni Centrali prevede che al fine di valorizzare le figure professionali del funzionari, le amministrazioni possano conferire agli stessi degli incarichi a termine di natura organizzativa o professionale compensati con apposita indennità.

Per quanto invece riguarda il personale che sarà inquadrato nell’area EP (Elevate Professionalità) il conferimento di incarichi è stabilito dalla contrattazione come obbligatorio (similmente a quanto accade per i dirigenti).

Alla luce di un siffatto e compiuto impianto normativo, forse possono apparire eccessive le preoccupazioni che traspaiono dal breve articolo del Presidente dell’ARAN con il quale abbiamo introdotto questo scritto.

In realtà traspare la preoccupazione che è anche la nostra che, senza un adeguata interlocuzione della categoria dei quadri anche come soggetti contrattuali, la loro specificità in ambito lavorativo, tarderà a manifestarsi ed a conservarsi.

Fabio Petracci