Cosa sono gli ERIC
Gli ERIC (European Research Infrastructures
Consortium) sono consorzi di diritto europeo costituiti, su iniziativa delle
comunità scientifiche, da un gruppo di Paesi e per decisione della Commissione Europea. Gli ERIC costituiscono quindi una rete basata
sulla collaborazione e integrazione del tessuto della ricerca in entità uniche,
competitive, per qualità e dimensioni, a livello internazionale che permettono
di mobilitare grandi risorse con la massima elasticità. Gli ERIC tendono a fare
dell’Europa scientifica una nazione integrata collegando università, cliniche e
centri di ricerca. Una prova delle capacità di risposta degli ERIC a situazioni
estese e complesse come l’epidemia COVID19 si può vedere nell’iniziativa di
CERIC-ERIC (Central European Research Infrastructure Consortium – basato
nell’Area di Ricerca di Trieste) di aprire una via d’accesso rapida alle
infrastrutture consortili per chi necessita di analisi su materiali utili a
combattere il virus. A questa iniziativa sono seguite quelle della maggior
parte degli altri ERIC.
Attualmente sono operativi o in fase di
costituzione 25 ERIC di cui 6 nell’area
biomedica, 8 in quella ambientale, 6 dedicati alle scienze umane e sociali; 3
per la fisica, ingegneria e per lo studio di materiali avanzati[1]
Le
sedi legali degli ERIC sono ubicate in 10 paesi e nel prossimo futuro è
prevedibile un aumento degli Stati membri e dei paesi associati che ospiteranno
un ERIC. Agli ERIC possono aderire paesi extra UE (es. Israele, Norvegia,
Svizzera).
Gli ERIC di tutta Europa hanno dato vita
al Forum ERIC per rafforzare il coordinamento e la collaborazione all’interno
della loro comunità.
L’Italia è protagonista nello sviluppo degli ERIC, è
infatti presente nella maggior parte degli ERIC e ospita la sede istituzionale di
alcuni di essi.[2]
Le
normative sugli ERIC
Gli ERIC
sono regolati da due Regolamenti Europei: il n° 723/2009 modificato dal n° 1261/2013.
[3]
Gli articoli rilevanti per quanto riguarda le problematiche delle Risorse Umane sono, all’interno del citato Regolamento, l’art. 10 che stabilisce “Lo statuto deve contenere….. la politica in materia di occupazione, comprese le pari opportunità” e l’Art.15 che fissa la gerarchia delle norme che regolano la costituzione e il funzionamento degli ERIC: il diritto comunitario in materia, la legge dello Stato in cui l’ERIC ha la sua sede legale per le questioni che non sono disciplinate (o lo sono parzialmente) da norme comunitarie; lo statuto dell’ERIC e le relative norme di attuazione.
Caratteristiche
giuridiche dell’ERIC
Ai
sensi del regolamento ERIC, un ERIC è un soggetto giuridico dotato di
personalità giuridica e piena capacità di agire riconosciuto in tutti gli Stati
membri. Esso deve essere costituito da almeno tre Stati: uno Stato membro e
altri due paesi, che possono essere Stati membri o paesi associati. Possono
farne parte Stati membri, paesi associati, paesi terzi diversi dai paesi
associati e organizzazioni intergovernative, che contribuiscono congiuntamente
alla realizzazione degli obiettivi dell’ERIC.
Come già accennato, il diritto applicabile è il diritto
dell’Unione e il diritto dello Stato della sede legale o della sede operativa
per quanto riguarda talune questioni amministrative, tecniche e di sicurezza.
Lo statuto e le sue disposizioni di attuazione devono essere conformi al
diritto applicabile.
L’ERIC è considerato un organismo o un’organizzazione
internazionale ai sensi delle direttive sull’IVA e sulle accise e può pertanto
beneficiare delle relative esenzioni. Essendo inoltre considerato
un’organizzazione internazionale ai sensi della direttiva sugli appalti
pubblici, l’ERIC può adottare regole proprie in materia di appalti.
Gli
ERIC non hanno scopo di lucro, ma posso svolgere alcune limitate attività di
carattere economico strettamente connesse alla sua funzione
principale
La struttura di governance dell’ERIC è flessibile e consente di
definire nello statuto i rispettivi diritti ed obblighi, gli organi e le
relative competenze e altre disposizioni interne.
Il regolamento ERIC è direttamente applicabile negli Stati membri,
e gli Stati membri devono adottare
misure amministrative adeguate per ospitare un ERIC o aderirvi, e garantire
l’esenzione dall’IVA e dalle accise a norma del regolamento ERIC. Inoltre,
essendo un nuovo tipo di soggetto giuridico, l’ERIC deve essere assimilato nei
regimi normativi e amministrativi nazionali, questo ha sollevato diverse
questioni pratiche che riguardano, ad esempio, un registro europeo e il
collegamento con i registri nazionali (come camere di commercio o registri di
associazioni) nei quali inserire gli ERIC, con le relative conseguenze per lo
status del personale.
I
Consorzi sono entità private con un fine “pubblico” in quanto destinate a
preservare l’eccellenza scientifica comunitaria; possiedono poi diversi
caratteri tipici di enti di diritto internazionale. Nella realtà pratica, non essendo prevista, nelle
legislazioni nazionali, una categoria speciale per gli ERIC in quanto soggetto
giuridico, restano interrogativi in merito al loro carattere pubblico o
privato; questione che ha ovvi riflessi sulla gestione delle Risorse Umane.
La
Carta Europea dei Ricercatori
Prima di proseguire nell’esame degli ERIC sotto il
profilo delle Risorse Umane, occorre fare un cenno alla Raccomandazione della Commissione
Europea dell’11 marzo 2005 riguardante
la “Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l’assunzione dei
ricercatori”[4].
Questo documento individua i “ricercatori” secondo la definizione del “Manuale
di Frascati” e cioè: «Professionisti
impegnati nella concezione o nella creazione di nuove conoscenze, prodotti,
processi, metodi e sistemi nuovi e nella gestione dei progetti interessati” La Raccomandazione riguarda chi svolge
qualsiasi attività professionale nella R&S, sia nel campo della «ricerca di
base», della «ricerca strategica», della «ricerca applicata», dello sviluppo
sperimentale e del «trasferimento delle conoscenze». Sono comprese
l’innovazione e le attività di consulenza, supervisione e insegnamento, la
gestione delle conoscenze e dei diritti di proprietà intellettuale, la
valorizzazione dei risultati della ricerca o il giornalismo scientifico.
Particolarmente
interessante è il riconoscimento del “Valore della mobilità”: “I datori di
lavoro e/o i finanziatori devono riconoscere il valore della mobilità
geografica, intersettoriale, inter/trans-disciplinare e virtuale nonché della
mobilità tra il settore pubblico e privato, come strumento fondamentale di
rafforzamento delle conoscenze scientifiche e di sviluppo professionale in
tutte le fasi della carriera di un ricercatore. Dovrebbero pertanto integrare
queste opzioni nell’apposita strategia di sviluppo professionale e valutare e
riconoscere pienamente tutte le esperienze di mobilità nell’ambito del sistema
di valutazione/avanzamento della carriera.”
Le
Risorse Umane degli ERIC
Nei
prossimi dieci anni si prevede che il numero di ERIC raggiunga le 50 unità. In
questa fase iniziale, gli ERIC impiegano direttamente oltre 500 persone (il
principale datore di lavoro è l’ESS-ERIC basato in Svezia) ma questo numero
potrebbe presto salire ben oltre i 1.000 con i Consorzi in cui lo staff di R
& S è previsto essere assunto direttamente. Questo numero può salire a
circa 10.000 unità nei prossimi 10 anni se le condizioni di lavoro saranno
allettanti in termini di mobilità e salari all’interno dell’area di ricerca
dell’UE.
La fase
di avviamento della maggior parte degli ERIC è ancora basata su personale di R
& S distaccato (principalmente part-time) dai paesi partecipanti attraverso
le loro istituzioni di ricerca: il numero di questo personale è stimato essere
superiore al migliaio, ma è già visibile la tendenza verso l’occupazione
diretta, funzionale a una maggior
efficienza operativa.
Gli
Statuti degli ERIC – Politiche sulle Risorse Umane
Dalla
lettura degli statuti dei vari ERIC [5]1
emerge che, nella maggioranza dei casi, alla politica per il Personale è dedicato solo un generico richiamo al
principio di “pari opportunità” e qualcuno accenna a criteri di “trasparenza e
pubblicità” nelle procedure di selezione del personale. Spesso si rimanda per i
dettagli alle regolamentazioni interne.
Troviamo però alcuni esempi di più ampia articolazione delle politiche in materia di occupazione.
Il primo
è lo statuto di DARIAH (Digital Research Infrastructure for the Arts and
Humanities), che
articola ampiamente la politica in materia di occupazione. Nell’Art. 28 oltre al
doveroso richiamo alla. “politica di pari opportunità”, e a una serie di principi per definire le
responsabilità e garantire la trasparenza nei processi di selezione e reclutamento,
sono fissati due principi interessanti sotto il profilo della mobilità: la
“non discriminazione fra il personale impiegato direttamente e il
personale distaccato” e l’attribuzione dei contratti di lavoro alla normativa
nazionale del paese nel cui territorio è impiegato il personale.
Il secondo è quello di SHARE (Survey of Health, Ageing and Retirement in
Europe) il cui statuto non solo
richiama le pari opportunità e l’attribuzione dei contratti alle norme
nazionali, ma accenna anche a come agevolare la mobilità con queste parole: “Fatti salvi
i requisiti della legislazione nazionale, ciascuna Parte contraente deve,
all’interno della propria giurisdizione, facilitare la circolazione e la
residenza dei cittadini dei paesi della Parte contraente coinvolti nei compiti
dell’ERIC-SHARE e dei familiari di tali cittadini”
Qualche indicazione sulle responsabilità
in materia di occupazione è contenuta nello statuto di LIFEWATCH-ERIC.
Problematiche nella gestione del
personale degli ERIC
Sinteticamente
tracciato il quadro normativo di riferimento, è ora il caso di soffermarsi sui
profili critici legati alla gestione delle risorse umane, riconducibili,
innanzitutto, alla forte mobilità che caratterizza il personale degli ERIC
(ricercatori, tecnici e amministrativi).
Problematiche
normative
Problematica
è, innanzitutto, la mancanza di uniformità tra le regole giuslavoristiche,
previdenziali, fiscali dei diversi paesi, senza dimenticare le norme
sull’immigrazione. Questa diversità crea una serie di ostacoli a quella
mobilità che, come detto, è fortemente richiamata dalla Carta dei Ricercatori
ed è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di ciascun ERIC.
Gli
ostacoli non sono in linea generale differenti da quelli che devono affrontare
aziende e lavoratori in mobilità internazionale e che si possono cosi sintetizzare
- Fisco: Non esiste una norma comune europea che uniformi il trattamento fiscale delle persone in mobilità all’interno dell’Unione, ma ogni paese ha stipulato un accordo del genere con tutti gli altri: il numero degli accordi esistenti è quindi nell’ordine di svariate centinaia. Per fortuna, per la parte che più direttamente ci interessa, la generalità di questi accordi prevede la non imponibilità (o la non acquisizione della “residenza fiscale”) dei redditi di persone che restino in un paese diverso dal proprio per meno di 183 gg. Oltre questo limite temporale, il reddito prodotto nel paese (retribuzioni, bonus ecc..) sarà tassabile secondo le regole interne al Paese stesso. Resta un problema di cumulabilità di tali redditi con quelli prodotti nel paese di origine. Il cittadino italiano, per esempio, non perde praticamente mai la residenza fiscale in Italia, a meno che non si liberi di ogni fonte di reddito o bene fiscalmente rilevante. Ne deriva che il lavoratore italiano che lavora in un Paese X, producendo un reddito regolarmente tassato, debba denunciare tale reddito in Italia; questo si cumulerà con le altre fonti (di reddito) e per evitare che il reddito prodotto all’estero sia sottoposto a doppia imposizione dovrà procurarsi una documentazione che attesti le imposte pagate nel Paese X,
- Previdenza obbligatoria: è uno dei pochi campi in materia di lavoro dove esistono regolamenti europei (fin dagli anni 70 del ‘900):il n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1), e il N. 000/2009 settembre 2009 (GU L 284 del 30.10.2009, pag. 1) che stabilisce le modalità di applicazione del precedente. 883/2004 [6]. In estrema sintesi la normativa prevede:
- – un lavoratore distaccato da un paese all’altro dell’Unione rimane soggetto alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata.
- – Oltre il limite dei ventiquattro mesi il lavoratore sarà sottoposto alle regole previdenziali del paese di distacco.
– al termine dell’attività lavorativa la pensione
del lavoratore sarà calcolata con il criterio della “totalizzazione dei
periodi” così definita dalla
Circolare INPS
88/2010:“I periodi di assicurazione, di
attività subordinata, di attività autonoma o di residenza maturati sotto la
legislazione di uno Stato membro si aggiungono a quelli maturati sotto la legislazione
di qualsiasi altro Stato membro, nella misura necessaria, ai fini
dell’applicazione dell’articolo 6, a condizione che tali periodi non si
sovrappongano.”
A
complicare le cose sono intervenute norme interne italiane (D.Lgs 2 febbraio
2006 n. 42 e la L. 24 dicembre 2007, n. 247 all’Art 1. 76 ) che hanno disposto,
nell’interpretazione della già citata circolare INPS 88/2010 che “i
periodi maturati all’estero in Paesi comunitari e in Paesi legati all’Italia da
convenzioni bilaterali di sicurezza sociale devono essere conteggiati, a
prescindere dal limite di 3 anni previsto dall’articolo 1, comma 76, lettera
a), della legge 24 dicembre 2007 n. 247, rispettando, invece, il periodo minimo
necessario per l’applicazione della normativa comunitaria (1 anno) o delle
singole convenzioni bilaterali”
Da
tutto quanto sopra si evince che la normativa in materia di previdenza
obbligatoria non agevola la mobilità dei lavoratori, soprattutto in una realtà
come quella degli ERIC dove la mobilità è naturalmente “spinta”.
- Previdenza
Complementare: In
questo campo non esiste una regolamentazione che uniformi i sistemi, ma la UE
ha previsto l’istituto dello IORP, un tipo di fondo pensione integrativo basato
in uno dei paesi dell’Unione e alimentabile
con contributi provenienti da tutti i paesi dell’EEA. Su iniziativa della Commissione
Europea è stato creato un Consorzio che ha recentemente fatto nascere il Fondo
pensione integrativo RESAVER destinato a tutti i lavoratori della ricerca. RESAVER
IORP è operativo in Italia dopo l’approvazione dell’autorità di vigilanza COVIP.
- Assistenza
sanitaria: i
regolamenti comunitari di sicurezza sociale n. 883/04 e 987/08 gli
assistiti dai diversi servizi sanitari possono usufruire dell’assistenza nei
paesi europei (e convenzionati) a condizione di possedere una attestazione
rilasciata dal servizio del paese di origine.
- normative
sull’immigrazione da paesi extra-UE:
le norme che prevedono un iter agevolato per la concessione di visti ed
ingressi ai ricercatori extra-comunitari valgono solo per i ricercatori in
senso stretto. Questo potrebbe creare problemi in caso di mobilità di personale
tecnico o amministrativo, eventualità possibile data la natura transnazionale
degli ERIC
Problematiche economiche: La mobilità dei lavoratori ha un
evidente impatto sui loro trattamenti economici, i principali punti critici
sono:
- mobilità tra paesi con grande
differenza negli standard e costo della vita e/o nei trattamenti fiscali e
previdenziali: è evidente che le differenze ora enunciate
comportano adeguamenti nel trattamento economico del personale in mobilità
tenendo conto delle differenze di costo vita e il disagio connesso alla nuova
sede.
- lavoro del coniuge/compagno/a: è chiaro il peso che la
rinuncia del compagno/a ad un lavoro retribuito (e magari anche gradito) ha
sulla disponibilità del lavoratore in mobilità,che deve trovare un tornaconto
economico o di prospettive di carriera
- scuole per i figli: la possibilità o
meno di garantire ai figli un’istruzione adeguata e in continuità/prospettiva
con quella nazionale è ugualmente importante
- sistemazione logistica: non diversamente da sopra, per
quanto riguarda la destinazione in una sede attrattiva o meno per clima,
livello di vita, sicurezza, facilità di spostamento.
- rientro alla sede di origine: èuna fase delicata della mobilità, che va programmata e gestita con
la massima attenzione, tenendo conto sia dello sviluppo di carriera che del
trattamento economico.
Problematiche
contrattuali
Non
esiste un Contratto Collettivo di Lavoro specifico per gli ERIC, come non
esiste al momento in Italia un Contratto Collettivo destinato al mondo della
ricerca “privata” (cioè quella che esula dalla categoria degli Enti Pubblici di
Ricerca). Troviamo così istituzioni che
applicano il CCNL Metalmeccanici, altre il CCNL Chimici/Farmaceutici o per il
settore Terziario; mentre le due Fondazioni basate in provincia di Trento
(Fondazione Bruno Kessler e Fondazione Edmund Mach) applicano un loro contratto provinciale, altre
ancora, come l’Istituto Italiano di Tecnologia
non applicano alcun contratto collettivo, ma si sono date un proprio
regolamento e, attenendosi a questo, regolano i rapporti con i dipendenti sulla
base di contratti individuali.
Soluzioni
gestionali e prospettive
In questo
momento, come abbiamo accennato nel punto precedente, non esistono contratti
collettivi o linee guida uniformi che regolino la gestione del personale degli
ERIC e ciascun consorzio opera indipendentemente dagli altri.
Il
rapporto di lavoro con i dipendenti diretti è regolato in Italia da contratti
individuali che richiamano i regolamenti interni di ciascun consorzio. Ci sono
state iniziative comuni ma non sono
andate oltre alcune indicazioni operative per affrontare le problematiche sopra
esaminate. In particolare è stato suggerito,
in assenza di norme coordinate a livello europeo, di utilizzare mobilità
brevi, che consentano di mantenere la situazione fiscale e previdenziale del
paese di origine e di non affrontare le
problematiche economiche legate a una presenza stabile in un altro paese.
Il
crescere del numero degli ERIC, oltre alla difficoltà, comune a tutte le
Istituzioni di di gestire il “lavoro di
ricerca” con contratti “industriali”, sta facendo emergere la necessità di un
inquadramento comune che regoli le risorse umane che operano in un ambito così
particolare e importante sia per la cultura che per l’economia del nostro Paese
e qualche segnale di crescente interesse per la redazione di un contratto
collettivo per la Ricerca “privata” si sta manifestando.
In realtà
i problemi normativi e gestionali che riguardano le risorse umane impiegate
negli ERIC necessiterebbero, per essere risolti, di un complesso di principi
comuni a livello comunitario che, se è troppo ottimistico immaginare come un “Contratto
Collettivo Europeo” (esistono esempi di accordi transnazionali siglati dalla
Confederazione Europea dei Sindacati ETUC e dalle sue articolazioni, ma
riguardano aziende multinazionali che regolano in modo comune specifiche
tematiche come la Formazione o la Sicurezza sul lavoro), potrebbero portare
almeno alla emanazione di linee guida comuni a tutti gli ERIC. Ma anche
un’eventuale “contratto” comune non sarebbe sufficiente a sviluppare l’enorme
potenziale di produzione scientifica degli ERIC nel loro complesso. Il “lavoro
di ricerca” per le sue dimensioni, per la specificità degli obiettivi e le
caratteristiche umane e culturali delle persone potrebbe essere un ottimo
terreno su cui sperimentare da parte dell’Unione regolamentazioni più omogenee,
che rendano reale un mercato comune e aperto del lavoro, abbattendo gli
ostacoli alla mobilità delle persone, senza suscitare troppe apprensioni e
sucettibilità sovraniste nei Paesi membri.
Al
momento, l’unico segnale positivo è quello dello IORP nel campo della
previdenza integrativa, che per il mondo della ricerca ha dato vita a
RESAVER-IORP che, sia pure tra molte difficoltà, sta operando e sviluppando in
molti paesi.
Purtroppo, non sembra che
l’Unione abbia compreso appieno la rilevanza strategica delle risorse umane per
il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi che si attendono dagli ERIC.
La “Seconda relazione
sull’applicazione del regolamento (CE) n. 723/2009 del Consiglio, del 25
giugno 2009, relativo al quadro giuridico comunitario applicabile ad un
consorzio per un’infrastruttura europea di ricerca (ERIC)” [7]del
6.7.2018 recita infatti: “Gli ERIC svolgono un ruolo
importante nella deframmentazione della ricerca europea, grazie alla creazione,
in modo armonizzato e strutturale, di infrastrutture di ricerca europee che
sviluppano e offrono servizi nell’intera Unione, promuovendo la trasparenza
nella raccolta dei dati, l’accessibilità delle informazioni e degli strumenti,
e la conservazione di dati e servizi per gli utenti. Ciò non è solo inteso a
migliorare il sostegno alle comunità scientifiche, ma può anche favorire
politiche basate su elementi concreti in settori quali sanità, energia,
ambiente e politiche di innovazione sociale e culturale.”, ma quando prende in esame le problematiche che
devono affrontare gli ERIC per operare in piena efficienza cita principalmente
questioni legate al trattamento fiscale dei consorzi o le modalità di
registrazione nei diversi paesi citando solo di sfuggita le risorse umane.
Il Forum ERIC ha invece dimostrato di aver presente la rilevanza
dei temi legati alle Risorse Umane che ha così sintetizzato, dopo una recente
ricerca sui temi più rilevanti per la
comunità degli ERIC , al punto “3 Occupazione,
distacco, assunzioni”: “Le sfide nell’area delle risorse umane all’interno
degli ERIC vanno da: attrazione e fidelizzazione dei talenti per profili specifici,
mobilità, assunzioni e processi di assunzione…”
Sarà compito dunque degli ERIC stessi, nei propri paesi, mantenere
attivo lo scambio di
informazioni per impostare politiche omogenee e per proporre alle autorità
competenti le modifiche alle regole nazionali che ostacolano la mobilità. Il Forum ERIC a livello europeo, oltre a tenere le fila delle
informazioni provenienti dai diversi paesi, dovrà sensibilizzare le Direzioni Generali
della Commissione Europea interessate (Ricerca; Lavoro) sui punti critici che
ostacolano la mobilità e stimolare l’introduzione di nuove regole che rendano
effettiva la mobilità del personale della ricerca.
In questo modo gli ERIC potranno affrontare in modo attivo, e innovativo i temi che sono stati esaminati, cominciando dal rafforzare, con adeguati specialisti, la funzione dedicata, dato che al momento, secondo la ricerca sopra citata: “…la maggior parte degli ERIC non ha nel proprio team un membro dello staff dedicato alle risorse umane.”
di Andrea Gino CRIVELLI
[1] per
dettagli vedi il sito www.eric-forum.eu
[2] vedi
l’articolo del prof. Carlo Rizzuto sul Sole-24ore del 12/4/2020 https://www.ilsole24ore.com/art/la-ricerca-e-efficace-se-lascia-liberi-fare-non-se-guidata-dall-alto-ADRDeGJ
[3] https://eur-lex.europa.eu/
[4] https://cdn4.euraxess.org/sites/default/files/brochures/eur_21620_en-it.pdf
5 reperibili sul
sito www.eric-forum.eu
[6] https://eur-lex.europa.eu/
[7] www.eric-forum.eu